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Presentazione di Bianca alle "Giubbe
Rosse" fiorentine
È un romanzo atipico - quello di Antonella
Bertoli - difficilmente incasellabile dentro un filone letterario tradizionale.
Sui generis, quest'opera prima dell'autrice rodigina, con un passato
e un futuro politico di grande momento, per la capacità che ha avuto
la sua penna di cucire fantasia e verità con il filo insinuante del verosimile.
Teatro dell'azione è una piccola città di provincia, con i livori,
i veleni e le invidie che inquinano le esigue comunità di tutti i luoghi
del mondo.
Attorno alla figura di Bianca, la protagonista, una girandola di personaggi,
tratteggiati spesso con penna ironica, atta a sottolinearne la malevolenza provinciale.
Quella dell'autrice - letterariamente parlando - è una visione volutamente
"manichea" della vita, che manzonianamente ci fa pensare come i buoni
meritino la vittoriosa riscossa e i cattivi debbano essere puniti con la sconfitta
o addirittura con il suicidio.
Se la Bertoli fosse un pittore o un fotografo bianconerista, certamente metterebbe
poca cura nell'esprimere i grigi, i passaggi psicologici sfumati, perché
l'irruenza del suo temperamento e la forza del suo sentire la portano, anche
nella scrittura, a privilegiare le note assolute del bianco, contrapposto a
un nero, più nero della notte.
Centralità del romanzo è l'amore: amore umanamente inteso in tutta
la sua gamma dei sentimenti che vanno dall'amicizia alla passione; amore alla
politica.
Questa è dunque una storia di sentimenti e di risentimenti, nata da un
desiderio di raccontare la tragedia di torti subiti, di soprusi e di ingiustizie
che hanno procurato a Bianca e all'Intellettuale, protagonista maschile di queste
pagine, uomo dotato di raro acume in tutti i campi e in quello politico in particolare,
una mente illuminata, che - proprio per le sue rare qualità - ha attirato
l'astio e la voglia di colpirlo da parte dei suoi correligionari di partito.
L'alternanza dei diari di Bianca - testimonianza di vicende realmente patite
- alla parte romanzesca dell'opera, crea un canto e un controcanto continuo
a cui fa da refrain, da martellante ritornello, l'esortazione a "non credere
perché è una favola" , subito smentita dall'esortazione a
credere, perché è la verità, quella di cui la scrittrice
vi parla.
Tangentopoli ha colpito Bianca e l'Intellettuale con avvisi di garanzia nati
da lettere anonime e dalla congiura di una Bionda dal letto facile e dalla perfidia
letale a cui si affiancano politici senza scrupoli, desiderosi di annientare
l' Intellettuale, proprio attraverso Bianca.
Alle malversazioni di costoro si affianca una campagna di stampa implacabile
che umilia e addolora profondamente i due protagonisti del romanzo e i loro
familiari.
La giovane donna di primo piano, oltre a ricoprire cariche politiche di grande
importanza, dirige un mensile d'opinione e cultura che disturba molta gente
nella ristretta cerchia di provincia.
Bianca è una donna di successo, avvenente, impositiva. L'Intellettuale
è un politico di spicco: a questa coppia vincente gli invidiosi locali
giurano la soppressione morale, la sconfitta a colpi bassi.
Anni di dolore attendono i due protagonisti. Bianca ha cedimenti, momenti di
disperazione; l'Intellettuale sembra affrontare impassibile i colpi del destino,
è un politico di razza, non si abbatte, non demorde.
Clamorosa la vittoria in giudizio, l'assoluzione piena.
Ai personaggi malefici - ai vari Maringo, Migliorista, alla Bionda & Company,
non resta che la sconfitta, per alcuni di loro, addirittura la morte.
Alle pagine di livore e di avvelenato pianto, si alternano squarci poetici di
un lirismo toccante ed è su queste pagine che - in lettura - mi sono
fermata con maggior piacere: quelle in cui Bianca rievoca la sua infanzia, in
un clima di "Amarcord" felliniano, impreziosito dagli effluvi della
campagna e dai sentimenti dolcissimi del suo passato di bambina sensibile e
non sempre compresa; quelle degli affetti familiari; le pagine del nonno e del
suo funerale; quelle di un amore grande non fisicamente attuato; quelle del
rimpianto; quelle dell'amore per il figlio.
Sì, in quest'opera c'è molta rabbia, molto livore per le ingiustizie
subite, ma è l'amore che trionfa: quello di Bianca risorta, dopo la riabilitazione
agli occhi del mondo, quello della protagonista per la giustizia e per la voglia
di continuare in una cammino operoso, illuminata ormai dagli insegnamenti del
disincanto che le hanno fatto capire quali siano i valori forti della vita,
quelli in cui vale la pena di darsi con cuore confidente.
Grazia Giordani