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Eutanasia - Opinioni contrastanti sulla "dolce
morte"
Le paure degli uomini del nostro tempo vanno facendosi
sempre più estese e profonde: terrore per le malattie fra cui si distinguono
i grandi spauracchi di cancro, aids, infarto; preoccupazioni per la "mucca
pazza" che va allontanando dalle nostre tavole l'adorata "fettina"
e mettendo in disperazione i macellai; pensieri neri per i capricci della Borsa
e per i capitomboli del danaro; terrore dell'indigenza per le fasce più
deboli e lasciate a se stesse; farsi avanti delle "nuove povertà",
non meno insidiose e temibili di quelle già accreditate; terribili incertezze
per il futuro da parte di giovani assillati dallo spauracchio della disoccupazione.
La paura più importante resta comunque quella della Morte, quella inesorabile
"Signora vestita di nulla" - come la definiva Guido Gozzano - che
ci attende inesorabile ed imprevedibile, decisa a portarci con sé.
Alla paura della morte in quanto tale, "naturale" (quando sarà
la nostra ora) si sovrappone - per alcuni di noi - il terrore, che parrebbe
contraddittorio - di non poter morire, qualora lo avessimo coscientemente deciso,
schiacciati da sofferenze insanabili o da malattie senza rimedio.
A sollevare lo spinoso problema dell'eutanasia è stato - in questi giorni
e ripetutamente - il principe dei giornalisti italiani: Indro Montanelli.
Il grande uomo di penna scrive nel suo fondo dello scorso giovedì 21
dicembre sul "Corriere della Sera" che: "
Quando un invalido,
per qualunque motivo lo sia, non ha più la forza di sopportare le sofferenze
fisiche e morali che l'invalidità gli procura, e senza speranza di sollievo
se non quello procurato dagli analgesici, ha il diritto di esigere dal medico
il mezzo per abbreviare questa via Crucis; e il medico ha il dovere di fornirglielo,
sia pure riservandosi la scelta di una procedura che lo rimetta al riparo dalle
conseguenze penali di una legge che andrebbe, come tante altre, aggiornata;
ma che nessun Parlamento né presente né futuro, mai sarebbe capace
di affrontare senza trasformarla in una rissa di partito a scopi puramente demagogici
ed elettorali. (
) Il mio modesto appello, che per fortuna non è
più soltanto mio, lungi da rivolgersi ad uno Stato afflitto da congenita
sordità ad ogni istanza di civiltà, aveva ed ha due altri destinatari:
il medico e, ove venga chiamato in causa, il magistrato. So benissimo - e mi
pare di averlo detto anche qui - che un Paese cattolico come l'Italia (dove
cattolici siamo tutti, lo siamo anche, perfino nel nostro anticlericalismo,
noi laici) una legge che, come in Olanda, autorizzi l'eutanasia, non sarà
mai accettata. Ma non c'è legge che non sia interpretabile secondo il
dettato della pubblica coscienza. E la pubblica coscienza, almeno a quanto accertano
i pubblici sondaggi, si sta orientando nel senso che noi riteniamo giusto".
Il problema è talmente grande e personale la sua soluzione, legata strettamente
a convinzioni individuali morali e religiose, che non ci sentiamo proprio di
esporci in giudizi o sentenze.
Ognuno di noi ha un modo differente di affrontare il dolore fisico e quello
morale: c'è gente che si fa estrarre i denti senza anestesia, altra che
non sopporta una iniezione sottocutanea; gente che riesce a superare la scomparsa
di un parente carissimo con animo esemplare, altra che si abbatte per una contrarietà
che a noi parrebbe facilmente superabile.
Ci appare chiaro che una decisione così difficile metta il Parlamento
in serio imbarazzo, per tutte le conseguenze che ne deriverebbero, con possibilità
di abusi da parte di parenti avidi di ereditare o semplicemente di sbarazzarsi
di vecchi incomodi da accudire, solo per citare alcuni dei casi che si potrebbero
prospettare.
Ci appare altrettanto comprensibile l'atteggiamento della Chiesa impossibilitata
a concedere un diritto morale (e soltanto morale dovrebbe essere la sua preoccupazione
sottolineiamo!!!) di soppressione, all'uomo (in contrasto con gli insegnamenti
della sua dottrina), ma resta il fatto che tutti temiamo di finire vittime di
malattie invalidanti al punto da martirizzarci con dolori insopportabili o di
toglierci anche un minimo di quella imprescindibile indipendenza che sfocia
nella dignità di andare in bagno da soli senza occhi che ci guardino
e mani che ci assistano.
Maniaci del dizionario, il "Devoto-Oli" - che da sempre ci appare
un gran "romanzo", sia pure carente di "trama" -, alla voce
"eutanasia" leggiamo: "Morte serena e indolore. Teoria medico-giuridica
secondo cui è lecito dare una morte tranquilla, per mezzo di narcotici,
agli infermi atrocemente sofferenti e inguaribili, inammissibile dal punto di
vista del diritto positivo e della morale cristiana (dal greco euthanasìa,
composto di eu- e del tema di thànatos morte".
E allora? Non siamo in grado di dare una ragionevole risposta.
GRAZIA GIORDANI