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Il male di vivere
Non solo la mucca - croce, piuttosto che delizia,
di allevatori e macellai - diventa pazza. Anche la gente, in questa nostra Italia
del nuovo millennio, non si fa mancare nulla in questo senso. Apprendiamo dalla
stampa nazionale che oltre 10 milioni di abitanti (con netta prevalenza femminile)
presentano disturbi mentali, tra cui si distinguono disturbi psicosessuali,
affettivi, ansia, disturbi del sonno, alimentari, solo per citarne alcuni della
lunga lista che leggiamo , impensieriti da tanto disagio umano e sociale.
Sarebbe a dire che una famiglia su due, poco o tanto ne resta coinvolta. Questi
sono i drammatici dati esposti dal ministro della Sanità Umberto Veronesi
che denuncia anche la mancata scomparsa dei manicomi criminali. Solo uno, quello
di Mantova, viene considerato adeguato. Gli altri, eredità del Medio
Evo, dove i matti vivono in condizioni disumane, spesso prigionieri dei letti
di contenzione, privati di ogni prospettiva di cura che possa ricondurli verso
la luce, non sono ospedali, ma lager, dovranno essere - a detta del ministro
- aboliti o riformati.
Tra le persone con disturbi mentali, naturalmente, non vanno considerate solo
quelle con patologie estreme, non solo i malati gravi - come psicotici o schizofrenici
-, ma anche vittime di disagi legati alla sfera affettiva, ansia, somatizzazione.
Tremila i suicidi nel '99 e altri 3.400 quelli tentati e falliti. Anche qui,
la maggioranza spetta a donne e poi anziani. Ogni anno lo Stato spende per questi
malati 1.000 miliardi.
Gli esperti definisco "stigma" il marchio che segna i malati di mente,
quello che li discrimina nel lavoro, negli affetti, in società e anche
rispetto ad altri pazienti. Trattati sempre come diversi. I manicomi non ci
sono più per legge, ma continuano ad esistere nei pregiudizi della gente
e della società. E non esistono strutture alternative, tali da sollevare
i familiari degli affetti da patologie così difficili e preoccupanti
in quanto ad assistenza.
Inoltre - sempre a detta degli esperti del settore - pare vi sia la tendenza
in alcuni centri a concentrarsi su pazienti psicotici gravi la cui diagnosi
è semplice, codificata; mentre si pone più scarsa attenzione ai
problemi di depressione, ansia, anoressia, i casi di abuso di stupefacenti.
Ne consegue che queste patologie non vengano diagnosticate correttamente: una
sopravvalutazione potrebbe far incorrere nel rischio di avviare verso la carriera
di vero ammalato mentale chi è soltanto ansioso o depresso.
Spesso il difetto del malessere sociale, della fatica di vivere, trova origine
nell'infanzia dei nostri connazionali, allevati - quelli delle ultime generazioni
- da genitori troppo permissivi, troppo disponibili, a volte per fretta, inerzia
o fatalismo.
E così il rapporto Eurispes - contrapposto a quello Censis, più
ottimista - afferma che la nostra nazione assomiglia sempre più alla
casa di Oblomov (apatico nobile della Russia zarista, protagonista dell'omonimo
romanzo di Ivan Goncarov): crescono l'incuria, l'abbandono, la rovina delle
ricchezze morali e materiali del Paese.
Secondo il pessimistico rapporto Eurispes sarebbero ben pochi i segnali positivi.
Tra questi, il fatto che il 44 per cento degli utenti Internet si collega alla
rete per studiare.
Sempre in tono catastrofico, il rapporto sottolinea l'indisciplina e la volgarità
dell'infanzia d'oggi che infesta scuole e luoghi pubblici. La colpa parrebbe
essere del matrimonio che si sfilaccia; delle relazioni tra genitori e figli
che si sono appiattite. Per fortuna esistono ancora nonni teneri, genitori premurosi
e bambini bene educati, ma non rappresentano la regola, purtroppo.
Non vanno taciuti - sempre in tema di malessere sociale - i maltrattamenti sul
lavoro (psicologici e fisici); va ricordato come una società pigra può
facilmente diventare una popolazione di obesi e quindi inutilmente "dietomaniaca".
Va sottolineata la paura della disoccupazione (un vero drammatico e giustificatissimo
assillo!) e della criminalità.
Per la protezione dai malviventi si vanno spendendo ogni anno 4.500 miliardi.
Secondo l'Eurispes quelli che maggiormente allarmano sono, in ordine: gli zingari,
i delinquenti comuni e gli spacciatori.
La città più pericolosa è Roma, quindi viene Milano, Bologna
e Napoli.
I ladri italiani sono i più attivi d'Europa: svaligiano una casa ogni
due minuti. I detenuti sono 56 mila (30 per cento stranieri); il doppio di dieci
anni fa.
Tirando le somme, verrebbe voglia di mettersi le mani nei capelli o di sperare
che le inchieste e le statistiche non siano sempre e del tutto oro colato.
Sì, è vero, non possiamo negare che le malattie mentali siano
preoccupanti e che anche gli angosciati e i depressi e gli anoressici e i bulimici
e i disoccupati e i malviventi e i bambini maleducati non siano quanto di meglio
la società possa offrirci, ma gli italiani non sono solo questo. E i
polesani, spesso - anche perché più lenti nell'americanizzarsi
- sono meglio di così.
Un pessimismo così assolutista ci fa venire in mente quel proverbio veneziano
che esorta a non scagliare "el mànego drìo la manèra"
(il manico dietro la mannaia).
Sì, bisogna lottare, darsi da fare, non demordere, non gettare la spugna,
non lasciarsi sopraffare dall'individualismo, non viversi addosso come se si
fosse su di un'isola: solo alla morte non c'è rimedio.
GRAZIA GIORDANI