Articoli e servizi culturali
Il malizioso fiore del pettegolezzo
Qualcuno dice che il malizioso fiore del pettegolezzo
sia una pianta onnipresente in tutti i giardini. Certo è che anche l'arte
delle "ciacole"cambia volto e spessore a seconda dei luoghi geografici
e del tempo in cui mette radici. Può andare dal chiacchiericcio calunnioso,
e quindi arrecante danno a chi ne è fatto oggetto, alla chiacchiera leggera
che lascia il tempo che trova, senza lasciare segno.
Gli esperti avanzano l'ipotesi che sia uno spiffero che penetra tra le fessure
delle nostre insicurezze, volando sul vento delle nostre passioni spicciole.
Il "rumor", di latina memoria, il "gossip" degli anglosassoni,
quello che per i francesi corre dal "potin" al "ragot" -
passando attraverso al "commerage" e al "cancan" -, pare
che sia una folata di parole, più o meno dannosa, da cui nessuno, nella
vita, riesce ad essere del tutto esente.
Gli psicologi, i sociologi i filosofi e i linguisti da anni si impegnano a trovare
la chiave di questo fenomeno universale. Sembra che, dopo quello dell'alimentazione
e del sonno, uno dei bisogni primari per l'uomo sia quello del parlare e che
fatalmente la conversazione porti allo spettegolare. Alle ciance da pianerottolo
si sono abbassati persino geni della scienza e del pensiero quali Einstein e
Heidegger, Umberto Eco e Primo Levi, secondo il quale "chi ha obbedito
alla natura - trasmettendo un pettegolezzo - prova il sollievo esplosivo che
accompagna il soddisfacimento di un bisogno primario".
Insomma è brutto a dirsi, quanto difficile da ammettere, ma la chiacchiera,
più o meno malevola è un'esigenza organica, personale e sociale,
come mangiare, bere e dormire; anche se sono piacevoli le chiacchiere sugli
altri e sgradite quelle mormorate su di noi..
"Diario e pettegolezzo" di Sergio Benvenuto - pubblicato da una casa
seria come Il Mulino - è un saggio ancora odoroso di stampa, che tratta
proprio l'argomento in questione. Per cui il pettegolezzo appare figlio diretto
della parola, esteso ad ogni latitudine ed altitudine sociale e culturale e
in ogni tipo di società, da quella agreste a quella salottiera. Anche
gli indigeni del Mato Grosso, così come i professori della Sorbona, o
i nobili più blasonati, nel contesto dei loro interessi e della loro
cultura, spettegolano a più non posso.
Comunque, se la diceria è vaga e non toglie l'onore a nessuno - essendo
un "pour parler"generico e non su temi strettamente personali -, il
pettegolezzo invece, riducendo il suo raggio d'azione e i suoi temi che si fanno
specifici e concentrati su ben precise persone, può far soffrire e creare
situazioni di vera crudeltà. Sembra che il "vicino" (di casa,
di banco, di scrivania) sia l'oggetto principale di pettegolezzi veniali o gravi,
poiché è molto più facile invidiare una nostra compagna,
per una fortuna che ci appare immeritata - e quindi degna di pepati commenti
-, piuttosto che la regina Elisabetta d'Inghilterra o una famosa attrice del
cinema, ben più favorite dalla sorte dell'amica criticata, ma talmente
distanti da noi, da appartenere ad una sfera impossibile.
Talvolta il pettegolezzo risponde al nostro bisogno di farci apparire informati
e competenti, insigniti a buon diritto del "Te l'avevo detto io" (che
la tale sposando quello avrebbe fatto una brutta fine; che il tale si sarebbe
rovinato al gioco; che quella donna conduceva una doppia vita: da dove le veniva
tutto quel danaro?).
Dunque il pettegolezzo - stando al saggio di Sergio Benvenuto -, soddisfa le
nostre convinzioni e paure, segue delle regole semplici e risarcisce le nostre
invidie e il nostro senso di inferiorità.
Spettegolando, a volte, cerchiamo di rimpicciolire il potente, di smontare il
perfezionista, di macchiare l'integerrimo, appiattendo in una più umana
mediocrità quelle differenze e sproporzioni nei rapporti con gli altri
che tanto ci pesano nella vita. La chiacchiera pettegola e la curiosità
intrigante sono espressioni che convivono con le altre forme della società
e, se un tempo sono state l'arma delle donne, escluse dal potere, oggi circolano
liberamente in ogni angolo della vita. Amplificati e moltiplicati dai nuovi
mezzi di comunicazione. Chiacchiere a distanza e in tempo reale; un veloce tam
tam cibernetico, magari proprio via e-mail
GRAZIA GIORDANI