Articoli e servizi culturali
Moglie mia sei uno stress
Sembra proprio che un marito su tre - stando a
un severo sondaggio - abbia un'opinione poco edificante della consorte, ritenendola
più ansiogena del lavoro. Insomma la moglie italiana sarebbe fonte di
un insidioso malessere psicologico che assottiglia e minaccia la capacità
di superare i micro e macro ostacoli che la vita offre ogni giorno.
Qualcuno è stressato dal traffico farraginoso delle vie cittadine; qualche
altro dal frignare notturno dei bimbi piccoli o dalle code interminabili in
uffici pubblici. Il rientro a casa dovrebbe mettere in fuga le tensioni quotidiane,
eppure c'è chi procrastina proprio questo rientro fra le mura domestiche,
perché sente che proprio in casa la tensione aumenta. Spesso la moglie
- soprattutto se non svolge un'attività fuori casa - è stata sola
tutto il giorno; sola, si fa per dire, poiché spesso si è trovata
in compagnia della lavatrice che perde acqua, della rosolia dei figli, dei conti
da far quadrare, del bucato da stirare, solo per parlare di problemi quasi irrisori.
Al rientro del consorte vorrebbe parlare, comunicare, rompere il muro del suo
isolamento (che sia anche per questo che è in aumento l'alcolismo delle
casalinghe?), ma il marito la teme perché non vuole problemi, avendone
già abbastanza dei suoi (il capoufficio che è una carogna, il
primario che rompe le scatole, la collega che gli crea momenti difficili, la
paga che non basta mai...).
La tensione qualche volta, purtroppo, non solo si alimenta in famiglia, ma proprio
nasce dalla propria moglie e diventa un'intolleranza pari a quelle di coloro
che non sopportano il latte o sono intolleranti a determinati alimenti. Dal
sondaggio risulta che gli uomini italiani indicano nella consorte la principale
fonte di ansia: più del lavoro, più dei figli, tanto che alla
domanda: "Qual è la causa maggiore di stress nella vostra giornata?"
, il 32 per cento ha risposto: "mia moglie", confessandosi "vittima
di uno stress soffocante e continuo da parte della convivente". Questa
denuncia preoccupante è emersa dall'indagine condotta da Ch. Schriner,
psicoterapeuta e autore di 30 modi per vincere lo stress (Red edizioni), su
un campione di 180 mariti italiani di età compresa tra i 30 e i 60 anni.
Uomini che si sono detti sottoposti - dalla moglie e o dalla compagna - a costanti
pressioni psicologiche, per i frequenti litigi, le costrizioni, le gelosie e
che, quindi, si dichiarano sfibrati dalla convivenza.
In ultima analisi, una marito su tre punta il dito accusatore contro la moglie.
Tutta sua la colpa dei turbamenti, dei nervosismi, del malessere dell'anima
che lo fa vivere male.
D'altra parte, se i mariti si lamentano delle mogli, non vi sarà un rovescio
della medaglia? La percentuale di uno scontento su tre vale anche per il viceversa.
Ovvero corrisponde - a detta dello psichiatra e sociologo Paolo Crepet - all'incidenza
del malessere psicologico della popolazione adulta. Nella vita di coppia l'errore
di base parrebbe essere quello per cui ognuno dei due coniugi vive un fenomeno
di simbiosi con l'altro, per cui tende a dare per scontato che il partner sia
simmetrico a se stesso. Questo accade perché, con l'evolversi del costume,
donne e uomini tendono a muoversi su piani paralleli. L'importante, per evitare
il paventato stress, è che i due - anche desiderando andare nella stessa
direzione - si sentano liberi di fare cose ampiamente diverse. Insomma non dovrebbe
esserci né la moglie matriarca, né il marito padrone perché
le cose potessero filare lisce e in buona armonia. Accettare la propria individualità,
nel rispetto della libertà altrui, non è meta facile ed aprioristica,
ma piuttosto un cammino da compiere in tandem, non alieno da fermezza di idee
e capacità di discutere in maniera costruttiva, pur litigando, qualche
volta, quando è indispensabile. Gli addetti ai lavori sostengono che
nel matrimonio non si litighi quanto basta; pare che l'uomo eviti lo scontro
e che sia proprio questo suo sottrarsi al confronto, questo suo trincerarsi
dietro il giornale sportivo o le parole incrociate, quando è in casa,
a indurre la compagna ad interpretare il suo silenzio come uno scarso investimento
di energia nella coppia. L'incomunicabilità - quella così ossessivamente
insistita da Moravia - è alle porte, anzi è già in casa,
pronta ad inquinare una unione che avrebbe potuto essere felice.
Chi litiga con intelligenza sembra avere ancora qualcosa da dire e chiarire.
Gli psicologi parlano addirittura del litigar cortese, senza mai perdere di
vista il senso del dubbio e il valore della differenza, senza parlarsi addosso,
ma piuttosto ascoltando il partner, senza preconcetti ed arroganza.
L'uomo, per sua natura restio all'introspezione - comincia a guardarsi dentro
ed è nell'interesse della donna aiutarlo in questo nuovo cammino, senza
derogare ai propri diritti acquisiti, ma anche senza trasformarsi in quella
compagna bisbetica e prevaricatrice.
La psicanalisi promette per il nuovo Millennio un passato che sia dentro e non
solo dietro di noi, tale da aiutarci a progettare un futuro fatto di donne e
uomini di tutto il mondo - e quindi anche del nostro Polesine - che sappiano
coniugare diversità e convivenza felice.
GRAZIA GIORDANI