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Per non dimenticare Eugenio Balzan
Ci voleva un elzevirista del "Corriere della Sera"
- sollecitato da un lettore di Badia Polesine che si lamentava dello stato di
abbandono della cappella che raccoglie le spoglie mortali di Eugenio Balzan
e della figlia Angela Lina, perché si ritornasse a parlare di un grande
del Polesine, che fu direttore amministrativo del "Corriere" e che
ebbe il grande merito di istituire e finanziare il "Premio Balzan",
importante come un Nobel italiano, se non per notorietà almeno per consistenza
dei premi assegnati.
Su sollecitazione del badiese che si rammarica per l'oblio in cui sembra essere
caduto il grande del passato, Gaetano Afeltra ha raccolto l'appello di tracciare
un profilo di Balzan, augurandosi anche che la Fondazione "senta il dovere
di occuparsi della cappella, riparando ad una negligenza deplorevole".
"Il nome di Eugenio Balzan - scrive testualmente l'elzevirista del 'Corriere'
- è ancora sconosciuto ai compilatori dell'Enciclopedia Treccani, una
grave omissione segnalata dal 'Corriere' fin dal 1979 in un articolo di Luigi
Barzini e nonostante ciò non è finora apparso nell'ultimo 'aggiornamento'
".
"Nato nel 1874 - scrive Gaetano Afeltra - a Badia Polesine da buona f\amiglia
borghese con formazione di studi regolari, Balzan era uno dei giovani veneti,
come Renato Simoni, Aldo Fraccaroli, Filippo sacchi, arrivati al 'Corriere'
su segnalazione di Fogazzaro che era grande amico di Giuseppe Giacosa, a sua
volta suocero di Luigi Albertini".
"Balzan aveva cominciato prima come cronista, per passare poi a inviato
speciale. Ma Albertini, colpito dal carattere e dall'ingegno del giovane redattore,
lo volle segretario di direzione e, avendo avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo
da vicino, lo nominò direttore amministrativo del giornale, affiancandolo
a sé, come spalla per fare insieme del 'Corriere' un quotidiano autorevole
e diffuso che si era rivelato, al tempo stesso una miniera d'oro".
Afeltra prosegue narrando la grande fortuna economica del nostro badiese - consigliere
nazionale anche di uno dei più grandi trust mondiali, la Nestlé,
e sottolinea come scapolo. Di vita frugale, economizzasse il suo ingente capitale.
Alla sua morte, nel 1953, lasciò unica erede la figlia naturale Angela
Lina, riconosciuta fin dalla nascita, che fattasi consigliare da esperti, decise
di destinare l'intera grossa somma a una Fondazione, con sede a Zurigo, per
l'amministrazione del patrimonio, intitolata a Eugenio Balzan, con lo scopo
doi assegnare, con scadenza annuale, un premio per la pace e la fraternità
dei popoli ; uno per le materie umanistiche ; il terzo per le scienze : ovvero
istituendo il Nobel italiano.
"Balzan - scrive ancora Afeltra - era un grande carattere e aveva un grande
cuore, una sensibilità delicata che poteva sembrare persino in contrasto
con quella sua atletica figura di lottatore e con quella sua rigorosa inflessibilità.
Aveva un ingegno vivissimo, una memoria formidabile e si giovava del dono di
semplificare le cose complicate. Era sacro per lui il senso della giustizia
e una profonda avversione per le vie traverse e ai compromessi : e questo lo
faceva apparire di un'intransigenza e di una severità che intimidivano.
IL rigore rientrava in una visione un po' calvinista della conduzione dell'azienda".
L'elzevirista conclude riportando gustosi episodi dell'intransigenza e nello
stesso tempo della generosità di Eugenio Balzan, procurando soddisfazione
- riteniamo - al badiese animato da lodevole senso civico - che ne aveva chiesto
un ritratto, lamentando pure lo stato d'abbandono della cappella in cui giace
sepolto - ma anche a quanti di noi sanno guardare con orgoglio alla grandezza
della nostra gente.
Grazia Giordani