Articoli e servizi culturali
TELEFONINOMANIA
USI ED ABUSI DEL CELLULARE ORMAI DIFFUSO ANCHE IN POLESINE
Una singolare indagine evidenzia le nuove "maleducazioni"
degli utenti del cellulare, al punto che - se Monsignor della Casa fosse redivivo
- dovrebbe aggiungere un lungo capitolo, al suo famoso Galateo, con cui si proponeva
di insegnare a "esser costumato, piacevole e di belle maniere".
Qualcuno si domanda cosa direbbe Meucci del traguardo raggiunto dalla telefonìa,
dalla sua scoperta ai giorni nostri; noi propendiamo per credere che sarebbe
soddisfatto dell'utente "senza fili", purché lo vedesse svincolato
dai rigidi confini temporali e spaziali, ma non da quelli della buona creanza.
In effetti chi usa il cellulare - secondo il 54 per cento degli italiani - dovrebbe
verificare che non dia fastidio a chi gli sta intorno; secondo il 36 per cento
si dovrebbe vietrane l'uso in tutti i luoghi in cui l'apparecchio può
recare seccature. Solo il 10 per cento è convinto che sia giusto servirsene
"ovunque e indipendentemente dal luogo in cui ci si trovi".
Fortunatamente otto persone su dieci condividono la decisione del presidente
della Camera, Irene Pivetti, di vietare l'uso del cellulare durante le sedute
parlamentari. Questi dati, sulle opinioni degli italiani, a proposito dei telefonini,
vengono elaborati dall'Ispo del professor Renato Mannheimer che analizza un
vasto campione di connazionali.
In un momento in cui la lira slitta, la situazione politica vacilla e si constatano
povertà e disoccupazione scandalose, può apparire fatua un'indagine
sui telefonini, ma è invece un intelligente sudio sul "superfluo
che sta diventando indispensabile", in linea con le inveterate abitudini
degli italiani che sono sempre vissuti al di sopra delle loro possibilità,
e non solo, purtroppo, a livello privato.
Riprendendo la voce della statistica fatta di numeri, sembrerebbe che, secondo
il 60 per cento degli italiani il famigerato telefonino dovrebbe essere abolito
nei luoghi di pubblico spettacolo (cinema e teatri), secondo il 21 per cento
nei bar e ristoranti, secondo il 19 per cento nei mezzi pubblici urbani, nelle
auto secondo il 16 e in treno, secondo il 10 per cento.
C'è un nove per cento dei più insofferenti che si dichiara irritato
allo squillo ovunque e un 22 per cento è rappresentato da gente dai nervi
di ferro (oppure sorda?) che dichiara di non provare mai e in nessun luogo senso
di fastidio o noia, al fatidico squillo.
Dall'inchiesta Mannheimer potrebbero scaturire risvolti socio-culturali più
profondi di quanto non si creda a prima vista; ad esempio: il 22 per cento dei
non "protestanti" appartiene ad un ceto di persone che hanno "minori
probabilità di usare o assistere a telefonate", facendo parte di
condizioni professionali modeste e a basso reddito; utilizza il cellulare l'8
per cento degli italiani "con alta formazione culturale e posizioni professionali
qualificate".
la maggior parte degli utenti "senza filo" é relativamente
giovane - sotto la quarantina - con istruzione superiore, lavoro autonomo e
di concetto, residente in Italia centrale.
I non utenti del servizio senza filo, sono prevalentemente ultracinquntenni
(operai e pensionati), oppure studenti residenti nell'Italia nord orientale.
Il dato più interessante e - per certi versi - persino divertente, è
quello della piccola lotta non sempre sotterranea, tra gli uomini senza
e gli uomini con (naturalmente telefonino!). Qualcuno si domanda, se
per regolare usi ed abusi, si dovrà giungere agli estremi di un'apposita
legge che ne regolamenti l'uso. Le aziende produttrici sono state le prime ad
annusare la brutta aria che tira: la Telecom si è affrettata a pubblicare
"Il parlar cortese", improntato al rispetto della discrezione, la
Ericsson ha pubblicizzato i suoi prodotti, ricordando che: "la nostra regola
d'oro in tutti i meeting è spegnere i telefonini".
Anche il Polesine, più blandamente perché non è una terra
ricca, né troppo incline alle novità, segue il trend nazionale;
anche qui il telefonino è usato prevalentemente da manager, politici,
professionisti, rappresentanti di commercio, ecc., e anche da noi non farebbe
male una saggia regolamentazione, anche se il buon senso, in Polesine, in America
o al Polo Nord, dovrebbe essere la prima legge naturale.
GRAZIA GIORDANI