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Uccidere la madre
Un velo di sospetto si è calato, subdolo
ed inquietante, sulla coscienza delle famiglie italiane, dopo il "caso
Erika ed Omar". La tragedia di Novi Ligure è entrata in tutta la
sua terribile violenza nelle nostre case, anche perché ogni giorno, da
quella maledetta sera del duplice delitto, si aggiungono ipotesi e dettagli
all'orrore .
Il matricidio e l'uccisione di familiari, non sono certo un fatto nuovo nella
storia dell'umanità. Basterebbe ripensare alla Bibbia con Caino, alla
Grecia antica, con Edipo o a Nerone che mandò a morte, per mano di un
sicario, la madre Agrippina; per giungere a tempi più moderni, in cui
gli omicidi di famiglia si sono ripetuti - con particolare attenzione al delitto
Maso -, ma ci sembra che il matricidio congiunto al fratricidio di Novi Ligure,
sia un duetto di sangue particolarmente terribile, dotato di un'efferatezza
specialmente crudele.
Ogni giorno le cronache ripropongono le stesse domande: perché Erika
ha ucciso sua madre Susy e il fratellino Gianluca? Perché ha coinvolto
il fidanzato? Perché tanto odio e tanta ferocia?
Ogni giorno gli "esperti" azzardano spiegazioni: il rapporto conflittuale
tra madre e figlia, la gelosia verso il secondogenito, l'amore contrastato con
Mauro, detto Omar. E il nostro disorientamento cresce. Perché non è
un thriller. Perché i presunti "mostri" sono degli adolescenti
non ancora maggiorenni. Perché non riusciamo a capacitarci dell'abisso
tra i probabili moventi e quei corpi straziati che abbiamo ancora davanti agli
occhi.
Continuiamo quindi ad interrogarci sul mestiere di genitori, angustiati per
il dilagare della "moda" che, forse per effetto imitazione, ci sembra
vada dilatandosi: ed ecco il sedicenne che soffoca la madre nel sonno, incolpandola
della separazione dal padre, lasciando un biglietto, in cui afferma, con questa
uccisione, di "essersi liberato di lei" e in cui, ipotizzando un suo
successivo suicidio, si raccomanda che ci si occupi dei suoi canarini. Che animo
"gentile", ironicamente vien fatto di pensare! Del resto anche Hitler
è risaputo che amava molto gli animali, certamente più degli esseri
umani, siamo propensi a credere
E che cosa dire del ragazzo che nel '99 aveva "graziosamente" ucciso
la madre a martellate, visto che le aveva mentito sulla prossima impossibile
laurea, dal momento che non aveva regolarmente sostenuto gli esami universitari?
Per i giudici, al momento non era in grado di intendere e di volere, con risultato
di assoluzione: scarcerato perché non pericoloso. Ora se ne può
andare in giro, libero come l'aria.
Finiranno, tra poco, col dare una medaglia la merito, a questi giovani assassini
figli del "buonismo" imperante. Buonismo, ovvero rovina dei valori,
del credere in una giusta pena, che rieduchi, recuperi il reo di colpe così
infamanti. Di questo passo dove andremo a finire?
Chi sa fare i conti, annuncia che si sono avuti quaranta figli assassini in
25 anni.
Gli psichiatri e gli psicologi ci invitano a non generalizzare, sostenendo che
ogni caso è un caso a sé. Eppure è difficile resistere
alla tentazione di trovare un filo comune, un'unica grande stagione che ha armato
le mani di Stefano e Paolo, di Erika e Alessandro e li ha spinti a infierire
contro chi ha dato loro la vita.
Per il giovane di Pompei, Alessandro, la separazione dal padre, della madre
da lui ritenuta responsabile, può essere stata solo la causa scatenante
dell'omicidio, il resto può essersi annidato nella labilità psicologica
del ragazzo; per Erika la situazione è opposta: genitori sempre presenti,
madre che addirittura ha lasciato il lavoro per essere presente in famiglia;
Pietro Maso, al processo ha addirittura affermato di aver amato i genitori;
Paolo Pasimeni, figlio del docente universitario, pur dicendo di voler bene
al padre, lo ha massacrato.
Sempre stando agli psicologi - quelli che sanno citare Oscar Wilde -: "Gli
uomini uccidono ciò che amano", il tratto comune tra tutti questi
delitti di giovani, nei confronti della famiglia, sembra essere formato dall'eccesso
di emozioni, dall'incapacità di tenerle sotto controllo, di reagire alle
frustrazioni. Inoltre, il benessere economico ha prodotto malessere psicologico,
debolezza. Non siamo più allenati alle difficoltà, alle tensioni
e viviamo in un mondo non certo privo di gelosia, invidia, violenza, atte a
scatenare un'aggressività malsana e - purtroppo - persino matricida.
Proprio mentre sto finendo di scrivere questo articolo di costume, la TV dà
la notizia dell'omicidio avvenuto a Torino: un figlio ha ucciso la madre a pugni
e a calci, straziandola miseramente.
Non trovo parole nuove per commentare questa atrocità.
GRAZIA GIORDANI