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Velone sì o velone no?
Questa estate ha avuto non pochi “tormentoni”
fra cui ha brillato il caldo africano, insopportabile, molesto, provocatore
di decessi nelle fasce di popolazione più esposte a rischio, e indissolubilmente
imparentato con la siccità che ha flagellato i raccolti di frutta e verdura
e prodotto morie anche fra glia animali; figuratevi che una contadina ci ha
raccontato di aver sventrato una gallina folgorata dalla calura che portava
in loco un uovo sodo, pronto da mangiare …
E poi i rischi della patente a punti, altro tormentone dei nostri connazionali;
e i continui articoli allarmanti sulla stampa, inerenti il futuro delle pensioni
e altri guai che hanno abitato i mesi estivi, molesti come indesiderati inquilini,
pronti da sfrattare. Tra i tormentoni tristi, però, si è fatto
spazio anche un fenomeno di costume dolce-amaro, ovvero a due facce, leggibile
in maniera opposta, a seconda dell’ottica del lettore. Ci riferiamo alle
velone, quell’imprevedibile schiera di plurisessantenni, pronte ad affrontare
la scena, spavalde e decise ad ignorare gli insulti estetici dell’età
e soprattutto l’ironia di Teo Mammuccari.
E qui la stampa si è divisa in due fazioni, un po’ come nei tempi
passati di Bruneri e Cannella e di quella attuale dei colpevolisti ed innocentisti
della “mamma di Cogne”: alcuni giornalisti hanno lodato la sicurezza,
l’ironia, la voglia di divertirsi di nonne baldanzose e vivaci, altri
hanno colto il lato patetico di agitate casalinghe che – scortate da nipoti
muniti di telecamere e macchine digitali, in prima fila tra il pubblico - eternavano
per la storia le gesta delle antenate così piene di “morbin”
, come si direbbe a Venezia.
Comunque, il fenomeno sociale andrebbe indagato in maniera più sottile
e meno superficiale, partendo dall’atteggiamento di molte – più
di quante si creda – mature signore che, stanche di fare le vedove, le
nonne soltanto, le nubili a vita si accontentavano fino a qualche anno fa, di
confidare timidamente il loro malessere alle rubriche di posta femminile, confrontandosi
con altri sventurati cuori solitari e ora, invece – nell’era della
riscossa – scrivono senza peli sulla penna: «cerco un gentiluomo».
E lo vorrebbero prestante, benestante, arzillo, desideroso di viaggiare e in
grado di risarcirle di quanto hanno perso o non hanno mai avuto.
Insomma, se qualche decennio fa le sessantenni erano solo nonnette dal candido
crine, oggi molte fra loro sono rampanti e vitali, pronte a intrecciare flirt
con maschi che potrebbero essere loro figli.
E si pubblicano libri quali Quel tipo di ragazza (Corbaccio) o La
vita segreta di mia zia (Salani) e si girano film con protagoniste non
diremmo di primo pelo (The mother) che ancora godono delle gioie amorose.
Quindi non dovremmo troppo stupirci se quel sornione di Mammuccari ora in luogo
delle veline cerca le velone, signore ultrassessantenni che cantano, ballano,
raccontano barzellette e, a volte, un po’ starnazzano pietosamente, esibendosi
nel ruolo di se stesse. Pare che ci siano stati figli e nipoti, in alcuni casi,
pronti ad impedire alle loro antenate di esporsi così platealmente, dimostrandosi
più conservatori e all’antica delle mamme. La vita va avanti, il
costume si evolve e tra qualche decennio saranno forse le settanta-ottantenni
a sprizzare giovinezza, tanto che le sessantenni si sentiranno bambine …
GRAZIA GIORDANI