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Déco, e il mondo cercò l'estetica
Se è possibile rileggere un testo, trovando nuovi risvolti coinvolgenti fra le sue pagine, anche una mostra d’Arte – se è veramente la summa di opere preziose, atte ad offrirci letture trasversali e visioni inedite – può essere rivisitata con rinnovata curiosità. Questo è sembrato essere il destino della fortunata esposizione rodigina, Déco 1919-1939, riesaminata dall’acuta e trasgressiva rilettura dello storico dell’arte – Vittorio Sgarbi – sabato scorso, rivolta al pubblico del Teatro Sociale di Rovigo.
Partendo da un’ un’ideale carrellata sulle misconosciute bellezze monumentali della piccola città, da Palazzo Roverella «una delle più belle opere di architettura padana del ferrarese Biagio Rossetti - ove la Fondazione della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con l’Accademia dei Concordi destinano l’ospitalità di mostre interessanti, pronte a valorizzare la città» – soffermandosi, inoltre, sulla palladiana, originalissima chiesa della “Rotonda” - Sgarbi ha accennato a un exsursus sulle esposizioni precedenti, quasi preparatorie di quella attuale, sottolineando come gli attuali curatori toscani Francesca Cagianelli e Dario Matteoni abbiano «saputo coniugare due stili universali e tanto convenienti anche per l’ambientazione rodigina, partendo dal Liberty della Belle Epoque, per giungere allo stile dell’Art Déco. «Se si proseguisse in ordine temporale – ha aggiunto – dal 1945 in avanti non avremmo le stesse sensazioni, povere di collegamento con la città di Rovigo». Quindi, lo storico ha anticipato al pubblico di amanti dell’arte una ghiotta novità, parlando del «progetto di una mostra sul Settecento veneziano, con particolare rilievo per il polesano Mattia Bortoloni (nato a Canda, in provincia di Rovigo) grande amico del Tiepolo che – uscendo dalla sua terra operò anche alla grande nella spettacolare cupola piemontese vicina a Mondovì.» L’intenzione è quella di privilegiare la scultura del Settecento veneziano, senza dimenticare artisti della statura del Canaletto, Guardi, Rosalba Carriera, solo per fare qualche nome.
Secondo lo storico il merito precipuo delle mostre al Roverella – che potrebbero continuare ancora con l’Ottocento veneto, consiste nel saper «coniugare il lato universale, nel contempo collegato al particolare di Rovigo»
Entrando, finalmente, nello specifico della mostra attuale, mentre sullo schermo scorrevano gigantografie dell’esposizione, lo storico ha commentato l’icona della mostra, rappresentata da Wally Toscanini, sottolineando con una sua nota personale, di «aver conosciuto novantenne, quella modella d’eccezione, pur ancora briosa e vitale». Esaminando nello specifico il glossario di Alessia Vedova – direttore della mostra – Sgarbi si è soffermato, a proposito dell’automobile, sul pensiero dei futuristi che l’avevano ritenuta «per la sua “animalità” più bella della Nike di Samotracia». Proseguendo sulle molte intuizioni lessicali di D’Annunzio che ha mutato il genere dell’automobile, rendendola “femminile”, sottolineando l’«elemento democratico di questo mezzo, indispensabile come la moglie, di cui talvolta potremmo anche fare a meno», Sgarbi – continuando a sbirciare dentro il lodato glossario di Alessia Vedova, ha messo in rilievo come il catalogo sottolinei, voce per voce, «l’estetizzazione del mondo da quello della pasticceria, del cinema, della fotografia, della moda, insomma il mondo della quotidianità, vera essenza del Déco. Perché questa corrente artistica realizza quello che il Futurismo aveva solo vagheggiato».
Dopo un exursus accurato dentro l’industria aeronautica, quella dei transatlantici e quella della moda, con particolare riguardo per la mitica Coco Chanel, pure icone dell’epoca, lo storico si è posto la domanda: «Déco espressione di una cultura legata al potere?» E si è risposto che «si è trattato di espressioni di alto valore artistico, quindi legate alla parte del fascismo ancora buono, alato, non prevaricatore, espresso da nomi come Volpi di Misurata e Italo Balbo. Da 1950 in poi – ha esclamato - ci dovremmo vergognare degli obbrobri architettonici che abbiamo dovuto subire.»
L’incontro si è concluso con un dettagliato esame delle opere esposte in mostra – vero trionfo dell’ eterno femminino -, commentate con la consueta colta chiarezza che conosciamo allo storico in questione, utili per un approfondimento di chi ha potuto già goderle dal vivo, indispensabili per i ritardatari che ancora non si sono accostati agli originali.
Le due ore di conferenza si sono chiuse con un applauso tanto lungo e fragoroso, da far dire, scherzosamente, a Sgarbi: «La prossima volta mi candido per essere eletto sindaco di Rovigo.»
Grazia Giordani
Pubblicato lunedì 16 marzo 2009 in Arena, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi
Grazia Giordani
Data pubblicazione su Web: 16 Marzo 2009