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La metafisica al femminile di Daniela Ghirardi
Le propensioni artistiche non si apprendono in nessuna scuola, possono essere solo affinate, coltivate, ma devono esistere nel nostro patrimonio naturale. Esempio lampante di questo mio convincimento, è rappresentato da Daniela Ghirardi che – fin dagli anni infantili – ha dimostrato istintiva dimestichezza col disegno. Bastava un foglio e una matita, ad ispirarle immagini figurative, dotate di una primigenia originalità. Ma ancora l’artista in erba non dimostrava dimestichezza con la capacità cromatica. La tecnica del colore le appariva astrusa. Nulla nella nostra vita avviene per caso e l’incontro fortuito con Cosimo Lato, un tempo docente di pittura metafisica all’Accademia di Belle Arti milanese, diede una svolta vigorosa al destino della nostra pittrice che, forse non sapeva esser stato il filosofo Andronico da Rodi (I secolo a.C.) ad aver usato il termine metafisica per titolare delle opere aristoteliche, ma che immediatamente s’innamorò di quella corrente pittorica – la metafisica, appunto - atta a rappresentare ciò che è oltre l’apparenza (metà tà physikà) fisica della realtà, al di là dell’esperienza dei sensi. E il suo interesse intenso e goloso s’indirizzò in particolare verso le opere di Giorgio de Chirico. Pian piano, lo assimilò, filtrandolo attraverso la sua sensibilità di giovane donna, in parte mantenendone i canoni di rappresentazioni di immagini che conferiscono un senso di mistero, di allucinazione e di sogno; vedasi, in proposito: Armonie di un vecchio casolare, L’ultima rondine, La Beltà. D’altra parte, si allontanò dal geometrismo rigoroso dechirichiano, introducendo linee più morbide, sinuose, dettate dalla sua interiorità femminile. E già nel 2000 abbiamo una Venere al fiume e poi una Eternità e quindi un susseguirsi di Muse e Bagnanti che ci trasportano in un eden incantato dove è possibile sognare, cullati da una musicalità cromatica che mantiene le campiture solide e uniformi, tipiche della scuola metafisica. E sussegue l’Infinito a sottolineare la vis meditativa dell’artista che sa estraniarsi dalle lusinghe esteriori per concentrarsi dentro la magia di un pensiero raccolto e produttivo. Man mano le tele si affollano sempre più di oggetti simbolici e di personaggi, dando continuo e grande spazio alla raffigurazione femminile (vedasi Itaca e La vanità, solo per citare due fra i tanti esempi).
In questi ultimi tempi, la Ghirardi ha sperimentato la via nuova della tecnica mista, regalando ai suoi dipinti effetti corposi e impreziositi da esiti materici.
Splendida La Chioma di Berenice la mitica costellazione che affascinò Callimaco e Catullo, a cui Daniela Ghirardi ha saputo regalare una sontuosa composizione falcata, gremita di stelle, entro cui sembra pulsare un consistente cuore in foglia d’oro, ultima appendice di quella misteriosa chioma, ricca di leggende, in linea col mistero dell’arte: il più alato degli enigmi.
Grazia Giordani
Grazia Giordani
Data pubblicazione su Web: 07 Maggio 2009