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Signorini, l'Italia guarda l'Europa

Accolgono sempre più maggiori consensi le mostre di pittura nate da un forte tema centrale, attorno cui prende vita un variopinto arazzo fitto di coincidenze, curiosi rimandi e somiglianze. A parlarne in anteprima alla stampa – sottolineandone i contenuti - sono stati i promotori dell’esposizione a carattere internazionale «Telemaco Signorini e la pittura in Europa» che verrà aperta al pubblico a Padova nello storico «Palazzo Zabarella» dal 19 settembre 2009 al 31 gennaio 2010. Le Fondazioni Bano e Antonveneta, presiedute da Federico Bano e Bruno Bianchi, in stretta sinergia per questa impresa culturale, a cui il Presidente della Repubblica ha voluto conferire il suo alto patronato, hanno affidato il nuovo impegno espositivo a un importante comitato scientifico composto dai maggiori studiosi della pittura italiana del XIX secolo. Vedremo esposti i massimi capolavori di Telemaco Signorini (1835-1901). Saranno oltre 100 le opere esposte, un album di prestatori internazionale, fra cui brillano il parigino Museo d’Orsay e l’Hermitage di San Pietroburgo.
Nel corso della sua colta presentazione, il curatore della mostra, Francesco Mazzocca, ha sottolineato come «nel 2003 da Sotheby's a Londra – nel corso di una grande asta – “L’Alzaia” di Signorini, ora icona della mostra, sia stata venduta al prezzo di quattro milioni di euro. Un dipinto rivoluzionario per formato a “predella”, per la potenza visiva data dalla tecnica ottenuta attraverso una pittura di luce e colori netti e contrapposti. Qui l’artista nel suo dipinto del 1864, ha concentrato la sua attenzione sull’umana fatica, dove tre giovani maschi sono raffigurati nello sforzo bestiale di trascinare controcorrente un naviglio che nel quadro non compare, ma di cui s’intuisce l’esistenza, oltre alla resistenza».
Le opere esposte del macchiaiolo Signorini avranno quindi continui rimandi con le “consorelle” dell’impressionismo francese.
“La sala delle agitate al San Bonifazio di Firenze” che tratta il dolente tema della follia, troverà un appropriato richiamo nell’ “Absinthe” di Degas (che il Museo d’Orsay, presterà alla mostra).
E altri ancora saranno gli artisti francesi con cui potremo fare raffronti dal vivo, fra cui Tissot, Decamps, Troyon, Corot, Courbet. Con particolare attenzione a Toulouse-Lautrec che molto si è sentito vicino allo spirito della “Toilette del mattino” che c’introduce nell’alba livida di un bordello fiorentino che tanto avrà scandalizzato i benpensanti di quel tempo, ma che non fece desistere il controcorrente Toscanini dall’acquisto del dipinto, nonostante la disapprovazione della moglie. E ispirò Luchino Visconti in una scena del suo film “Senso”.
Trasgressivo, impegnato nel sociale, il nostro macchiaiolo d’eccellenza, sarà un pluripremiato pittore di grande successo nei suoi anni ruggenti, ma anche raffinato dandy, frequentatore assiduo dei salotti à la page, non bello fisicamente, ma dotato di uno charme che travalica la bellezza, estimatore dell’eterno femminino, intellettualmente snob, tanto da dichiarare con impenitente ironia la sua preferenza per «l’imperfetto dell’ingegno», rispetto al «perfetto della mediocrità».
Non gli mancarono certo le soddisfazioni ufficiali (non ultima quella di giurato alla Biennale di Venezia del 1896), ma la sua lingua tagliente come un bisturi e il suo spirito ironico gli procurarono anche feroci inimicizie, tanto che un celebre giornalista del suo tempo scrisse di lui che non vi era «nulla di sacro per quella bocca infernale dai bei denti d’ebano». Come a dire: il diavolo in persona. E tutti sappiamo come possa essere un’arma pericolosa il sarcasmo, soprattutto nell’ambiente degli artisti dove l’invidia è una triste gramigna. Eppure, Signorini guardava avanti, impavido come se le lotte e le incomprensioni non lo toccassero da vicino, sempre alla ricerca dell’inedito, dei lati meno oleografici della vita e dei paesaggi da riprodurre in pittura, amante di una Venezia meno patinata e meno scontata, di vialetti di una Firenze della memoria, di “Bambini colti nel sonno” graziati da un tenero intimismo, per giungere alla fine dei suoi anni a una maniera di dipingere che si andava staccando dalla “macchia”, guadagnando toni soffusi che ricordano la maniera giapponese, quasi avesse raggiunto un sentimento di annullamento nella natura.
Di tutto questo potranno godere i fruitori della mostra che si aprirà a settembre, impreziosito dal ricco contorno dei confratelli francesi che ci verranno prestati dai musei stranieri.
Grazia Giordani

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 08 Maggio 2009

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