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Il fantastico viaggio di Giancarlo Guerrato nel mondo delle emozioni


Negli anni Cinquanta Badia Polesine non offriva possibilità soddisfacenti di lavoro ai giovani. Poco più che ventenne, Giancarlo Guerrato condivideva lo stesso destino della gioventù del suo tempo. Eppure, a ben guardare, non dovrebbe esser dovuta sfuggire, all’osservatore attento, una certa propensione artistica in questo ragazzo che già amava scrivere racconti, suonava la fisarmonica e – soprattutto – disegnava con passione. «Al mio paese – scrive nella prefazione del suo catalogo Periodi – comperavo i colori in un colorificio, ma non acquistavo i tubetti all’olio pronti perché costavano troppo, prendevo invece i colori in polvere che poi impastavo con olio di lino e vernici».
Quindi, pochi denari in tasca, ma tanta fantasia in testa, e voglia di fare.
Gli anni Sessanta hanno procurato un salto di qualità a questo pittore, allora in fieri, portandolo a lavorare in Lombardia. Brescia è diventata la sua seconda città e la sua grande fortuna nel campo del lavoro. Un successo meritato il suo, in quanto sorretto da intraprendente intelligenza e senso del bello, qualità queste indispensabili persino per disegnare una maniglia, un rubinetto, un gioiello o una seggiola, perché il pianeta della pubblicità richiede senso architettonico dello spazio e del colore, richiede buon gusto estetico al fine di raggiungere traguardi notevoli.
E la pittura?
Certo, Giancarlo doveva pensare, in quegli anni d’ascesa, a dare la precedenza al lavoro produttivo, pur coadiuvato «da una splendida moglie insegnante» - come precisa nelle sue note autobiografiche più sopra accennate.
Nonostante le preoccupazioni pressanti legate al mondo del lavoro, il Nostro non ha mai del tutto deposte le sue pulsioni artistiche, quali voci interiori che gli dettavano la voglia di dare forma a una sua realtà dell’immaginario.
Non era più tempo di pennelli e tubetti di colore, poiché il suo mestiere di grafico-pubblicitario e la sua cura architettonica d’interni, aveva tradotto la tavolozza in tastiera del computer da cui sapeva dare forma ai voli della sua creatività.
E così ricordiamo esperienze grafiche appese ai muri di una casa di comuni amici che non sono più fra noi. Le ricordiamo perché ci erano apparse misteriose trine di raffinata eleganza, stilemi di una fantasia aliena da banalità.
Proprio da quella prima, occasionale visione di sue opere è nata la nostra curiosità di vedere altro ancora della produzione di Guerrato, avventurandoci quindi nel fantastico viaggio del suo mondo delle emozioni.
E le stazioni del suo cammino prendono vita sotto i nostri occhi, sfogliando il suo Periodi – dove già aveva assunto il nom de plume di Guerca. Qui brilla, in apertura, la sua Spirale 1, pronta a dimostraci nella sua policroma contorsione, il mistero volubile del nostro destino, quasi una Moira di greca matrice.
E ancora composizioni inclinate ed orizzontali che ci proiettano nella visione espressionista di Guerca pronto a privilegiare, esasperandolo, il dato emotivo della realtà che non percepisce oggettivamente, ma interiorizza, proiettandola all’esterno, sull’onda volubile delle sue emozioni.
La Composizione Quadrati ha una sua policroma grazia geometrica che sarebbe piaciuta a Mondrian.
Se non proprio ricorrendo ai pennelli e alla tavolozza, in senso tradizionale, il Nostro sente il bisogno di allontanarsi dalla tastiera del pc, riavvicinandosi all’uso di acrilici, seguendo un suo impulso materico nel dar forma ai suoi manufatti, quelli dell’età matura, dell’epoca in cui non si è più pressati dalle esigenze del lavoro e si può quindi regalare a se stessi il lusso di seguire, liberamente, le proprie esigenze artistiche.
Ecco, dunque, il momento dei Girasoli, in cui l’artista ama citare Vincent Van Gogh, pronto a colpirci per la densa vis cromatica così ardente e lontana dalla vieta realtà. Guerrato riproduce l’emozione che un fiore, quasi espulso dalla sua fantasia, incide dentro il suo animo, divenendo un rutilante caleidoscopio di squillanti colori.
Delizioso il periodo delle Città.
Città-rifugio, oseremmo dire, dove potersi sgravare dagli affanni quotidiani, costruite su misura per un mondo senza ingiustizie e sperequazioni sociali, città utopiche, dotate di un potere salvifico, eleganti, così gremite di antenne e camini, in un’ascesa consolatrice.
Città che si colorano anche di una allure metafisica, alla De Chirico (Cfr.Città n.84) perché l’autore spazia, senza confini, dentro l’estremo campo della pittura astratta, curioso, pronto ad assorbire e a rielaborare con occhio attento e cuore vigile.
Un soprassalto di citazione figurativa ci consegna Verso la Primavera, una romantica natura morta, velata di nostalgica tenerezza.
La fantasia instancabile di Guerca lo ha portato addirittura a creare una Mediascriptura, ovvero – come osserva, acutamente, il critico Mauro Corradini « un vocabolario allegato ad ogni opera, una sorta di supporto di idee e pensieri per la lettura; serve a decodificare l’emozione che attraversa lo spazio dell’immagine, dà il titolo all’opera, suggerisce un’idea, un sentimento, favorisce un’interpretazione. Segni, figure e lettere entrano visivamente nel gioco dell’immagine; si possono leggere unitariamente alle scansioni formali che l’artista suggerisce, o si possono leggere come indicazioni aggiuntive, legenda visive. Sempre l’artista è alla ricerca di alfabeti perduti, alla ricerca di parole, magie, suggestioni ritrovate in fondo all’animo e intraducibili nelle lingue correnti».
In sintesi, che Guerrato ci porti nei suoi campi di girasoli dell’immaginario o ci faccia entrare nel suo diario mediascripto (dove sa parlarci di Amore o Allegri turbamenti, attraverso tutta una serie di tappe nella sua filosofia personale) o che ci ospiti nelle sue città dell’Utopia, o che ci faccia ammirare quei suoi Cristi stilizzati di nuova produzione, lascia in noi una contagiosa traccia delle sue emozioni, insieme alla compiaciuta constatazione del suo meritato successo.
Grazia Giordani

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 20 Dicembre 2010

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