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La poesia dei vuoti a rendere
LA POESIA DEI VUOTI A RENDERE
Le bottiglie che Giorgio Morandi dipingeva nelle nature morte diventano vetri di Murano. Forse il maestro ne sorriderebbe
Le bottiglie della Linea Morandi prodotte dalla Nason Moretti di Murano, su ispirazione delle celebri nature morte del pittore bolognese
Le bottiglie della Linea Morandi prodotte dalla Nason Moretti di Murano, su ispirazione delle celebri nature morte del pittore bolognese
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Sappiamo bene che nulla avviene per caso. C'è infatti sempre una proustiana madeleine per tutti noi. Mi è bastato posare l'occhio sul catalogo Nason Moretti — storica vetreria di Murano che ora produce la collezione Le bottiglie Morandi, ispirata alle celeberrime nature morte del maestro bolognese — perché la voce di mia madre tornasse nel ricordo. A raccontare quanto mio padre — lo scultore Giorgio Giordani — amasse e ammirasse sconfinatamente il suo maestro, Giorgio Morandi. Scherzosamente, e nel contempo con devozione, lo definiva «il poeta dei vuoti a rendere», tanto era incantato da quelle sue metafisiche nature morte, dipinte dalla luce, in cui l'apparente semplicità dei contenuti (vasi, bottiglie, ciotole, fiori, paesaggi, rari ritratti) si fa protagonista, in sordina, con i suoi «azzurri commoventi», sempre stando alle parole di papà.
La vetreria ha colto nel segno «puntando sui colori», spiegano a Murano, «partendo dalla convinzione che essi siano fondamentali energie per il benessere individuale».
Per non sbagliare, nelle realizzazioni di questa industria che è un vanto veneziano e italiano, basta ispirarsi all'arte «per l'utilizzo di gamme e combinazioni cromatiche che non hanno eguali»: ieri i vetrai muranesi hanno riprodotto i vasi dipinti da Paolo Veronese, oggi si ispirano all'opera del grande Bolognese del Novecento.
Cosa direbbe il maestro, ci vien fatto di pensare, se in luogo degli oggetti qualsiasi, affastellati nella sua casa in via Fondazza, dove non ha mai avuto un vero studio, vedesse questi vetri?
Conoscendo la sua mitezza, abbiamo l'impressione che sorriderebbe. La venalità non gli apparteneva in nessun modo. Non avrebbe nemmeno voluto separarsi dalle sue opere che i mercanti d'arte gli strappavano a poco prezzo. Era un puro, Morandi, che oggi sarebbe esterrefatto nel vedere quanto valgono le sue tele. Le coincidenze nella casualità si susseguono nella vita Morandi-Giordani: intanto omonimi, poi il maestro, nato nel 1890, ha vissuto i suoi anni adolescenziali proprio in via Lame, dove Giordani, mio padre, suo devoto allievo all'Accademia di belle arti bolognese, nato nel 1905, aveva un grande atelier, in buona parte, in seguito, distrutto dalla guerra. E, ancora, entrambi sono sepolti alla Certosa di Bologna, nella parte antica del cimitero, quella che ospita anche la tomba di Giosuè Carducci. Sulla tomba di Morandi, morto settantaquattrenne, un ritratto realizzato dal suo amico Giacomo Manzù; su quella di Giordani, morto trentacinquenne, un medaglione opera dell'amico Cleto Tomba, raffinatissimo scultore.
COMMUOVE pensare come uno dei più grandi pittori italiani, la cui fama è legata non solo alle nature morte, con particolare rilievo per le famose bottiglie, ma anche alle acqueforti di rara qualità, non veda il museo permanente che l'allora sindaco di Bologna, Renzo Imbeni, ha reso possibile gli venga dedicato. Chissà se sarebbe contento, lui così schivo, che rifuggiva gli onori e non amava esporre le sue preziosità?
Mio padre è morto troppo giovane perché la sua città lo ricordi. Ma noi, ripensiamoli vivi questi artisti di varia grandezza ed età.
Rivediamoli seduti al Caffè San Pietro, anch'esso distrutto poi dalla guerra. ‹‹Quando compariva Giorgio Giordani», scrive il critico Ruggeri, «sempre in compagnia della moglie, era per tutti una festa. La sua eccezionale vitalità sprigionava una carica di humour che si traduceva all'istante in raffiche di battute, da restare incantati. Più riservato, Giorgio Morandi era ascoltato con estrema deferenza; più timido Minguzzi, allora agli esordi; mordace Virgilio Guidi, simpatici i fratelli Bacchelli; numerosi si univano al gruppo campioni dello sport ed uomini di teatro».
Con un salto nel surreale, dove tutto è possibile, mi piace immaginare che questi uomini d'eccezione avrebbero brindato volentieri dalle bottiglie morandiane. Prosit alla loro imperitura memoria.
Grazia Giordani
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Arena e Bresciaoggi 16 aprile, 2015
Grazia Giordani
Data pubblicazione su Web: 17 Aprile 2015