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Di che DNA sei? O meglio il DNA marchio del nuovo razzismo

Ci si chiede se alcuni test medici obbligatori siano leciti o se non significhino piuttosto invasione abusiva nella privacy dei cittadini.
A chiederselo è soprattutto l'America, poiché è proprio là che è scoppiato il caso clamoroso di due marins che si sono rifiutati di sottoporsi ad un prelievo di un frammento di pelle per l'esame del DNA, visto che il Pentagono sta conducendo questo controllo sui due milioni di uomini e donne in uniforme che lo riguardano.
Non bastano dunque più radiografie, impronte digitali, si vuole addirittura "l'impronta biologica", per un'eventuale identificazione di un caduto.
Ai due marins, a molti americani - e non solo a loro - questa pretesa è apparsa come la più mostruosa e sinistra invasione di privatezza che mai l'umanità abbia conosciuto nella sua storia. Di quelle molecole che contengono - racchiuse nel segreto delle cellule e dei cromosomi - la nostra identità biologica e la possibile mappa dei mali che ci potranno colpire e della morte che ci attende, in poche parole non tutti siamo felici di promulgare la notizia, aprendoci, sia pure alla curiosità scientifica, come esseri senza pudore.
Certo non è facile decidere fin dove l'etica non debba e non possa invadere la scienza e viceversa : questo è un compito arduo e quasi irrisolvibile. Dovrebbe essere la comunità nel suo insieme - attraverso la più alta magistratura e il parlamento - a stabilire fino a dove e con quali mezzi e con quali effetti possa spingersi questa ricerca della nostra "identità biologica", quel progetto che vide il premio Nobel Dulbecco, per anni alla guida dell'esplorazione. Da allora, ogni giorno università, laboratori, centri di ricerca, segnalano nuove, straordinarie scoperte legate all'esame del nostro atlante genetico. Frugando nei cromosomi e all'interno del DNA, si scoprono le minacce di future patologie e le promesse di nuove terapie.
Il nostro destino è scritto a chiare lettere nelle cellule. Le malattie ereditarie sono segnate al momento della concezione ; la prospettiva di mali futuri dal diabete al cancro può essere letta nelle nostre cellule come in un libro aperto. Il rischio è quello di una discriminazione, contro uomini e donne predestinati, quasi fossero degli appestati.
Quale azienda rischierebbe l'investimento di danaro e di tempo su un giovane brillante laureato il cui DNA confessi una precoce predestinazione al cancro ? Quale donne sposerebbe un uomo, sia pure affascinante, predestinato - secondo il DNA - ad irreparabili patologie ? E quale compagnia assicurativa stipulerebbe polizze ai predestinati ?
La domanda chiave resta dunque quella : A chi appartengono le informazioni genetiche ?
Chi ha il controllo di questi segreti biologici che perforano il cuore della nostra vita ?
La ricerca genetica va avanti, inesorabilmente avanti, apportatrice certamente di grandi vantaggi alla salute dell'umanità, ma chi di noi vorrebbe sapere con certezza la data della fine dei suoi giorni ? Chi di noi vorrebbe trovarsi un compagno secondo i dettami del DNA ?
E chi non ha un DNA in regola come farà a cavarsela nella vita ?
Forse ai polesani questi problemi sembrano fatti altrui, roba da americani, ma la scienza cammina in fretta e valica gli oceani e corre, pronta a rompere le scatole anche a chi vorrebbe starsene in pace in una terra pingue e frumentaria, come direbbe il compianto poeta lendinarese Angelo Rasi, del tutto ignaro dei brutti scherzi che può giocarci il DNA.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 12 Settembre 2006

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