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Siamo troppo permissivi con i nostri figli?

Che il mestiere di genitore sia tra i più difficili da esercitare nei confronti dei propri figli, non è certo una novità. I tempi cambiano (e già abbiamo ampiamente trattato questo argomento in precedenti articoli di costume), muta quindi anche il rapporto figlio-genitore e il modo si porgersi reciproco.
Ci sembra giusto sottolineare il fatto che, da settembre, verrà sperimentato l'anticipo dell'età minima per l'iscrizione alle scuole pubbliche materne o elementari. L'intento di utilizzare le capacità che già si manifestano nella prima infanzia è lodevole e di apprezzabile scelta, purché gli strumenti economici e didattici siano all'altezza della situazione, ovvero commisurati ai fini. Seguirà la nuova riforma generale dell'istruzione sulla quale discutono da tempo insegnanti e pedagogisti, burocrati e psicologi. Nell'aggrovigliata controversia fa difetto un esame critico di consuetudini o costumi (soprattutto questi!) che ostacolano l'efficienza dell'istruzione.
Dopo i mesi della lunga pausa (vacanza) estiva, al sopraggiungere dell'autunno, si ripete il rito delle contestazioni con occupazioni di aule o edifici, ormai sopportate, da genitori ed insegnanti, come inevitabili espressioni di inquietudini generazionali.
Seguono altre vacanze ancora (festività natalizie, settimane bianche, gite scolastiche, eccetera); in tal modi si tende a programmare il tempo libero, piuttosto che quello dedicato a studio e serio impegno.
Quindi, quando studiano gli studenti? In che modo sono allenati ad una proficua applicazione nell'età formativa delle scuole medie?
Come conciliare la tendenza a volerli precocemente istruire nella prima infanzia con informatica e lingue straniere, con il poco tempo realmente lasciato libero allo studio, visto che lo svago sembra essere preponderante?
Il male - a detta degli esperti - sembra metter radici nella permissività eccessiva delle famiglie. E, a questo proposito, l'indagine Ipsa sottolinea come i figli degli italiani abbaino fama (ahinoi!) di essere più maleducati degli altri, francesi, americani, greci, inglesi e spagnoli. Poi., con il crescere, sembra che vengano assolti e blanditi persino se pretendono di essere insieme contestatori moralisti e onnivori consumisti.
Tra prove d'esame indulgenti e famiglie permissive, l'incultura è fenomeno di massa dalle scuole medie fino all'università.
Prevale una gioventù che non legge, che non sa scrivere correttamente, che non ha seri interessi nella vita, presa dalle apparenze e dai falsi miraggi.
Certo, non è bene fare di ogni erba un fascio.
Non tutti i giovani sono così.
Stiamo parlando di statistiche, non di verità globalizzanti ed assolute.
Qualcuno dice che, in assenza di insegnanti adeguati e di genitori determinati ad educare coscienziosamente, capaci anche di porre divieti, si potrebbe ricorrere alla TV… A noi questo sembra un proposito quanto mai peregrino, vista la fatuità di alcuni programmi che tutto ci appaiono essere, fuorché educativi per l'infanzia e la giovinezza dei figli.
Rieducare i genitori perché migliorino a loro volta l'educazione dei figli vi sembra possibile?
Potrebbe esservi qualcosa di maggiormente utopistico?
In che modo ovviare al fatto che in Italia - secondo il censimento del '91 - i cittadini analfabeti sono risultati 1 milione e 200 mila, quelli privi di licenza elementare 6 milioni e quelli che hanno raggiunto la sola licenza elementare 17 milioni?
Allora che fare?
In che modo porre rimedio ad una situazione così poco allegra?
Si sarebbe tentati di fare come lo struzzo, ponendo la testa sotto la sabbia delle nostre illusioni, sperando che l'Ipsa si sia sbagliata, che il nuovo censimento porti risultati meno catastrofici, che le nuove generazioni crescano più mature e determinate ad andare incontro alla vita con meno grilli e scelte inutili per la testa, ma questo diverrebbe un modo ancora una volta da permissivi, da lassisti, da pericolosi sognatori…
Diamoci tutti, allora, una regolata!

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 12 Settembre 2006

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