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Silvano Girardello e la poetica della "quotidianità"

E' un grande ritorno a casa, nel suo Polesine, quello di Silavano Girardello, la cui mostra rodigina ha appena chiuso i battenti.
L'arte "provocatoria" di Silvano Girardello - polesano di nascita e veronese d'adozione - lascerà un forte segno nell'immaginario del visitatore che ha potuto ammirare la rassegna - "Cose di campagna" - voluta in "Pescheria Nuova", dal Comune di Rovigo, con la collaborazione dell'Accademia dei Concordi, quale documentazione parziale di un percorso pittorico lungo quasi un mezzo secolo e limitato agli anni 1988-2000, atto comunque a farci entrare nella sobria poesia dell'artista.
"Provocatoria" - dicevamo , nell'incipit - essere l'arte di Girardello, dando a questa definizione una pregnanza del tutto particolare, poiché, fin dal primo sguardo alla mostra, ben collocata negli ampi spazi espositivi, salta agli occhi la vis ludica dell'artista che si diverte a proporci citazioni "manifeste" e chiaramente dichiarate, alternandole ad altre "sottintese" e velate dal sospetto di un "potrebbe essere e forse non è", che intriga il fruitore dentro un gioco di piccoli enigmi, tali da aggiungere nuove valenze e possibilità interpretative.
Per quanto riguarda le "citazioni manifeste" ci riferiamo in particolare, all'ispirazione che il pittore ha tratto dall' "Angelus di Millet" - il pittore, figlio di contadini dell'Ottocento francese, che seppe cogliere con mano spesso oleografica, l'austerità e il senso religioso della vita dei campi.
Giradello si ispira, ma rivisitando il tema della "Terra", scevro da calligrafismi e nel contempo teso verso un esistenzialismo quasi mistico, indice di una introflessione dell'artista che guarda "fuori", proiettando il "dentro". E così incontriamo la serie degli "Angelus", con particolare sottolineatura per l'"Angelus N. 4 (con Van Gogh), 1993", atto a porre in luce - come acutamente afferma, in apertura del catalogo, Gabris Ferrari, il cammino dell'artista contemporaneo nei confronti di quello del passato. L'archetipo del mondo contadino che in Millet appariva "eterno ed immutabile", nella rivisitazione del pittore nostro contemporaneo, ci porta "frammenti di continuità storica, concretezze magari individuate nell'apparente verità della materia o nell'arcano codice della poesia. Anche Van Gogh amava profondamente questo quadro di Millet che gli servì infatti come modello per una infinità di disegni, di dettagli e di pensieri, si può forse dire che larga parte del suo mondo poetico risenta dell'emozione per questo quadro".
Accostando il dipinto ispiratore al grande ispirato (Millet a Van Gogh), in una sintesi tutta sua, l'artista veronese opera un'ardita "intertestualità", fuori dai canoni classici, che piace proprio ed anche per la sua forza trasgressiva.
Riprendendo il titolo "Cose di campagna" ci appare deliziosa la serie dei "tacchini", imperiosi e gonfi di una sana vita rurale. Con le dovute differenze rappresentative, questi animali da cortile stanno a Girardello come il famoso gallo stilizzato sta a Minguzzi, o la colomba sta a Picasso.
La vita della campagna, brulicante di animali da cortile, ritmata dal passare inesorabile delle stagioni, ci è raccontata dal pennello, intinto nel cromatismo riscaldato dagli ocra e dai seppia del pittore, ma anche dalla sua parola scritta, a complemento del suo pensiero per immagini: "…da sfollato giravo per i campi e le povere case, tra gli animali e la grande pianura piatta, limitata dai gelsi e dai pioppeti, o sugli argini dei canali, sui greti dei fossi tra le rane (…) e tra le patate e a calpestare le immangiabili mele cadute per terra. O anche a cercare di dormire nei caldi pomeriggi estivi a guardare le ombre nere rovesciate sul soffitto, delle galline che razzolavano sull'aia…"
Nel catalogo in mostra, Mauro Corradini ci offre un sapiente viaggio dentro il percorso dell'artista, sottolineando come "Cose di campagna (sia) una mostra antologica che Silvano Girardello ha costruito ad hoc per il suo "ritorno" a Rovigo, una mostra che ripercorre, parzialmente, la lunga storia pittorica dell'artista, quasi mezzo secolo di storia, e apre un ampio spiraglio nell'universo della sua poetica. "Cose di campagna" rappresenta uno dei termini, culturali e poetici, della sua vicenda artistica; ma altri ve ne sono …".
Una mostra, dunque, quella del veronese , nostalgico delle sue origini, che lascia dentro una voglia grande di "ritorni", anche di tornare nuovamente a rivedere l'esposizione rodigina, per leggervi nuovi linguaggi, per godere ancora di un'ironia giocosa, e mai tagliente, che stimola la fantasia di chi sa ancora sognare.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 12 Settembre 2006

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