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Telefono-dipendenza
C'è chi lo usa per avere conferme, chi per colmare i vuoti affettivi, chi per riempire le carenze esistenziali : sentimenti e passioni che corrono sul filo sono cambiati in questo nostro ultimo cadere di secolo, sono mutati a Londra come a Sidney, a Rovigo come a Tokyo, a Parigi come a Dublino. Il fatto che risalta da tutto ciò è una nuova specie di telefono-dipendenza, perché appeso a quel filo c'è tutto un mondo interiore, fatto di confidenze, complicità, respiri di vita. Un mondo - questo - di relazioni possibili o virtuali che si intrecciano, resuscitano, si interrompono. Per i telefono-dipendenti, ogni squillo è fatale come un appuntamento con il destino. Corrono come saette verso l'apparecchio squillante, timorosi di perdere una chiamata che potrebbe essere proprio quella giusta per la loro vita e rispondono persino alle chiamate di apparecchi altrui, perché non si sa mai... .
Attivano l'avviso o il trasferimento di chiamata, tengono il cellulare perennemente acceso, si disperano quando vengono persi i messaggi, si fanno installare due apparecchi con numeri diversi, per non perdere nemmeno una chiamata. Quando rientrano in casa, prima ancora di mettersi comodi, corrono verso la segreteria telefonica, ammaliati dal lampeggiare della spia, occhio dominante della loro vita. Vita povera- questa - vita nevrotica di una società che va ogni giorno di più robotizzandosi, perdendo la pregnanza umana di rapporti e sentimenti interpersonali, non generati da macchine.
Di giorno, di notte, in ufficio o nella "privacy" della loro camera da letto, questi ossessionati del telefono passano ore a litigare, implorare, scherzare, perché per loro il telefono - visto l'isolamento in cui l'uomo tende ormai a vivere, soprattutto nelle grandi città - è diventato uno strumento di sopravvivenza, annullando le distanze geografiche.
Il telefono - per alcuni - diventa un feticcio che regala equilibrio ("Se mi cercano vuol dire che mi stimano" - sembra pensare fra sé il telefono-dipendente). La comunicazione che corre sul filo diventa una conferma della propria autostima.
Oggi c'è chi chiama amici e parenti salendo sulla seggiovia, chi conversa con l'amico facendo jogging, chi racconta tra i vapori della sauna l'ultimo pettegolezzo sentimentale o politico. Giorni fa abbiamo letto che un prete ha risposto ad una chiamata al cellulare, mentre stava celebrando la messa (che fosse stato ri-chiamato da una creatura celeste ?) ; in Parlamento sembra che i cellulari siano stati proibiti e che continuino a squillare egualmente.
Troppo spesso la febbre telefonica infrange il galateo e i telefonodipendenti diventano degli arroganti profanatori della pace altrui.
A conferma dell'uso sempre più emozionale del telefono, vi sono gli studi "Telecomunicazioni famiglie e territorio" della Telecom. Su 25.947 telefonate, monitorate dall'indagine, il 71% è diretto ad amici e parenti e solo il 9,2% a colleghi di lavoro. Nel 27% dei casi lo scopo della telefonata è chiacchierare, il 15% ha bisogno di risolvere dei problemi, il 22% deve solo fissare appuntamenti.
Il 40% degli italiani (contro il 20% degli americani) usa il telefono quale strumento di seduzione, mentre solo il 5% (contro il 12% americano) compone un numero perché non ha niente di meglio da fare. L'uso relazionale del telefono è prevalente soltanto in Italia, Francia e Giappone. Per i pragmatici americani e i super-efficienti tedeschi il suo uso è ancora essenzialmente strumentale.
Resta comunque il fatto che i forzati del telefono hanno un rapporto difficile, conflittuale con il loro spazio interiore, hanno paura di stare soli con se stessi, cercando disperatamente la loro razione di droga affettiva.
Grazia Giordani
Data pubblicazione su Web: 12 Settembre 2006