Recensioni e servizi culturali
Camilla e il rubacuori di Giuseppe Pederiali, Garzanti
Camilla poliziotta stavolta indaga per un rubacuori
Non è certo una novità rilevare che il pubblico si affezioni al detective seriale nel genere noir del romanzo, da Sir Arthur Conan Doyle, a Georges Simenon, fino ad Andrea Camilleri, solo per citare tre esempi classici fra i tanti. Va da sé che ognuno di questi scrittori di libri gialli abbia una sua marca semantica, quasi un timbro di fabbrica che in Giuseppe Pederiali - proponendoci il quarto romanzo – con Camilla e il rubacuori (Garzanti, pp.313, euro 17,60) – si colora di uno spessore più acceso e tranchant, quasi che la sua eroina, dopo la serie di Camilla nella nebbia, Camilla e i vizi apparenti, Camilla e il grande fratello, avesse deciso di indossare, sotto la divisa di poliziotta, un abito più provocante e una carnalità senza remore, espressa anche in linguaggio sfrontato.
Il plot narrativo questa volta è più labirintico che mai, con l’intersecarsi di personaggi, inquadrati in azioni incalzanti che non danno tregua al lettore che si appresta con la modenese Camilla e tutta la sua squadra, capeggiata dal questore bolognese Caterina Bergonzini a dar la caccia ad un inusuale serial killer, il Rubacuori, non certo dedito a furti metaforici. Questo efferato assassino ruba veramente l’organo che «custodisce i buoni sentimenti ed è sempre l’ultima parte del corpo a corrompersi».
Di cuori ne faremo, leggendo, una vera scorpacciata: cuori nelle canzonette da Little Tony a Rita Pavone, nelle citazioni insistite, perché Pederiali si diverte e ci fa divertire, nonostante l’insanguinato argomento, permettendosi addirittura delle finte diminutio capitis, quando fa dire alla sua Camilla «Sembra che gli scrittori di gialli riescano a scrivere soltanto storie di delitti seriali, forse perché è meno faticoso rispetto al giallo classico, alla Agatha Christie, tanto per intenderci, dove servono una trama ad orologeria e idee nuove. Con i serial killer le idee sono tutte ridotte a bassa macelleria». E la “trama ad orologeria” qui non manca certamente, visto che l’autore ci porta dentro un mosaico in cui guai a perdere la tessera musiva della prima “espiantata” dal killer Ileana Baschieri, per condurci alla seconda di Monica Ragno, anche se le due sventurate in comune sembrano avere solo una prorompente bellezza e usi sessuali piuttosto disinvolti, in linea con buona parte delle giovani del nostro tempo. A consolare Camilla delle difficoltà con la severa “questora” e della scarsità di indizi per catturare l’assassino, arriverà da Napoli la dolce Danila, sorella del suo collega Donato, in cerca di lavoro a Modena.
Ci saranno altri cadaveri: il pappone Marco l’Albanese, in realtà serbo-bosniaco, Gregorio Latini, legato allo smaltimento abusivo dei rifiuti tossici e ancora un’espiantata, un’apparente santarellina miliardaria, legata al traffico internazionale di organi, perché l’autore non dimentica mai il suo intento sociale che permea le drammatiche situazioni del mondo in cui viviamo, atte a fare da solido fil rouge nel legare la narrazione noir alla scottante realtà dei nostri giorni.
L’atmosfera emiliana vibra in tutte le pagine, fatta da descrizioni di luoghi delle principali città e di paesi della bassa dove l’aria è odorosa di stuzzicanti piatti locali da acquolina in bocca
Esilaranti, quanto inutili i discorsi scientifici dei tre criminologi chiamati da Roma in soccorso alla squadra investigativa. Molto meglio il fiuto e l’intelligente perspicacia della disubbidiente Camilla che - proprio quando parrebbe essersi cacciata in mortali guai -, risolve trionfalmente il caso, come da copione. Insieme all’intrepida poliziotta, viviamo un brutto quarto d’ora in una antica villa abbandonata lungo il Panaro, ma per conoscere l’epilogo nell’epilogo, poiché il finale è bifido, come la lingua di un serpente, bisogna proprio leggere il libro. Uno fra i tanti romanzi dell’autore che ha saputo felicemente spaziare fra i generi più diversi, guadagnando una miriade di riconoscimenti, notevole fra tutti, nel 2009, il Premio Alessandro Manzoni, per il romanzo storico, con La vergine napoletana.
Grazia Giordani
Pubblicato lunedì 17 maggio 2010 in Arena, Giornale di Vicenza e Bresciaoggi
Grazia Giordani
Data pubblicazione su Web: 17 Maggio 2010