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Il fuoco nel mare
di Leonardo Sciascia, Adelphi

Siascia postumo. Quell'inedito Vittorini lo snobbò
Nella silloge "Il fuoco nel mare"
anche cronache e saggi poco noti

Dicono che Chopin ci abbia lasciato musica così impeccabile, proprio perché – sentendo l’approssimarsi della morte – si è auto censurato, cestinando tutto ciò che non rispondeva ai suoi canoni di perfezione. Stessa sorte non è certo accaduta a molti scrittori italiani e stranieri, visto che, post mortem, spesso gli eredi si son messi a raschiare il barile per trovare inediti, raccolte postume di opere minori o disperse, forse e non solo per offrire ai lettori ancora uno spicchio della grandezza letteraria di chi ci ha lasciati.
E questo è ora il caso anche di Leonardo Sciascia (1921-1989), uno dei più colti e raffinati scrittori italiani del Novecento, benché formatosi in un asfittico ambiente piccolo-borghese, tagliato fuori dai grandi flussi dell’economia e della cultura. Credevamo dunque di conoscere ormai tutto o quasi dell’indimenticabile autore de Il giorno della civetta, solo per citare, a caso, uno dei suoi romanzi più conosciuti e tradotti in film, quando ci capita in mano Il fuoco nel mare (pp.210, euro 18), dato alle stampe da Adelphi che – chiuso da poco il ventennale della morte - ne sta curando la pubblicazione dell’opera omnia.
Questa silloge postuma comprende racconti, prose, piccole cronache, apparse in periodici scritti tra il 1947 e il 1975, testi conosciuti solo dai cultori della materia, quindi ignoti alla maggior parte dei lettori. Preziosa la nota ai testi di Paolo Squillacioti che ripercorre l’iter della scrittura sciasciana, sotto lo sguardo vigile di Maria Andronico Sciascia che amorevolmente ha schedato e raccolto quanto ha potuto ritrovare fra gli scritti del marito.
In queste pagine riassaporiamo in toto l’ironia, a volte spietata dell’autore, farsi caustico sarcasmo, soprattutto quando stigmatizza vizi e debolezze dei suoi conterranei. E prendono sapore brancatiano i racconti, uno fra i tanti, come Carnazzeria (macelleria, per i siciliani) – scritto nel 1962 - dove Sciascia fa lo sfottò al gallismo di bassa lega. E sorridiamo amaro leggendo Il lascito (1964) che sarebbe piaciuto a Verga, dove l’arricchito Calcedonio Fiumara, rapace possidente, non ha paura della morte in quanto tale, «lo preoccupava fino all’angoscia, invece, il dover lasciare tutte le sue cose a persone che potessero godersele». Quindi, invece che alle sorelle o agli altrettanto detestati nipoti, prenderà risoluzione di lasciare i suoi beni a un manicomio dove nessuno potrà trarne beneficio o sollievo.
Un testo assolutamente inedito, nella raccolta, è Il signor T protegge il paese, scritto da un Sciascia, ancora acerbo ventiseienne, e proposto a Elio Vittorini per “Il Politecnico” con lettera autografa (siamo nel 1947). «Caro Vittorini, già per il Politecnico settimanale ti ho inviato qualcosa da pubblicare e, rispondendomi, mi avevi promesso di occupartene, se non di pubblicare, su uno dei prossimi numeri. Da allora il Politecnico ha avuto un’indecisione editoriale; ma sperando ora nella sua regolarità, ti invio un breve manoscritto, sicuro che, anche quando non troverà posto nella rivista, tu vorrai rispondermi e consigliarmi».
E non ci meravigliamo affatto del silenzio di Vittorini, memori della poca accoglienza che ebbe anche Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, tanto che dovette occuparsene il ferrarese Bassani perché quel capolavoro fosse pubblicato, purtroppo, dopo la morte dell’autore.
Tema forte e ricorrente della silloge è la fine del fascismo. Vedasi in particolare il racconto 10 luglio 1943 dove gustiamo il clima ovattato della Sicilia di quel tempo, con i voltagabbana (tutto mondo è paese), i profittatori che si liberano all’istante dell’ideologia di un momento prima, pronti a salire sul carro del vincitore. Chi era stato fascista e filo-tedesco fino a un attimo prima, tanto da gorgheggiare: «Duce, per te la vita!» ora può, indifferentemente tuonare: «Viva la repubblica stellata!».
Se non altro, questa raccolta postuma, avrà ridato il piacere agli estimatori di leggere pagine sciasciane meno note, atte a rinverdire il ricordo non solo di uno scrittore di talento, ma anche di un uomo coraggioso che – nel corso della sua vita – non si è mai tirato indietro nel denunciare barbarie ed ingiustizie.
Grazia Giordani

Pubblicato in Arena, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggivenerdì 30 luglio 2010

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 06 Ottobre 2010

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