Recensioni e servizi culturali
Il gioco delle parti di Matteo Collura, Longanesi
Collura-Pirandello Noia da Nobel Però arriva Marta
Se pensavamo di conoscere ormai tutto del più grande protagonista del teatro del Novecento - premio Nobel nel 1934 -, ancora non avevamo letto Il gioco delle parti. Vita straordinaria di Luigi Pirandello (Longanesi, pp.354, euro 18,60), l’appassionato e appassionante viaggio che Matteo Collura compie dentro la vita e le opere del suo geniale conterraneo. Sarebbe restrittivo parlare di una nuova biografia, poiché lo scrittore agrigentino, già noto ai cultori della letteratura siciliana, per i molti scritti su Sciascia e sulla sua terra, qui si confronta con l’Autore della sua stessa città nativa, drammatizzandone la vita anche attraverso brani delle sue opere, mettendo in scena le maschere della sua labirintica fantasia, quali i Sei Personaggi, l’ Enrico IV, l’uomo dal fiore in bocca, il fu Mattia Pascal, tanto per citare pochi fra i molti protagonisti della letteratura pirandelliana, finemente intercalati con brani della corrispondenza epistolare, a cui Collura ha saputo donare umanissimo risalto.
Cuore dell’opera ci appare essere, comunque, il sofferto e tortuoso rapporto tra il vecchio Maestro e la giovane attrice Marta Aba. Rapporto che si colorerà di gioioso tormento per un uomo afflitto dallo spettro della moglie impazzita e rinchiusa in manicomio e dal disagio di esser padre discutibile di figli mai riusciti a crearsi una propria indipendenza economica, quindi sentiti, sotto questo aspetto, come pesanti palle al piede cui dover per sempre provvedere.
Fatale, dunque, l’incontro con Marta, per cui al Maestro sembra di aver atteso da sempre quel momento, come se fosse predestinato ad avvicinarsi a quella che «non era un’avventuriera che veniva a turbare i sensi di un anziano seduttore. Era il destino che aveva preso l’aspetto di una castigata ragazza dai capelli rossi e dallo sguardo magnetico. Viveva per il teatro, quella creatura; si avvertiva, si vedeva, lei riusciva a comunicarlo con l’intero suo corpo, con ogni gesto e soprattutto con lo sguardo. Viveva per il teatro come il magro e nervoso capocomico che le stava davanti, il sorriso impacciato e sorpreso».
Piena di unilaterale passione la corrispondenza che intercorre tra Pirandello e la sua musa, tanto sbilanciata nell’amore assoluto, quasi delirante del Maestro ( «Ajutami. Ajutami, per carità. Marta mia, non mi lasciare, non mi abbandonare ... ho tutta la mia vita in Te, la mia arte sei Tu; senza il tuo respiro muore».) e le risposte frettolose e quasi distratte dell’attrice egocentrica, presa dalla sua corsa al successo e, a dire il vero, quasi asfissiata da un corteggiamento così insistito e intriso di ansie malate.
L’arrivo di Marta nella vita dello scrittore – precocemente invecchiato («la forzata castità ne ha fatto un uomo infelice, un moralista ossessivo, tutto dedito all’Arte, all’edificazione del proprio monumento …») – è come un sorso di nuova vita, un modo di dimenticare l’avvilente solitudine della sua casa vuota, oltre ad essere motivo di continua ispirazione per le sue trame teatrali, in parallelo con l’ispirazione che gli scaturisce dalla follia della moglie, poiché questo Grande la vita non la vive, ma la scrive.
Le pagine colluriane sanno creare un vibrante mosaico fatto di molteplici e comunicanti tessere in cui brillano genio, passione e nel contempo ingenuità dell’Artista per cui sappiamo finalmente la verità anche sul suo discusso fascismo tutt’altro che episodico ed ambiguo, fatto di incontri a Palazzo Venezia dove il Duce lo illude e lo lascia sperare riguardo la realizzazione di un Teatro Nazionale di prosa ( «Ho avuto l’impressione che la cosa sia fatta» - scriverà, in proposito a Marta). Ma il «poeta della politica», non manterrà la promessa, avendo ben altri rovelli per la testa.
Giunto alla fine dei suoi giorni, Pirandello vorrebbe scomparire nel nulla, annientarsi completamente. «Ma sa che nessuno può a tal punto essere padrone di se stesso da far sparire assieme al proprio corpo, alla carne e alle ossa, tutto quanto ha scritto, se ciò che ha scritto appartiene alla letteratura». E, per fortuna, pensiamo noi che – nelle pagine di Collura - abbiamo rivissuto un percorso di addolorato fascino umano e letterario.
Grazia Giordani
Pubblicato in Arena e Bresciaoggi lunedì 18 ottobre 2010
Grazia Giordani
Data pubblicazione su Web: 19 Ottobre 2010