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Filosofia del fantastico
di Cesare Catà, Il Cerchio

E' tutto fantastico ma c'è filosofia in fate, hobbit & C
Col suo nuovo volume Filosofia del fantastico (Il Cerchio, pp.356, euro 25), il trentenne Cesare Catà ci offre ancora una volta prova del suo saperci far agevolmente navigare dentro il mare della filosofia che – attraverso le sue parole – si fa sempre più acqua ammaliante e piena di sortilegi. Nonostante la giovane età, l’autore vanta pubblicazioni di pregio, tra cui citiamo due fra le tante: Pespicere Deum. Nicholas of Kues and the European art of Fifteenth Century (2009) e Narcisismo e Apocalissi in William Shakespeare. Studio su Riccardo II, in procinto di uscita.
Acutamente, osserva in prefazione, l’editore Adolfo Morganti, quanto sia appropriato il titolo, seppur “periglioso” incline a definire ‹‹oggetto e metodo di questo suo appassionato atto d’amore verso la sapienza della cultura popolare della terra che l’ha visto nascere, crescere ed interrogarsi.(…) Filosofia come – filologicamente – amore per la sapienza. L’importante, leggendo questa definizione, è buttar via i filosofi- professori di filosofia, su cui anche Schopenhauer appuntava il meglio della sua ironia (eppure non viveva all’alba del XXI secolo . . .) ››
Leggendo le belle pagine di questo studioso, traduttore e autore di testi teatrali, ci regaliamo un insolito viaggio dentro il significato profondo della fantasia come evasione e non fuga dalla realtà, in sintesi dell’entrata nell’essenza dell’universo fantastico, popolato da creature fatate figlie dell’immaginario umano. Godiamo, quindi, dell’illusione di una magica scalata montana, partendo dalle strabilianti leggende dei marchigiani Monti Sibillini – luogo magico, per eccellenza - spingendoci fino all’incanto dell’Isola d’Irlanda per giungere nella tolkiana Terra di mezzo, quella del Signore degli anelli.E le analogie tra le tre terre sono stupefacenti e motivate dalla colta e appassionata ricerca dell’autore.
Suggestivo excursus quello che ci offre Catà, capace di legare con un tanto sottile quanto solido fil rouge le storie di Fate tramandate nei Monti Sibillini alle leggende irlandesi, studiate da W.B. Yeats e ai personaggi di Tolkien, solleticando sempre più la nostra curiosità nei confronti di quel mondo “invisibile agli occhi”, vera essenza della psiche umana.
Superfluo sottolineare che cultura e chiarezza in questa scrittura si legano in stretto matrimonio, inducendoci a riflettere, sognando e rammaricandoci che la Grotta della Sibilla sia rovinosamente franata, suscitando in noi il rimpianto di doverla visitare solo attraverso il prezioso varco della fantasia.
Grazia Giordani
Pubblicato lunedì 18 giugno 2012

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 08 Settembre 2012

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