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Il fondo della bottiglia
di Georges Simenon, Adelphi

Il fondo della bottiglia è una voragine
IL LIBRO. Adelphi ripropone il romanzo
Simenon, il fondo
della bottiglia
è una voragine
Grazia Giordani
Un «noir» avvincente che nasce da una vicenda autobiografica
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martedì 06 marzo 2018 CULTURA, pagina 65

Con «Il fondo della bottiglia» di Georges Simenon ( Adelphi, pp.176, euro18, traduzione di Francesca Scala), l’autore belga ci offre un noir nerissimo, con un sottaciuto coté autobiografico.
Protagonista di questo «roman dur» è uno stimabile avvocato che compare sempre con le iniziali puntate P.M.. Uscito, partendo dal basso, a conquistarsi un posto nella ristretta comunità dei notabili di Nogales, al confine tra gli Stati Uniti e il Messico, vede vacillare tutte le sue certezze quando gli compare davanti, evaso dal carcere in cui scontava una condanna, per il tentato omicidio di un poliziotto, il fratello minore Donald – quello debole, irresponsabile, sfortunato, eppure dotato di un’inquietante potere di seduzione – che gli chiede di aiutarlo a passare la frontiera.
Nel piccolo mondo costituito dai ricchi proprietari dei ranch, l’arrivo dell’estraneo scatena una sorta di psicodramma, che culminerà in una vera e propria caccia all’uomo, mentre tra odio e amore, rancori e sensi di colpa, sbronze fenomenali, con liquori che scorrono a gogo, generando cruente scazzottate, si consuma la resa dei conti tra i due fratelli.
Donald, nella vita, non aveva mai combinato troppo di buono. E ora la bionda moglie Mildred con i tre figli, alloggiati in una squallida pensione, lo aspettavano oltre frontiera. Aveva sempre sfruttato la sorella Emily che aveva saputo costruirsi una dignitosa vita, generosa col fratello.
«In fondo P.M. non conosceva per niente il fratello. A parte qualche vago ricordo d’infanzia. Lo conosceva meno di un estraneo appena incontrato. A Emily Donald chiedeva regolarmente soldi, no? Nelle sue tasche dovevano essere finiti tutti i risparmi della sorella. Di sicuro la impietosiva con qualche frase ben congegnata, le parlava di Mildred, dei bambini. Probabilmente aveva provato a batter cassa anche dal padre, Quelli come lui, che parlano con compiacimento della propria sfortuna e della propria onestà, credono che tutto sia dovuto».
Naturalmente, il drammatico epilogo verrà scoperto solo dal lettore dello splendido romanzo, soprattutto da quello che conosce certi lati oscuri della vita dell’autore.
Bisogna dunque tornare nel 1945, quando al fratello Christian, condannato a morte in contumacia per aver coadiuvato le SS in una spedizione punitiva che aveva fatto 27 vittime, Georges aveva consigliato di arruolarsi nella Legione straniera: un modo per scomparire, certo e per riscattarsi, ma anche – cambiando cognome, per non compromettere lo scrittore ormai celebre con una parentela imbarazzante.
La madre rinfacciò sempre al figlio Georges la morte di Christian, allorché, ai primi di gennaio del ’48, lo stesso Georges le annunciò la morte nel Tonchino del figlio preferito. Nei mesi immediatamente successivi, quasi volesse espellere i propri fantasmi, Simenon scrisse due dei suoi romanzi più neri: «La neve era sporca» e «Il fondo della bottiglia».
Scritto a Tumacacori nell’agosto del 1948, «Il fondo della bottiglia» apparve a stampa l’anno seguente. Nel 1956 Henry Hathaway ne trasse il film omonimo (alla cui sceneggiatura partecipò lo stesso Simenon) con Joseph Cotten e Van Johnson nei ruoli principali.
Le opere di Georges Simenon (Liegi 1903-Losanna 1989) sono pubblicate da Adelphi sin dal 1985.
Grazia Giordani

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 06 Marzo 2018

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