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Il fiuto del dottor Jean e altri iracconti
di Georges Simenon, Adelphi

Non c'è Maigret ma il dottor Jean tinge tutto di giallo
IL LIBRO. I racconti di Simenon per Adelphi
Non c'è Maigret
ma il dottor Jean
tinge tutto di giallo

Grazia Giordani

Il personaggio del giovane medico nacque prima della seconda guerra
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martedì 15 maggio 2018 CULTURA pag.47
Chi ama Georges Simenon lo legge volentieri in tutte le sue espressioni, pur privilegiando l’autore del «roman dur» o del ciclo di Maigret, comunque «Il fiuto del dottor Jean e altri racconti» (Adelphi, pp. 163, euro 12 , traduzione di Marina di Leo) non è deludente. E anche se ad una prima lettura, può apparire quasi avvolto da un’aura di stanchezza, meno brillante, insomma, siamo pronti a ricrederci, accorgendoci, procedendo di pagina in pagina, che gli eroi letterari possono vantare differenti stature. E che il dottor Jean, con la tecnica della sordina, comincia a farsi nostro, mettendoci addosso la voglia di giungere al quarto racconto.
Il linguaggio è sempre simenoniano, ricercato senza affettazione. Simpatizziamo con il giovane dottore dei tempi lontani dai nostri, che viaggia, fregandosene, su un’auto sgangherata, prodigandosi a medicare ferite, a far nascere bambini, nel clima afoso del sud della Francia, dove bolle un’estate africana. E lui, imperturbabile, raggiunge una casa sperduta, dove è folgorato dalla vis dell’investigazione. E come avrebbe potuto essere altrimenti, uscendo dalla penna di Simenon ?
Per caso e per sua istintiva inclinazione, il dottorino diventa investigatore e i suoi teatrini con le forze dell’ordine ci mettono allegria. Anche noi lettori, talvolta, abbiamo bisogno che il noir sbiadisca in tinte meno fosche.
Tra il 1929 e il 1962 Georges Simenon ( Liegi, 1903-Losanna, 1989) ha scrittto ben 178 racconti.
Nella primavera del 1938, sebbene impegnato a seguire i lavori di ristrutturazione della sua nuova casa nella Charente-Maritime, l’autore continuò a produrre: non romanzi, ma «racconti di una cinquantina di pagine, uno al giorno». Tra gli altri ne scrive tredici dedicati a Jean Dollent, un gionane medico di campagna che i pazienti chiamano affettuosamente il dottor Jean, o anche il dottorino, il quale scopre di possedere insospettabili doti di investigatore. Un personaggio non meno accattivante dei segugi dell’Agenzia O: entusiasta, sensibile al fascino femminile e capace, al pari di Maigret, di mettersi nella pelle degli altri, dote non comune, certamente.
I quattro racconti proposti nel presente volumetto ( «Il fiuto del dottor Jean», «La signorina in azzurro pallido», «Una donna gettò un grido», «Il fantasma del signor Marbe») apparvero nella collana «Police-Roman» tra il 1939 e il 1940 e furono quindi raccolti in volume nel 1943.
Forse il racconto che ci ha maggiormente coinvolti è quello dedicato alla signorina in azzurro pallido, perché il fascino che esercita sul protagonista è contagioso.
«Fu mentre cercava gli spiccioli in tasca che scorse la ragazza in azzurro pallido, e si può dire che da quel momento non le staccò più gli occhi di dosso. Non era una ragazza, era “la” ragazza nella piena accezione del termine, con la sua freschezza, la sua grazia ancora incerta, la pelle chiara e vellutata, gli occhioni da gazzella. Il dottore pensò proprio a una gazzella!
«Impegnato com’era a rimirarla, si scordò di puntare. Il sette uscì per la terza volta e lui la vide raccogliere con un gesto distratto i gettoni che il rastrello del croupier le aveva spinto davanti . . .
Proprio quando la situazione comincia a tingersi d’inconsueto e di misterioso, affidiamo la pagina al lettore non meno curioso del dottorino, perché i gialli possono essere accennati, ma non raccontati fino all’epilogo spesso imprevedibile e stuzzicante.



Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 15 Maggio 2018

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