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Taxi mon amour
di Ennio Amodio, Francesco Brioschi

Vite che scorrono sui taxi in viaggio tra cinema e libri
Vite che scorrono sui taxi in viaggio tra cinema e libri
Grazia Giordani
Prefato da Giuliano Pisapia, un tempo sindaco di Milano, “Taxi mon amour”, scritto dalla colta penna dell’illustre giurista Ennio Amodio è una vera “candid camera” sulla vita a bordo del taxi con tutte le sue prove di convivenza tra due sconosciuti, il tassista e il cliente che dialogano e si confrontano fino a scambiarsi confidenze ovvero, al contrario, a coltivare micro conflitti sui modi della coabitazione. Pubblicato da Francesco Brioschi (pp.106, euro 16), questo insolito saggio di capitolo in capitolo, ci fa idealmente viaggiare con l’’Autore. A nostro avviso suscita particolare interesse il capitolo “Deformazioni e sguardi affettuosi nel racconto del cinema sul taxi driver” perché qui vediamo come il cinema abbia riservato al taxi e al suo conducente un posto di primo piano. Ne è un esempio lampante il film di Alberto Sordi “II tassinaro” (1983) che fa dello specchietto retrovisore il perno di una lettura del mondo romano-sottolinea l’Autore- in cui compare una galleria di personaggi illustri : da Giulio Andreotti a Federico Fellini e Silvana Pampanini tutti interpreti dello stesso ruolo vissuto nella vita sociale. Ne viene fuori un racconto a colori scintillanti che allontanano però lo spettatore dalla figura dell’uomo al volante. Amodio cita anche “Taxi driver” (1976), firmato da Martin Scorsese che costruisce la figura di un taxista newyorchese che si trasforma nel sacerdote implacabile di un rito di pulizia sociale fino al punto di compiere una vera carneficina che la stampa accoglie favorevolmente facendo di lui un eroe. La stessa vestizione del tassista con i panni dell’uomo violento e spietato l’incontriamo nel film spagnolo del 1996 “Taxi Qui”. Non c’è più il lupo solitario di Scorsese, ma incontriamo addirittura un branco di tassisti di fede franchista che diventano giustizieri della notte. L’Autore ci fa conoscere anche un film francese, improntato ad un’immagine virtuosa “Taxi 2” del 2000 che racconta le gesta eroiche di un conducente che aiuta la polizia a salvare un ambasciatore giapponese, vittima di un sequestro di persona. Un clima simile lo troviamo nel film italiano “Taxi girl” del 1972, protagonista una donna che guida il taxi dedita ad un forte impegno civile. Non dimentichiamo il film italiano del 1950, protagonista il tenore Beniamino Gigli. Ci rendiamo conto, pagina dopo pagina, sempre più interessati alla lettura, che il taxi è una lanterna metropolitana che illumina confessioni ora fugaci ora veritiere. Talvolta provoca scontri tra il cliente e il taxista. Questo saggio è anche un racconto sociologico che ci fa comprendere che il taxi è un prezioso luogo d’incontro e non deve essere cancellato da nuovi algidi servizi di trasporto pubblico che sacrificano la qualità del mestiere dell’autista di auto bianche, sull’altare algido del guadagno. Superfluo sottolineare la colta, splendida prosa di Ennio Amodio, un giurista di grande valore, emerito docente di procedura penale all’Università Statale di Milano.



Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 22 Aprile 2023

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