Recensioni e servizi culturali
Cargo di Georges Simenon, Adelphi
Avventura di mare per Simenon
Poco più che trentenne – nel 1936 – Georges Simenon pubblica
in Francia, per i prestigiosi tipi di Gallimard, Long cours, dimostrando di
essere perfettamente a suo agio anche nella scrittura di mare, mettendo a frutto
le sensazioni forti derivategli dal lungo viaggio che gli ha permesso di conoscere
suggestive terre lontane, toccando tutti i continenti. Il romanzo ha avuto una
lunga “navigazione” anche da noi in Italia, entrando per la prima
volta nei capolavori della “Medusa” (Mondadori) nel 1952, cui fecero
seguito altre due edizioni nel 1970 e 1979.
Ora è la volta di Adelphi che – in corso di attuazione del lodevole
progetto di pubblicare l’opera omnia di uno degli scrittori più
originali del Novecento mondiale, tanto amato dal grande pubblico anche per
la sua lunga serie dedicata al commissario Maigret – ci propone fresco
di stampa “Cargo” (Titolo originale Long cours, traduzione di Marco
Bevilacqua, pp.350, euro 18). L’azione si svolge più in terra che
per mare, anche se la nostalgia del cargo su cui hanno viaggiato i protagonisti,
abiterà spesso le fantasie di Joseph Mittel , come se su quell’imbarcazione
– il Croix de vie – il giovane avesse lasciato la consapevolezza
di sapersi destreggiare in un’attività virile, nonostante la sua
fragilità. Si era imbarcato a Dieppe in piena notte, fuggendo da Parigi,
per solidarietà nei confronti di Charlotte, la sua compagna che aveva
ucciso a sangue freddo un vecchio commerciante di cui era la mantenuta, irritata
dal rifiuto di concederle il denaro che avrebbe dovuto sostenere la fazione
anarchica per cui si batteva. Il cargo trasporta mitragliatrici destinate a
un gruppo rivoluzionario ecuadoriano. Il comandante è l’ambiguo
Mopps , che non avrà ritegno nel fare di Charlotte la sua amante sotto
gli occhi umiliati di Mittel. Fin dalle prime pagine Simenon ci propone le marche
semantiche di un’umanità di basso livello, gente comune la cui
mediocrità non è solo materiale e sociale, ma anche psichica e
sessuale: Charlotte è una piccola sgualdrina egoista che non ha esitato
ad uccidere un po’ per fanatismo e un po’ per vendetta personale;
Joseph è un debole, malaticcio, certamente più intelligente della
ragazza, frustrato negli affetti, con un padre “martire” anarchico
che si è suicidato in carcere quando lui aveva due anni, e una madre
superficiale, infantile (non a caso chiamata Bébé) che non gli
ha mai dato conforto o tenerezza; Mopps è un uomo senza scrupoli, un
furbo che sa trarre vantaggio da tutte le situazioni, persino dalle più
disperate. Infatti, saprà ricorrere a un ingegnoso escamotage, quando
la rivoluzione fallita parrebbe aver reso del tutto inutilizzabili le sue mitragliatrici
imbarcate sul cargo. Nonostante il tradimento di Charlotte e la violenza del
nostromo che lo picchia a sangue, qui Joseph ha qualche momento di serenità,
provando a se stesso di essere in grado di svolgere le mansioni di fuochista
e legando con alcuni dei marinai che lo hanno preso a benvolere. Per come lo
sa descrivere, si capisce che Simenon ha amato il mare, le sue voci, il suo
profumo, la vita che gli alita intorno, incorniciandovi dentro i profili dei
suoi personaggi con quella naturalezza che gli è propria in ogni sua
espressione.
Sì, Mopps è un uomo scaltro, un vincente, eppure anche lui prende
lucida consapevolezza del suo tallone d’Achille, accorgendosi di non poter
più fare a meno di Charlotte, ammaliato dal potere sessuale che quella
ragazzetta da poco sembra esercitare su di lui che di donne ne aveva avute tante
e certamente più avvenenti. Consapevole del pericolo, visto che a Panama
la ragazza corre forti rischi, in quanto colpita da un mandato di cattura internazionale
per l’omicidio commesso, cerca di liberarsene. A Tahiti, dopo una sofferta
parentesi colombiana, i tre si ricongiungeranno con l’aggiunta del piccolo
Charles dalla dubbia paternità. Figlio di Joseph o di Mopps? Lasciamo
l’epilogo dell’avvincente, avventuroso romanzo, popolato da freudiani
personaggi, completamente alla curiosità dei lettori.
Grazia Giordani