Recensioni e servizi culturali
Conferenze di Brema e Friburgo di Martin Heidegger, Adelphi
IL PENSIERO DI HEIDEGGER SULLA QUESTIONE DELLA
TECNICA E SUI PRINCIPI DELLA LOGICA
Continua la grande scelta editoriale di Adelphi, inerente la pubblicazione delle
opere di Martin Heidegger (1889-1976), iniziata nel 1987, diretta da Franco
Volpi.
Le "Conferenze di Brema e Friburgo", a cura di Petra Jaeger, con edizione
italiana curata da Volpi e traduzione di Giovanni Gurisatti, offrono agli appassionati
di filosofia, un grande viaggio dentro il pensiero heideggeriano, sulla questione
della tecnica, quale chiave essenziale per la comprensione del mondo odierno
(1949-Brema) e sulle distanze che prende l'autore dai tradizionali principi
della logica (1957-Friburgo).
Con le sue riflessioni sulla tecnica, Heidegger pone il dito dentro le piaghe
e le angosce dell'epoca: siamo nel periodo di ricostruzione postbellica; il
grande filosofo tedesco è appena stato giudicato e condannato dalla Commission
d'Epuration, per il suo trascorso nazionalsocialista; il clima è teso
e si vive un disagio di fronte al futuro del mondo tecnicizzato. Negli anni
Cinquanta ebbe grande successo il romanzo di Aldous Huxley "Il mondo nuovo",
di estremo pessimismo nei confronti del destino umano che sbocca in un sistema
totalitario del tutto privo di politica, completamente dominato dalla tecnica.
Già nel 1932 Ernst Jünger aveva esposto nell'"Operaio"
la sua tesi secondo cui il mondo tecnico è destinato ad apparire come
una potenza estranea in quanto non sarà mai raggiunta la "perfezione
della tecnica" per mezzo della tecnicizzazione dell'interiorità
dell'uomo. Un'umanità nuova, sognata da Jünger potrebbe essere impersonata
dalla figura dell' "operaio", padrone della macchina in quanto "uomo
libero", nietzsceanamante inteso. Il clima in cui prende dunque a far sentire
la sua voce Heidegger è prevalentemente quello di demonizzazione e condanna
della tecnica, ritenuta devastatrice, nefasta, demoniaca, nemica dell'uomo..
"La tecnica - dice Heidegger - è il modo in cui il reale si disvela",
ovvero si libera, esce fuori, ("pro-vocazione") mostrandosi a noi.
L'aggressione tecnica trasforma la natura in una "risorsa" reale o
potenziale e per raggiungere fini positivi è necessario predisporre una
sicurezza pianificante della risorsa; le conseguenze della tecnica possono essere
controllate solo con i mezzi della tecnica stessa. L'"impianto" heideggeriano
- in cui tutto è interconnesso - è dunque formato da pro-vocazione,
risorsa, sicurezza della risorsa.
Heidegger - come acutamente sottolinea Volpi nella sua Avvertenza iniziale -
è "convinto che il sistema della tecnica non dipenda da una macchinazione
dell'uomo né da una sua voluta malvagità, Heidegger ritiene che
oggi "ciò che è veramente inquietante non è il fatto
che il mondo diventi un mondo completamente tecnico. Di gran lunga più
inquietante è che l'uomo non sia affatto preparato a questa trasformazione
del mondo"". "E soprattutto ritiene - prosegue il curatore dell'opera
- che il sistema della tecnica non sia sussumibile o governabile sotto una forma
politica piuttosto che un'altra: "Il movimento planetario della tecnica
moderna è una potenza la cui grandezza, storicamente determinante, non
può essere affatto sopravvalutata. È per me oggi un problema decisivo
come si possa assegnare un sistema politico - e quale - all'età della
tecnica"."
L'aspetto pericoloso, il rischio del pericolo, agli occhi del filosofo appare
consistere nel fatto che la vita diventi unidimensionale, priva di alternative
e che l'uomo dimentichi un altro modo di incontrare il mondo, vivendo in esso.
Nel destino epocale della tecnica il filosofo non vede solo i rischi, l'insidioso
pericolo, ma anche un nuovo modo di iniziare la Storia, intesa come una nuova
svolta E, a soccorrerlo in questa sua salvifica speranza, concorre il canto
di Hölderlin, il poeta da lui tanto amato ("dove c'è pericolo/anche
ciò che salva cresce").
"Che cosa significa pensare?" - chiede Heidegger, a proposito della
natura del pensiero e delle sue leggi, dando avvio al tema del suo secondo ciclo
di conferenze, dove, come ci avverte la sapiente indagine di Volpi -: "attraverso
una vertiginosa messa in questione dei principi logici fondamentali sui quali
si basa il pensiero corretto - il principio di identità, quello di non
contraddizione e quello del terzo escluso - Heidegger si affanna a mostrare
come questi non poggino affatto su un fondamento incontrovertibile, ma, all'opposto,
se dovutamente problematizzati, aprano un abisso sopra il quale il pensiero
è chiamato a librarsi con un coraggioso "salto fondamentale"."
Il destino del sistema della scienza e le sue radici più profonde , occultate
nella storia stessa dell'Essere, sono dunque i grandi temi delle celebri "Conferenze
di Brema e Friburgo", per l'interesse dei lettori italiani di testi filosofici
e per tutti coloro che amano pensare.
Grazia Giordani