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Cronaca di un disamore di Ivan Cotroneo, Bompiani

Quando il cuore si schianta per un amore finito
Che le pene d’amore siano difficili da superare, l’umanità l’ha capito da secoli e poeti e letterati l’hanno ripetuto a noi da Catullo – che aveva finito con l’amare odiandola la sua fedifraga Lesbia – a Shakespeare e Goethe, solo per citare tre fra i grandi del passato. A confermarci che lo stesso tema può essere trattato in mille angolazioni diverse, ci offre conferma la bella penna di Ivan Cotroneo che da tempo avevamo apprezzato quale attento traduttore di Cunningham per la Bompiani Napoletano, classe 1968, sguardo chiaro, modi gentili, questo giovane scrittore ci è dato conoscere virtualmente anche attraverso un video clip, in cui la sua cadenza partenopea ci parla del precedente romanzo – Il re del mondo –, della sua intensa attività di scrittura di testi per cinema, radio e Tv e soprattutto del suo amore per la parola. Leggendo le sue pagine, ci persuadiamo che dice la verità. Nella sua cifra stilistica diretta, senza infingimenti, la parola è effettivamente regina, levigata e poetica quando è il caso, cruda se così serve a descrivere i risvolti più intimi di una storia di sentimenti devastanti quale è Cronaca di un disamore (Bompiani, pp.142, euro 13). L’autore ci conduce dentro lo strazio di un abbandono amoroso, più ulcerante di una malattia. Cotroneo afferma di avere mutuato il titolo dalle Poesie del disamore di Cesare Pavese ed è curioso leggere, in chiusura del romanzo, quasi fossero titoli di coda, visto l’andamento cinematografico, esposto quasi per fotogrammi, una originale bibliografia, abitata indifferentemente da Shakespeare, Rilke, Tondelli e autori di musica e canzoni, perché – quando il nostro autore si accinge a scrivere d’amore – gli si affollano alla mente tutte le parole che ha letto, i versi delle canzoni che ha ascoltato, i film che ha visto.
Parlavamo – nell’incipit – di mille angolazioni diverse, perché quella narrata è una storia d’amore omosessuale. E Cotroneo sa liberarci da ogni forma di perplessità, rendendo umana e normale una vicenda che di per sé sarebbe fuori dai canoni consueti. Avviene, in noi lettori, lo stesso fenomeno che si era verificato vedendo il bellissimo film La moglie del soldato, perché la purezza artistica sa cancellare chiusure e preconcetti. Incontriamo subito il trentasettenne, delicato e sensibile Luca che si sforza invano di riprendere a vivere un’esistenza normale, dopo l’abbandono di Maurizio, di qualche anno più grande di lui, cinico, incapace di darsi veramente, di amare col cuore, non solo con il corpo. La vita del più fragile fra i due si sgretola giorno per giorno perché il traditore c’è e ci sarà sempre nei pensieri del tradito, persino negli abiti, negli indumenti intimi dimenticati, nei ferri chirurgici del dentista, nei mobili di un appartamento, nei paesaggi visti a quattr’occhi quando il sentimento sembrava corrisposto pienamente. E sottolineiamo sembrava, perché, quando ci si innamora, non si vogliono vedere certi segni premonitori, invaghiti come si rischia di essere della proiezione del nostro sentimento nell’altro, di quello che vorremmo fosse, incapaci di vedere se lo è veramente.
In alcuni tratti, dimentichiamo la realtà della situazione e ci pare di essere fra le righe di una storia eterosessuale, tanto è normale e poetica la scrittura: “I telefoni squillavano impazziti, e la gente urlava e bussava alla porta per entrare e qualcuno mandava degli elicotteri, ma loro continuavano a restare così, abbracciati, a non essere per nessuno dietro la porta chiusa, nell’abbagliante luce del loro amore”.
Luca non sa rassegnarsi alla fine della più bella storia della sua vita. Si alza già stanco dal letto, demotivato, infiacchito dalla sua malattia d’amore non più corrisposto, si accorge di essere rimasto l’unico custode di un sentimento per lui irrinunciabile e totalizzante. L’ossessione amorosa lo porta masochisticamente a tornare nei luoghi dov’era stato con Maurizio, indifferente e indelicato al punto da proporgli un’amicizia senza implicazioni fisiche, quasi a tacitare la sua coscienza, gettando Luca in una disperazione sempre più profonda.
I capitoli si rincorrono brevi, taglienti e pervasi di lirici accenti, conducendoci verso un epilogo circolare che ritorna su se stesso, persuasi di avere letto una grande storia di sentimenti, espressa nel dinamismo di dialoghi coinvolgenti al punto da averci trascinato dentro le sofferenze descritte.

Grazia Giordani

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