Recensioni e servizi culturali
Dal luogo del sequestro di Fulvio Tomizza, Mondadori
Sesso e trasgressione si uniscono in indissolubile
stretta, nell'ultimo romanzo di Fulvio Tomizza : Dal luogo del sequestro.
L'autore, gratificato dai più ambiti premi nazionali, quali il Viareggio,
con L'albero dei sogni nel '69, lo Strega con La miglior vita,
nel '77 e il Boccaccio con I rapporti colpevoli nel '94, e per quattro
volte finalista al Campiello, con il recente "trasloco" di casa editrice
- dalla Bompiani alla Mondadori - sembra avere felicemente cambiato "pelle".
Si lascia infatti alle spalle l'amato tema istriano di scrittore di frontiera,
per inurbarsi nella capitale, con un romanzo che intriga, solletica e coinvolge
in una malìa bruciante. Il clima è quello di tangentopoli "ante
litteram" : in una nota Tomizza specifica di aver iniziato a scrivere il
libro nella primavera-estate 1992, prima degli scandali politici ; i personaggi
sono portavoce dell'isolamento e dell'incomunicabilità della società
di oggi, resi con penna incisiva e con flash di sorniona ironia. L'autore ci
appare anche un po' protagonista nella figura dello sceneggiatore cinematografico
che ha lasciato la sua città all'estremo Nord-Est e si è portato
a Roma, entrando in un tunnel di intrighi più grandi di lui. Del resto,
non era Flaubert a dire : "Madame Bauvary c'est moi ?", ed è
fin troppo risaputo il transfert, a volte inconsapevole, dell'autore
con i suoi personaggi. Quest'ultimo, uscito dalla penna di Tomizza, spinto dalla
brama di successo, cade preda delle sorelle Salviati : autorevole faccendiera
al Ministero della Cultura, Amalia, la prima ; nevrotica e sensualissima vedova,
Rosarita, la seconda, contraddittoria nelle sue bollenti promesse, inizialmente
difese da "collant militareschi".
L'ingenuo sceneggiatore cadrà vittima di una macchinazione perversa e
crudele, tesagli dalla sorella più austera, per vendicare la morte di
Rosarita, dopo l'abbandono del seduttore-sedotto.
Nicoletta, moglie del protagonista, sembra avere una funzione catartica, ma
non salvifica al punto da preservare il marito da un diabolico sequestro. Sequestro
non per il riscatto, ma per vendetta, quindi "sui generis", come singolare
è l'impianto epistolare del romanzo, che non si riallaccia alla tradizione
classica di missive spedite e ricevute, ma ha una sua allure nuova, quasi
di due piccoli romanzi nel romanzo, chiusi dentro le righe di due lunghe lettere
in cui si stempera e vive tutta la storia.
I passaggi psicologici sono graduali, la voce psicoanalitica del rimorso martella
forte e pulsa come un cuore disperato, facendo da controcanto nella trama ossessiva,
intessuta di allucinate angosce, che ci fanno vedere i fatti attraverso fantasiosi
specchi deformanti che sanno regalare una nota in più di originalità
alla tecnica narrativa.
La carcerazione siciliana del protagonista non è solo chiusa dentro l'angustia
della prigionia, ma è soprattutto "sequestro" della sua anima,
prigioniera di se stessa, delle sue ambizioni, delle sue curiosità erotiche,
della sua fragilità, di uomo debole che si è lasciato abbindolare.
L'epilogo cruento - con note bibliche da legge del taglione - crea un pathos
malato di rara efficacia : la scena dell'evirazione ha valenza metaforica-chiave
di tutto il romanzo, del messaggio-condanna che Tomizza ci trasmette con penna
più che mai di scrittore di razza.
Grazia Giordani