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Fra un'ora, la follia di Vittorino Andreoli, Rizzoli

SEMPRE PIU' DENTRO NEI MEANDRI DELL'ANIMA
Èun bisturi acuminato la penna con cui Vittorino Andreoli scrive la sua ultima silloge di racconti Fra un'ora, la follia (Rizzoli). E l'inchiostro è vetriolo puro. L'illustre studioso della psiche guarda con occhio disincantato alla società d'oggi, con attenzione specifica per quella linea d'ombra che separa la "normalità" dalla follia. Una linea impalpabile, talmente sottile da ingenerare in noi il sospetto se esista veramente. Pirandello avrebbe gradito molto questa lettura da consigliare caldamente ai suoi personaggi, amici del paradosso.
Nelle pagine dello psicoterapeuta veronese - noto al grande pubblico per la sua feconda attività non solo letteraria (autore, fra l'altro, de Il matto inventato nel '92, di Camice matto nel '95, di Voglia di ammazzare nel '96, di E la luna darà ancora luce nel '97, E vivremo per sempre liberi dall'ansia, nel '97, Dalla parte dei bambini, nel '98 e di Istruzioni per essere normale nel '99), troviamo tutte le ossessioni, le manie, i gesti anancastici (frutto di una necessità a cui non sappiamo sottrarci), le paranoie, del nostro secolo di cui l'autore disapprova il consumismo, l'ovvietà e l'allineamento tendente ad appiattire lo spessore intimo dei personaggi di questa forsennata commedia umana.
Incontriamo "madri kapò", tese a danneggiare la prole più di una tempesta su un vigneto, donne spaventevoli per bruttezza fisica ("Il naso aveva una curva da grand prix e definirlo aquilino era un complimento (...) gli incisivi sporgenti e divaricati, quando accennava ad un sorriso, sembrava una che avesse appena sbattuto la faccia contro un trave") che finiscono con l'erotizzare vecchi giornalisti, pur di entrare in una ambita, importante Terza pagina. Stiamo in compagnia di padri che iniziano all'amore le loro stesse figlie, di suore di clausura, a dir poco, ambigue.
Lo sguardo di Andreoli si tinge di implacabile e voluta crudeltà nel leggere dentro i meandri della contorta psiche dei suoi personaggi. Fatti di sangue e sesso matto si inseguono in maniera parossistica, offrendoci lo sconvolgente spettacolo di adolescenti che massacrano vecchiette e si producono in atti di necrofilia. L'autore non ci fa mancare nulla delle più contorte perversioni: atti cannibaleschi, eros ultraperverso.
Ne Il tabù la perversione si fa ancora più torbida e vischiosa. C'è l'incontro scontro tra un rigoroso psicoanalista freudiano e una monaca di clausura nella sua cella. Le differenti ortodossie cozzano fra loro producendo scintille ed esiti non proprio edificanti.
Certamente l'autore - parlando di storture dell'anima - "gioca in casa", in quanto la sua professione gli porge l'estro di estrarre le "immondizie" dalla psiche umana che lui così ben conosce e sa esplorare, ma questa sua raccolta di feroci profili di umanità non è un saggio scientifico, ma un'abile e meditata sintesi di realismo e surrealismo, dove a fare da sutura e collante è il pensiero forte dell'autore, satirico, implacabile, controcorrente, come sa esserlo quello di un'intelligenza che s'infastidisce di fronte al vieto conformismo.
Per un strana associazione d'idee, leggendo Fra un'ora, la follia, abbiamo ripensato a Una tragedia milanese di Ottiero Ottieri: vi abbiamo ritrovalo la stessa ironia che si fa sarcasmo, lo stesso sdegno sociale.
Paradigma del pensiero andreoliano ci è parso soprattutto il racconto Il processo, con la gabbia vuota, senza imputato, però rigorosamente guardata a vista dai carabinieri ("che si alternavano con turnazioni regolari e con grande professionalità, ma dentro non c'era nessuno"); con tutta quella parata di azzeccagarbugli, di uomini di legge pronti a fare sfoggio di arringhe "radiografia dell'appartenenza sociale", con quella ricerca di una "verità burocratica"; con quel privilegiare la forma in luogo della sostanza, per cui si potrebbe assolvere un reo confesso, qualora si verificassero errori soltanto formali.
La riflessione filosofica dell'autore qui si fa inesorabile, il sarcasmo sale in un crescendo furioso: Andreoli guarda alla finestra un mondo alla deriva che sta naufragando dentro le proprie storture.
Vorremmo tanto che ci suggerisse dentro quale zattera trovare rifugio.

Grazia Giordani

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