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SCULTURE DI GIORGIO GIORDANI ESPOSTE NEL BOLOGNESE MUSEO PERMANENTE

Sembrerebbe quasi una favola bella, quella occorsa a Giorgio Giordani (1905-1940), scultore bolognese, padre di chi sta scrivendo per voi su queste colonne, morto trentacinquenne nel pieno della fama (all'epoca esponeva, in sala personale, su invito, alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma) e caduto poi fatalmente in ombra, anche perché la guerra ha distrutto buona parte delle sue opere. Eppure, il miracolo si è avverato. Una sua grande amica, compagna di studi all'Accademia di Belle Arti di Bologna - Norma Mascellani - donna di squisito sentire e pittrice di fama nazionale, recensita alla grande da Sgarbi, Zavattini, Ruggeri e Solmi, donando la sua collezione privata di opere alla bolognese Fondazione Lercaro, ha voluto che le sculture, ricevute in vita dagli amici Cleto Tomba e Giorgio Giordani, entrassero nella quadreria nata dalla sua donazione.
La generosa pittrice - che nel museo permanente non ha voluto eternare soltanto se stessa - non ha risparmiato lodi agli amici scomparsi, ricordando come ormai la critica ufficiale consacri il terzetto Minguzzi-Tomba-Giordani, quale composto dai "tre grandi della scultura bolognese". Luciano Minguzzi, l'unico ancora vivente dei tre, (autore fra l'altro della Quinta porta del Duomo di Milano e della porta del Bene e del Male di san Pietro in Vaticano) da qualche anno ha inaugurato un museo tutto suo nel capoluogo lombardo; Cleto Tomba, autore delle porte del Monte di Pietà bolognese, è famoso soprattutto per le ironiche terrecotte, deliziose e ammiccanti statuine, capolavori di artistica ironia; Giorgio Giordani, pur essendo morto molto giovane, ha vinto negli anni Trenta i più ambiti premi nazionali, sue opere figurano in musei romani e parigini ed è stato recensito dalle più belle firme della critica dei suoi tempi da Ugo Ojetti (Corriere della Sera) a Rerzio Buscaroli (Il Resto del Carlino) a Nino Bertocchi (L'Italia letteraria), solo per citare tre fra i critici più noti. Clamoroso è stato, dieci anni fa, il ritrovamento di una sua statua in cera - La bagnanante - nei sotterranei di un ministero romano, quarant'anni dopo la sua morte: una specie di "giallo artistico" che avrebbe potuto mettere in moto la penna di uno scrittore del mistero. La SMI fiorentina, a cura del ministero stesso, ne ha sponsorizzato la fusione in bronzo e da questo fatto, rinfocolato ora dalla donazione Mascellani, si è ripreso a parlare di un artista che non meritava il silenzio.
Nei nuovi spazi museali della Fondazione Lercaro si potranno ora ammirare, senza data di scadenza (com'è avvenuto per il museo di Giorgio Morandi, grande amico e maestro della pittrice e degli scultori), assieme alle 142 tele della Mascellani, luminose nell'impasto coloristico, come limpida è stata la vita di una donna che ha scelto da sempre la "via della bontà", anche il "Redentore" di Giorgio Giordani, una scultura di sofferta spiritualità, ed eleganti bozzetti per fontana, affiancati a piacevolissime terracotte di Cleto Tomba.

Grazia Giordani

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