Recensioni e servizi culturali
Giornale di adolescenza di Enzo Striano, Mondadori
STRIANO E LA SUA CRONACA DI ADOLESCENTE POSTUMO
Essere autore di un "postumo" non è certo la precipua aspirazione
di chi insegue per anni il sogno di vedere una propria opera pubblicata e accolta
con successo da lettori e critica. Giuseppe Tomasi di Lampedusa non resterà
purtroppo solo fra gli scrittori di "postumi", visto che ora gli fa
buona compagnia anche Enzo Striano con il suo "Giornale di adolescenza",
pubblicato da Mondatori.
A raccontarci la genesi di questo romanzo di formazione ci pensa Apollonia Striano,
con penna arguta, attenta a riportarci la strada tortuosa in cui è incorso
il romanzo imbattendosi in Vittorini e Pratolini che - enigmatico - si espresse
con l'autore : "È un gran libro, oppure è una grande occasione
mancata: non so. Fallo vedere anche ad altri". L'amicizia che legò
Striano a Pratolini in effetti non fu sempre piana, gravata dalla forte differenza
d'età e quindi di idee e "punti di vista". Del resto è
un caso raro quello di un autore giovane che, in vita, riesca a trarre sostegno
e aiuto a pubblicare da chi è già "arrivato"(che vi
concorra l'invidia o solo una forma di egoistica pigrizia intellettuale?). Gli
esempi del generoso sostegno di Pound nei confronti di Eliot e di Joyce riguardo
a Svevo, resteranno più che mai una "rara avis".
Gli estimatori del filone narrativo "adolescenziale" - quelli che
in Italia hanno apprezzato "L'isola d'Arturo" della Morante o "A
picco" di J.Diaz, per dare un'occhiata anche fuori confine, troveranno
motivi di grande interesse in questo denso "Giornale", quasi un diario
di vita dell'autore che l' accompagna dal 1936 al 1940, agli anni dolorosi della
guerra, nascosto - si fa per dire - dentro i panni di Mario Morrone, un undicenne
napoletano, di origine modesta, figlio di un linotipista del "Mattino"
che pone grandi aspettative nel futuro del figlio.
In parallelo al ritratto dei sentimenti del ragazzo (timidezze, tremori, entusiasmi,
incomprensioni generazionali, delusioni tipiche dell'età), si svolge
la storia dell'intero palazzo dell'Arenaccia, ove Mario e la sua famiglia sono
appena andati ad abitare. Come in una matrioska, la storia del protagonista
è contenuta nelle vicende del palazzo a sua volta interno alla Storia
nazionale dell'epoca, descritta senza pietismi, senza abbandoni nostalgici alla
ricerca del tempo perduto, ma vissuta "in contemporanea", ricorrendo
ad un incisivo minimalismo partenopeo, originale per trovata ed effetti che
ne sortiscono.
Quello della rivincita sociale è il martellante e ossessivo proposito
del padre che vorrebbe - dando al figlio tutto quello che lui non ha avuto -,
risalire una china egli stesso, fatta di rinunce e umilianti sconfitte. Padre
e marito padrone, Morrone senior incarna la figura autoritaria del capofamiglia
dell'epoca, che il figlio in certi momenti crede anche di odiare, per i toni
duri e gli atteggiamenti irremovibili, difficili da accettare e giustificare.
Lo sfondo storico è quello degli anni del Fascio, percorsi da parate
militari, gagliardetti, spirito di un Ventennio che appare spesso grottesco
, e in cui Mario si forma frequentando una scuola non proprio invidiabile per
l'insegnamento stereotipato di professori non certo illuminati e che brillino
per umanità.
Mario cresce, impara a fumare; la sua iniziazione sessuale, non ancora quattordicenne,
avvenuta in un sordido cinematografo, è di uno squallore rattristante;
non è esente da amicizie pericolose; il suo incontro con l'amore porta
la trepidazione e le delusioni di tutti i sentimenti dei giovanissimi che molto
si aspettano dalla vita.
Anche i personaggi collaterali sono descritti con minuziosa cura: gli amici
del protagonista, (fra cui un ragazzino ebreo che dovrà interromper gli
studi a causa delle leggi razziali), giovani partecipi delle sue stesse trepidazioni,
paure, corrucci, malumori della crescita; una coppia male assortita, formata
da un maturo professore, velleitario poeta, che darà lezioni private
al nostro adolescente, e dalla consorte di "carnosa" avvenenza che
non risparmierà umiliazioni sentimentali all'innamoratissimo marito:
per poco non ci scappa il morto, con un quasi suicidio dello sconsolato e tradito
professore.
Le figure femminili sono descritte con mano maestra: sembra di vivere in un
film di De Sica, animato da donne che camminano in strada su tacchi ortopedici,
profumano di cipria, fasciate in abiti che più che rivelarle le lasciano
immaginare; donne che in casa nascondono, sotto lievi vestaglie, un fascino
frusciante che inquieta l'adolescenza di Mario.
Ci sono squarci che alla fine della lettura non resteranno dentro la pagina,
ma porteremo con noi, nell'archivio dei nostri ricordi letterari, come la sfilata
militare del 4 novembre 1938 o il ballo al Fascio Buonservizi, o certi momenti
intimi delle riflessioni di Mario e dei suoi coetanei che gli vivono al fianco.
L'unico rammarico resta quello che Striano (Napoli 1927-Roma 1987), autore anche
dello splendido "Il resto di niente", stampato per la prima volta
nel 1986, divenuto un caso editoriale soltanto anni dopo con le edizioni di
Avagliano e Rizzoli, non saprà mai di essere diventato celebre, pubblicato
con tutti gli onori da grandi case editrici.
Grazia Giordani