Recensioni e servizi culturali
Grande seno, fianchi larghi di Mio Yan, Einaudi
UNA SAGA FAMILIARE NELLA STORIA CINESE
DEL NOVECENTO, OMAGGIO ALLA MADRE E ALLE PROPRIE RADICI
Mio Yan, considerato il più autorevole scrittore cinese vivente, autore
di "Grande seno, fianchi larghi". che Einaudi ha portato in Italia
nella splendida traduzione di Giorgio Trentin (con revisione della sinologa
Maria Rita Masci), ha riscosso, nei giorni scorsi, forte successo personale
al Festival della Letteratura di Mantova, parlando della genesi del suo libro
e della censura subita in patria per l'esplicita crudezza e i toni grotteschi
del suo romanzo.
Chi ha apprezzato, a suo tempo, "Sorgo rosso", il fortunatissimo best
seller che, tradotto in film, guadagnò l' "Orso d'Oro" a Berlino,
ritroverà nella nuova opera di Mio Yan (nom de plume dell'autore che
significa, stranamente. "chi non vuol parlare", mentre ci sembra che
questo scrittore parli eccome e piuttosto fuori dai denti
), ritroverà
nel nuovo romanzo fiume - di ben 900 pagine! - il gusto per l'epos e la forza
narrativa espressa in un ricco linguaggio immaginifico, tinto di una magia onirica
viscerale e coinvolgente.
"La censura non mi ha stupito - ha affermato, in proposito, lo scrittore
- perché dico tante verità: sul conflitto tra il partito nazionalista
e quello comunista prima del '49, sul fatto che il partito comunista ha portato
la povertà alla gente, sulla corruzione. E poi c'era il problema delle
descrizioni sessuali. Dopo la censura il libro è circolato clandestinamente
ancora di più. Si è creata una situazione anomala: lo Stato non
ha potuto fermare la sua circolazione, però io non ci ho guadagnato nulla.
È stata una punizione solo per me".
Nato nel 1955 nella provincia dello Shandong, da una famiglia povera contadina,
l'autore è un vero esempio di self made man: ha infatti alle spalle un
passato di stenti e di isolamento, con contatti più frequenti con mucche
e pecore al pascolo che con i suoi simili; il '76 è un anno importante
della sua vita perché abbandona lo sperduto paese natale per arruolarsi
nell'esercito dove farà carriera e avrà agio in seguito di darsi
alla scrittura e al giornalismo e conseguire una laurea e un Master in Studi
letterari ed artistici presso l'Università Normale di Pechino.
L'autore, in precedenti interviste, ha raccontato la nascita del suo libro,
la scintilla che ne ha fatto scattare la scrittura: "All'ingresso di una
stazione della metropolitana di Pechino vidi un contadina che allattava due
bambini, sembravano gemelli. Ognuno attaccato a un seno succhiavano il latte
della madre, il cui viso illuminato dai raggi obliqui del sole, faceva pensare
a una Maria Vergine sofferente. Rimasi ad osservarli a lungo profondamente commosso.
La scena mi fece pensare a mia madre, alla mia infanzia. Sono stato l'ultimo
figlio di mia madre che mi ha allattato fino all'età di cinque anni,
cosa usuale allora in campagna dove la vita era dura
"
Dunque, l'ispirazione è nata all'autore dal potere della memoria traslata
e filtrata da fatti biografici e il seno materno, simbolo di nutrimento non
solo fisico, diventa fulcro e metafora di tutta la narrazione.
Proprio dalle sue stesse parole apprendiamo ancora puntualizzazioni e chiarimenti
sul titolo: "Grande seno, fianchi larghi - afferma Mio Yan, che ci sembra
essere nemico giurato delle anoressiche - letteralmente indica un seno opulento
e sano e un sedere ampio e robusto: i tesori del corpo femminile che più
incantano gli uomini grandi e piccini; se un uomo non ne è attratto forse
ha qualche problema. All'inizio l'avevo scelto per celebrare la figura materna
e poi anche dire la natura femminile, la riproduzione e la crescita dei figli.
Più profondamente è anche inteso per celebrare la grande terra,
confrontare la terra alla madre è infatti una metafora usuale"
La madre del romanzo, Shangguan Lu, dopo aver partorito sette figlie femmine,
finalmente dà alla luce il tanto desiderato figlio maschio, prosecutore
della stirpe, frutto dell'amore adulterino con il prete occidentale. Fabbri
da generazioni, gli Shangguan, vivono proprio a Gaomi - nella provincia di Shandong
- luogo di nascita dell'autore. Gli invasori giapponesi fanno strage degli uomini
di casa, in un clima di cruente atrocità, e così la giovane madre
deve far fronte alle difficoltà, allevando da sola le figliolette e il
prezioso Jintong, l'agognato Bambino d'Oro, io narrante del romanzo, in perpetua
adorazione del seno femminile. A lui tutto è concesso (tanto è
stato spasmodicamente atteso questo esemplare maschile in casa!). I grossi seni
materni, stillanti latte, sono del tutto suoi, visto che la gemella "davvero
di troppo" deve accontentarsi del latte di capra. Le "ampolle floride
e preziose, piccioni bianchi, vasi intarsiati di porcellana, colmi e lisci,
vivaci e pasciuti, puliti e lucenti, fragranti e meravigliosi" da cui il
bambino attinge con la "voracità di un lupo" sono solo suoi,
del prediletto in famiglia che vede seni e femminilità ovunque, non limitandosi
a questi attributi strettamente materni.
Questi seni troppo elargiti in età infantile (da cui attingerà
fino all'età scolastica deriso dai compagni), delizia giocosa nei suoi
primi anni , diverranno paranoica ossessione e quindi dannosa croce in età
adulta, sfociando addirittura in una condanna a quindici anni di prigionia in
un campo di lavoro. In una ridda di fantastici avvenimenti, il protagonista
riuscirà a restare figlio unico con la madre.
L'intreccio è folto, comprensivo del destino delle sorelle legate ad
uomini profondamente diversi per temperamento ed aspettative: terrieri, banditi,
patrioti, esponenti del partito nazionalista e militanti del neonato partito
comunista. Le inevitabili antitesi ideologiche scatenano la graffiante ironia
dell'autore che, dai tardi anni Trenta del conflitto sino-giapponese, attraverso
le carneficine della guerra civile, ci conduce fino all'avvento dell'età
maoista e al suo superamento, nell'ultimo ventennio del Novecento.
Jintong percorrerà un cammino del tutto inverso rispetto a quello dell'autore,
quasi fosse il suo alter ego in negativo, divenendo uno smidollato perdigiorno,
contro tutte le aspettative di madre e sorelle adoranti.
Tragedia e commedia, atrocità e poesia abitano artisticamente la pagina
di questo colossale capolavoro, guidate dalla penna sapiente di un estrosissimo
Mio Yan.
Grazia Giordani