Recensioni e servizi culturali
Introvabili in Italia alcuni romanzi dell'autore
della Comédie humaine
HONORÉ DE BALZAC: DUECENTO ANNI DOPO
A meno che gli editori non serbino il loro "coniglio
bianco" da estrarre dal cilindro all'ultimo momento, non si ha notizia
di una riedizione italiana organica e completa dell'opera omnia di Honoré
de Balzac, nato a Tours il 20 maggio del 1799 e morto a Parigi il 18 agosto
del 1950. Addirittura si contano opere ormai introvabili - divenute rara avis
da noi - quali La physiologie du mariage che, quando uscì in Francia,
nel 1830, riscosse un successo scandalistico, da parte dei lettori, fra l'atteggiamento
ostile dei critici qualificati, aspri nei confronti dell'eclettico autore -
soprattutto ai primordi della sua carriera letteraria - perché, nella
loro miopia di recensori, tendevano ad accusare uno scrittore così innovativo
ed eclettico (che seppe toccare temi svariati dal significato politico, al religioso,
sociale, filosofico, psicologico, storico, letterario, estetico), di "spirito
commerciale" e di "immoralità", fuorviati anche dall'impossibilità
di etichettarlo dentro una particolare corrente letteraria e dalle stranezze
snobistiche dell'autore che sfoggiava abbigliamenti discutibili e bizzarri e
che a un certo punto prese a fregiarsi di quel de nobiliare davanti al cognome,
che non gli veniva dalla nascita.
Fortunatamente Balzac ventenne disubbidì alle raccomandazioni paterne
e - se la Francia ebbe un avvocato in meno - il mondo guadagnò uno degli
scrittori più importanti di tutti i tempi. Durante tutto il corso della
sua tormentata vita (spesso braccato dai creditori, tanto che raccontano vivesse
in abitazioni a doppia entrata, per poter uscire di soppiatto), molto contarono
le presenze femminili, amori tumultuosi o semplici amicizie, tessuti con animo
sensibile e con generosità. La prima donna importante della sua vita
fu Laure de Berny, che gli ispirerà l'eroina di Le lys dans la vallée;
quindi la duchessa d'Abrantes, con cui compirà il primo viaggio in Italia;
e ancora la focosa contessa Guidoboni-Visconti che lo aiuterà nelle eterne
difficoltà economiche, in mezzo alle quali si dibattè; infine
madame Hanska, una nobile polacca che cominciò a scrivergli nel 1833
- firmandosi l'Etrangère - e che egli sposerà nel 1849,
alle soglie della morte.
Attento alla vita che formicolava attorno a lui, voluttuoso nel goderla, quanto
implacabile nell'osservarla, Balzac - dopo momenti di sosta forzata, a causa
di infelici imprese editoriali e fallimenti di riviste a cui si era dedicato
- ebbe un felice ritorno all'esercizio letterario anche spinto dallo scopritore
di talenti Latouche che ne aveva intuito la forza. Ritorno che è anche
rinascita: l'uomo ha già maturato un'ideologia politica che può
essere qualificata nel binomio trono-altare, rispondente pienamente ad una sua
intima interpretazione della storia. Lo scrittore riuscì comunque a cogliere
- sotto la valutazione negativa e reazionaria del proprio tempo - le contraddizioni
economiche ed etiche su cui si reggeva la società francese dell'epoca
di Luigi Filippo, che ha fatto propri i principi borghesi, la dinamica dello
scontro tra l'egemonia feudale di una classe aristocratica in lento ed inesorabile
declino e le nuove istanze delle classi in ascesa. Lettore attento di Byron
e di Maturin, di De Quincey e di Sterne, di Goethe e di Hoffmann, aperto alle
conquiste scientifiche, quanto sensibile alle dottrine mistiche, adotta entusiasticamente
le teorie sull'interazione tra ambiente e specie animale e non è sordo
alle alchimie verbali e materiali di un Cagliostro e di un Saint-Germain.
Nel 1831 pubblica La peau de chagrin, lungo racconto mistico-magico in
cui il fantastico fa da supporto ad una meditazione sull'esistenza e che denuncia
la vena spiritualistica da cui uscirà più tardi Séraphita;
tra il '32 e il '40 escono capolavori quali Eugénie Grandet -
storia di romantico amore e sordida avarizia, calata nella profonda provincia
francese - e Le père Goriot - dove l'autore racconta il dramma
dell'amor paterno e dell'ingratitudine filiale in una cornice economica che
mette a nudo i meccanismi dell'alta finanza. La pubblicazione della Comédie
humaine, intrapresa nel 1842, da principio fu interpretata come la riutilizzazione
di opere già note, ma scrittori di eccelsa statura e grande limpidezza
di giudizio, quali Baudelaire, Th.Gautier e Hugo, non tardarono a capire la
grandezza di Balzac che pure non riuscì mai ad ottenere la consacrazione
dell'Académie Française, nonostante le notevoli ed insistenti
iniziative di Hugo.
Dopo la morte dell'autore, si assiste ad una fortuna di Balzac in continuo aumento
da parte della critica. Le edizioni complete in Francia si moltiplicano, dal
1853, alla cosiddetta edizione definitiva, curata nel 1870, dall'impresa di
Michel Lévy.
La bibliografia balzacchiana è talmente vasta che si è resa necessaria
una guida: ad essa ha provveduto l'americano Royce (1929-1930).
Quando nel 1950 ricorse il centenario della morte di Balzac, esso fu solennizzato
in tutto il mondo con tanto fervore, che si ebbe la riprova della sempre crescente
fortuna dell'autore della Comédie humaine e nel contempo si ebbe
l'impressione che la situazione critica fosse finalmente maturata per una vasta
sintesi, per procedere alla quale era già pronto il materiale.
Gli studi italiani recenti sull'autore sono veramente pochi, sebbene a suo tempo
si siano occupati in vario modo di Balzac: G.Antonucci, P.P. Trompeo, V.Lugli,
(al quale dobbiamo un Dante e Balzac, Napoli, ESI, 1952), C.Bo, E.Caramaschi,
V.Carofiglio, C.Cordié, M.Bonfantini, F.Simone, R.De Cesare e L.De Nardis.
Nei giorni scorsi si è avuta per Radio Tre una dotta e vivace tavola
rotonda, con la partecipazione di critici letterari e giornalisti culturali.
Ci si augura che l'Italia dia segno di sottolineare ancora e al meglio questo
importante bicentenario.
Grazia Giordani