Recensioni e servizi culturali
I racconti di San Francisco
di Armistead Maupin, Rizzoli
IRONICI FLASH LETTERARI SULLA REALTÀ
TRASGRESSIVA DI UNA CITTÀ E DI UN MONDO
"Il tipico fan dei "Racconti di San Francisco" è semplicemente
una persona felice di essere se stessa, comunque essa sia, e di lasciare che
gli altri si esprimano altrettanto liberamente - afferma Armistead Maupin, a
proposito del suo libro di culto, classico della narrativa contemporanea, che
Rizzoli ci propone nella traduzione di Valentina Guani ed Elisabetta Humouda
-. Ecco perché - prosegue - rimango un po' male quando i librai relegano
"I Racconti di San Francisco" e i volumi successivi nel reparto della
letteratura gay. Non mi fraintendete, sono orgoglioso di essermi apertamente
dichiarato gay, più di vent'anni fa - e sono consapevole dell'impatto
che la mia omosessualità ha avuto sul mio lavoro - ma i miei libri sono
sempre stati rivolti a tutti. Desidero che il messaggio dei "Racconti di
San Francisco" raggiunga il pubblico più vasto possibile
"
Desiderio esaudito! - esclamiamo noi - visto l'enorme successo ottenuto dall'opera
di Maupin che, nato a Washington nel 1944, ora vive a San Francisco. Autore
del romanzo "Una voce nella notte", è dalla metà degli
anni Settanta considerato una delle icone letterarie americane, grazie a sei
volumi della serie "I Racconti di San Francisco", pubblicati (negli
USA con il titolo "Tales of the City") a partire dal 1978 e all'origine
di una fortunatissima serie televisiva che lo hanno fatto conoscere ed apprezzare
al di là del mondo gay dove è nata la sua fama.
Non stentiamo a credere come - apparsi sulle pagine di un quotidiano americano
- questi racconti abbiano tenuto vivo per anni l'interesse dei lettori, tanto
è forte il loro impatto letterario ed umano di ironici flash che si accendono
sulla realtà trasgressiva di una città e di un mondo.
Intorno a Mary Ann che decide di cambiar vita, abbandonando la routine stagnante
della provincia, attratta dalle luci della città, ruota un ventaglio
denso di personaggi che popolano il numero 28 di Barbary Lane, il condominio
gestito dalla signora Madrigal, originale ed impeccabile padrona di casa, dalle
perfette maniere mondane, talvolta snobistiche, nonché coltivatrice di
marijuana che le offre l'opportunità di regalare generose "canne"
ai suoi bizzarri inquilini. ("Prendi uno spinello, mia cara e non ti preoccupare
di doverlo passare a qualcuno. Detesto quegli scambi di saliva comunitari!Voglio
dire, se vuoi fare la degenerata, tanto vale che lo fai da vera signora, non
trovi?"
La giovane provinciale, incontrando la realtà divertente e provocatoria
di una città tesa a scandalizzare con il suo più che rivoluzionario
anticonformismo, si adegua, pur mantenendo la sua dirittura di fondo, una sua
quasi ingenuità che ce la rende simpatica perché genuina. Non
le vengono risparmiate le delusioni amorose, le scoperte sconvolgenti, sul filo
finale di una suspense che sfocia nel giallo.
Gli anni Settanta post-hippie e pre-Aids sono il movimentato fondale di una
realtà. spesso ai limiti del grottesco in cui pullulano omosessuali,
etero, bisex, indecisi e persuasi sulle loro diversità e debolezze, in
una ridda scompigliata ed esilarante, anche se spesso si ride amaro e si preferirebbe
una realtà meno spettinata.
Mary Ann si prodiga persino nel volontariato, incontrando un responsabile che
avrebbe dovuto consolare le persone in difficoltà e che invece finisce
a sua volta suicida; va ad incappare in amori impossibili, ma non si guasta,
non dispera, improvvisandosi persino detective in extremis, ma non è
il caso di anticiparvi completamente l'epilogo della narrazione.
"Quando un romanzo sopravvive per vent'anni - conclude in postafazione
l'autore - praticamente acquisisce vita propria. Se ne va in giro per il mondo
senza degnarsi di scrivere neanche una cartolina al suo genitore sconcertato
che dai resoconti dei diritti d'autore può farsi una vaga idea dei suoi
vagabondaggi.(
).Ecco perché mi piacciono tanto le storie che i
lettori si scambiano sui "Racconti di San Francisco: trovo molto gratificanti
le prove aneddotiche dei viaggi del mio primogenito".
E noi, come potremmo dargli torto?
Grazia Giordani