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IL BANCHETTO NELL' ALDILA'

Con il titolo singolare e scaramantico de "Il banchetto nell'aldilà", ha aperto i battenti ( o gli avelli ?) una mostra di corredi funebri, al museo archeologico nazionale di Adria, la mitica città etrusca - nei secoli passati porto così importante da dare il nome al mare Adriatico. La felice iniziativa nasce dalla collaborazione della direttrice del museo Simonetta Bonomi con la Soprintendenza Archeologica per il Veneto e il Comune di Adria.
Nella sala dominata al centro da un gigantesco dolio - ristrutturato, quasi "rammendato" dalle mani esperte dei restauratori - si respira un clima piacevolmente esoterico, quasi un magico tuffo nell'aldilà, simpaticamente rinvigorito dal pranzo, offerto alla fine, con un menù d'epoca, definito : "Aliquid cibi per il banchetto dell'aldilà".
La disposizione degli undici corredi tombali in apposite bacheche - sapientemente illuminate - si propone di illustrare i rituali funerari e la cultura degli abitanti di Adria tra il VI e il V secolo avanti Cristo ; la grande varietà degli oggetti e delle relative associazioni, offre il quadro della società multietnica che caratterizzava questo porto, suggestivo mix di civiltà diverse, il più importante dell'Alto Adriatico, durante la seconda metà del Vi sec. a.C. . E' possibile ammirare vasi di ceramica attica a figure nere e a figure rosse, servizi da vino di bronzo di produzione etrusca, contenitori di unguenti profumati di ceramica corinzia ed attica, come pure di pasta vitrea del Mediterraneo orientale, piccoli ornamenti da cintura e ceramiche di produzione veneta. I rituali funebri spesso rimandano ad usi contrastanti - data la presenza multietnica della popolazione - ma che non creavano dissenso, visto il pacifico convivere di etnie diverse. Nei decenni a cavallo tra il VI e il V secolo avanti Cristo, si consolidò l'uso di porre nelle tombe il necessario per un eterno banchetto nell'aldilà, rappresentato da ricchi vasellami di bronzo per la mescita e il consumo del vino e schidioni di ferro per la cottura delle carni, sintomo della profonda adesione alla cultura ellenica degli Etruschi adriati.
Il ritrovamento fortunoso quanto fortunato della necropoli di Cà Cima, da cui provengono i corredi tombali, si riferisce ad un'ampia estensione di terreno posta a Nord-Est della città, dove già nel 1970 la Soprintendenza Archeologica per il Veneto eseguì - sotto la direzione di Umberto Dallemulle - alcune trincee di assaggio che portarono alla scoperta di un sepolcro comprendente tombe etrusche del III e II secolo a.C : e numerose tombe romane della prima età imperiale. Nel 1993 gli scavi per la posa di un metanodotto misero in luce un nucleo di tombe riferibili ai secoli VI e V a.C., il primo in assoluto di questo secolo, rinvenuto ad Adria. Nel '94 e '95, la Soprintendenza proseguì l'esplorazione sistematica del sepolcreto, individuando altre quaranta tombe preromane, databili entro un arco di tempo che corre tra il V e il III secolo a. C., a cui fecero seguito altri interessanti rinvenimenti.
La reale misura della straordinaria ampiezza dell'intera necropoli è stata rivelata dalle indagini preliminari alla realizzazione di una maxi-lottizzazione residenziale, finanziata dalla società Cà Cima di Adria - terminata nella primavera del '96 - che ha consentito di individuare altri due cospicui gruppi di tombe preromane e romane. Le diverse campagne di scavo finora svolte hanno solo aperto uno spiraglio sulla effettiva consistenza di questa necropoli, la cui esplorazione - ci dicono gli esperti e responsabili del museo - richiederà decenni di lavoro, un lavoro di estremo interesse per quanti hanno a cuore il passato della loro gente, il ritrovamento di radici composite e misteriose come quelle adriesi, che solo ora vanno prendendo luce, esposte in parte in un "banchetto" ultraterreno.

Grazia Giordani

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