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Il caso Tiziano di Iain Pears, Longanesi

È un impianto narrativo molto originale quello che ci offre Iain Pears nel suo ultimo romanzo "Il caso Tiziano" (Longanesi), tradotto da Eileen Romano. L'autore, in un certo senso inventore del giallo d'arte, genere di cui ci aveva dato sostanzioso esempio, già in una precedente serie di romanzi polizieschi - ambientati nel mondo artistico -, sempre con gli stessi protagonisti: Taddeo Bottardi, Flavia Di Stefano e Jonathan Argyll, si muove perfettamente a suo agio in una Venezia, teatro degli avvenimenti, che appare essergli assai familiare e di cui ci offre suggestive "cartoline", pittoreschi squarci, lontani da una visione oleografica.
Si sente fin dall'inizio che lo scrittore oxfordiano, critico e storico dell'arte - noto al grande pubblico per i suoi romanzi "La quarta verità" e "Il caso Raffaello" - ha una raffinata cultura in materia, insomma che nuota a suo agio nel mare insidioso della critica, ma non possiamo negare che una maggior snellezza nel tessuto della trama, renderebbe più agile la lettura per quei lettori che non amano le troppo arruffate matasse dell'intrigo.
Per entrare documentati nel mistero della pagina, è bene mettere subito in evidenza i compiti del "Comitato Tiziano", istituzione voluta dal Ministero per studiare le opere del grande maestro veneto sparse per il mondo e garantirne l'autenticità: l'assunto è, a dir poco, ultradelicato e non è difficile quindi dedurre le invidie e i loschi traffici che può generare.
Tutto nasce "dall'indagine sull'omicidio di Louise Masterson, pugnalata nel giardino pubblico adiacente a piazza San Marco - apprendiamo dal generale Bottardi, capo del nucleo investigativo -. Quattro giorni dopo moriva il suo collega, il professor Roberts, anche lui in circostanze misteriose, e la stessa sera scomparivano alcuni dipinti della marchesa del Mulino. Successivamente abbiamo scoperto che Georges Braille, ideatore del comitato, era stato ucciso pochi giorni prima a casa sua, in Francia.Qualsiasi idiota poteva capire che una simile catena di morti e di reati era legata al comitato e alle sue attività".
Un comitato funesto, dunque, questo legato al nome del grande pittore, un comitato che semina sangue, a partire dall'omicidio della studiosa americana, l'intelligente Louise Masterson, trovata riversa in un'aiola di gigli ("tenete d'occhio quei fiori cari al Santo di Padova", verrebbe voglia di dire, offrendo una "dritta" ai lettori frettolosi di sciogliere l'enigma…), per giungere agli altri due morti, più sopra menzionati.
Protagonista del giallo ci sembra essere, al di là degli esecutori reali di morte, la tortuosa rete di rivalità accademiche, le malevoli spire di gelosie professionali che l'autore sembra conoscere così a fondo e che ci fa persuadere una volta di più della situazione universale, in tutti i campi dal più modesto al maggiormente elevato, per cui tutto il mondo è paese, in quanto ad invidie professionali.
Appare particolarmente simpatica e ben caratterizzata, Flavia di Stefano, l'intraprendente collaboratrice del generale Bottardi, che intuisce prontamente, a differenza dell'inerte capitano dei carabinieri veneziano, lo scialbo e non certo gioviale Bovolo, che la morte di Luoise Masterson, nasconde risvolti terribili.

Grazia Giordani

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