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Suggestiva teoria espressa nel saggio Il diluvio di William Ryan e Walter Pitman, Piemme
IL DILUVIO UNIVERSALE 7500 ANNI FA INVASE IL MAR NERO
Quando scienza e capacità di esprimere ipotesi ardite si alleano, dal
loro indissolubile "patto" non può che uscire un'opera intrigante
che solletica e stimola l'interesse di chi sente il fascino del passato, radicato
in "civiltà sepolte". Il Diluvio, uscito dalla penna
di William Ryan e Walter Pitman, due oceanografi dell'Università della
Columbia (Usa), pubblicato per noi in Italia da Piemme, per la brillante traduzione
di Aldo Audisio, è proprio l'evidente dimostrazione di come ipotesi scientifiche
e capacità intuitive, possano coabitare felicemente nella pagina, oltretutto
espresse con piacevole e poetico linguaggio, tale da regalare levitas
e persino toni di favola, mitigando l'austerità dell'argomento.
Gli autori si impegnano a porgere al mondo della scienza alcune suggestive testimonianze
di una apocalittica inondazione, avvenuta sulle coste del Mar Nero 7600 anni
fa, tanto catastrofica da aver lasciato memoria di sé - sostengono -
nelle narrazioni che divennero prima l'epico poema babilonese di Gilgamesh e
poi la biblica storia del Diluvio nel libro della Genesi, quando il Mediterraneo
aprì lo stretto del Bosforo e inondò la zona del Mar Nero con
una forza pari a 400 volte quella delle cascate del Niagara.
A partire da venti millenni fa, quando iniziò il grande disgelo glaciale,
Ryan e Pitman, ci portano a conoscere i tortuosi destini del Mar Nero, che grazie
al deflusso dell'acqua disgelata, divenne - all'epoca -, un lago di acqua dolce.
Seguendo l'epopea del liquido elemento, apprendiamo anche le vicende dell'umanità
contemporanea e immaginiamo i Moderni che vivevano in "capanne rotonde
e ovali di canne e di tronchi e pelli, costruite sopra buche poco profonde".
Seguiamo il loro grado di progresso: avevano ami e lenze per la pesca, trappole
e reti per la caccia; erano forniti di arco e frecce, sapevano conservare le
carni affumicandole e salandole; sapevano lavorare avorio, pietre e conchiglie;
scolpivano deliziose statuette. Nelle tombe è stato trovato prezioso
materiale, perché il defunto potesse propiziarsi il mondo dell'aldilà.
Nel 12800 a.C. l'Europa fu di nuovo stretta nella morsa del clima glaciale (tale
episodio prese il nome di dryas recente) e durò per un migliaio
di anni. Sul Mar Nero diminuirono le precipitazioni al punto che l'afflusso
d'acqua portata dai fiumi e dalle piogge, non riuscì più a compensare
l'evaporazione, il livello dell'acqua prese a scendere fino a trovarsi al disotto
del canale del Bosforo. Il deflusso si interruppe e il Mar Nero divenne un lago
salato. Si formarono intorno valli e delta di fiumi che - con i loro fecondi
terreni e con una ricca vita ittica nei fiumi e ai bordi del lago - costituirono
un rifugio ideale per uomini e animali.
Con il sopravvenire del dryas recente e del peggioramento del clima,
gli abitanti del Vicino Oriente, abbandonarono i luoghi in cui avevano preso
dimora; Gerico stessa fu abbandonata. Le tribù si affollarono nei pressi
delle oasi dove abbondavano selvaggina e acqua, soprattutto - sostengono gli
autori del saggio -, lungo le sponde del Mar Nero. E fu proprio là che
appresero a seminare, divenendo i protoagricoltori.
Nel 6200 a.C. - continuano Ryan e Pitman - sopravvenne un'altra mini glaciazione,
con danno ambientale per l'Eropa sud-orientale, l'Ucraina e la Russia meridionale,
di conseguenza molti villaggi agricoli furono abbandonati e altri deperirono.
Intere popolazioni . molte delle quali praticavano ormai l'agricoltura - si
ritirarono in ristrette zone acquifere, presso i pochi fiumi che ancora scorrevano
ai bordi del Mar Nero.
Il livello del mare era ancora al di sotto dell'ammasso di terra e detriti che
ostruivano la valle del Bosforo e il Mar Nero aveva ancora la morfologia di
un lago isolato. Molta parte dei sopravvenuti nel luogo erano agricoltori delle
valli fluviali e del delta. Ricominciarono i loro commerci intorno al lago,
parlando lingue diverse (il proto semitico, il proto indoeuropeo ecc. ) e scambiandosi
merci, ossidiana, pelli, ceramiche, erbe, essenze e soprattutto nuovo lessico
e nuove idee. Si perfezionarono nell'agricoltura e appresero l'arte dell'irrigazione.
Intorno al 5800 a. C. vi fu un miglioramento: tornarono il clima caldo e le
piogge e alcuni degli "sfollati" rioccuparono alcuni insediamenti
abbandonati. L'oceano aveva raggiunto il colmo della barriera di terra nella
valle del Bosforo, già pronto a invadere il lago del Mar Nero, centocinquanta
metri in basso. Gli autori del saggio ipotizzano che un ultimo moto ondoso,
preannunciato da moti minori, abbia cominciato a far precipitare lungo la discesa
e verso il lago una corrente d'acqua che - attraverso vecchi burroni e letti
fluviali asciutti scendeva tra alberi e massi. Quando arrivò all'antica
piattaforma sottostante, la massa liquida serpeggiò attraverso la superficie,
per poi defluire in vecchi canali da tempo asciutti, formando lagune e acquitrini,
finché raggiunse il lago. Gli autori ipotizzano che il rivolo sia divenuto
un torrente che proseguì la sua corsa acquistando sempre maggior velocità,
ferendo e scavando, lungo la sua inesorabile marcia. "Nel giro di pochi
giorni il suo pacato sciacquio divenne un muggito allorché il corso d'acqua
divenne un fiume turbinante che prese a scavare dentro le sue sponde, a spingere
coi suoi gorghi alberi e grossi ammassi di terra".
Lo sbarramento della valle cadde e l'acqua divenne una fiumana tonante e ribollente;
ogni giorno si abbatterono chilometri cubici d'acqua (una fiumana larga ottanta
e alta centocinquanta metri), duecento volte la portata delle cascate del Niagara.
Raccontata così sembrerebbe quasi una drammatica favola, tale da aver
ispirato il Gilgamesh e la Bibbia, ma in effetti William Ryan e Walter Pitman
sostengono di avere nuove prove archeologiche, geologico-climatiche su cui poggiare
le loro suggestive ipotesi, confortati dalle scoperte di altri studiosi e ricercatori.
Quindi sembrerebbe proprio rispondere a realtà la loro teoria - dettagliatamente
esposta più sopra -, riguardante (5600 anni avanti Cristo) la caduta
dell'acqua del Mediterraneo, attraverso lo stretto del Bosforo (allora chiuso)
nel Mar Nero, all'epoca un lago d'acqua dolce, privo di sbocchi, il cui livello
si alzò talmente da inondare centomila chilometri quadrati di pianure
costiere. Non sono poche le prove a favore dei due americani: Gilles Lericolas
ha scoperto profondi canyon sottomarini che vennero scavati dal Danubio e dal
Dnieper, quando raggiungevano il lago, in posizione più avanzata rispetto
quella attuale, perché prima della famosa inondazione, il Mar Nero era
di dimensioni più ridotte. Inoltre un'altra scoperta a favore è
stata realizzata da geologi e archeologi turchi che hanno posto in luce che
lo scavo del Bosforo e l'inondazione del Mar Nero avvennero in contemporanea,
ovvero 7600 anni fa, allorché i mari terrestri si sollevarono con lo
scioglimento dei ghiacci, alla fine dell'ultima glaciazione. In tal modo il
Mediterraneo superò la diga naturale, con l'evento catastrofico di cui
sappiamo, e la formazione di quella profonda "cicatrice" che è
appunto lo stretto del Bosforo. Anche l'archeologo Fredrik Hiebert (Pensylvania
University), scoprendo in prossimità di Sinop i resti di un villaggio
della Età della Pietra, sommerso dalla piena, porta prove a favore dei
due oceanografi. Il fatto che il villaggio venne abbandonato, conferma la notevole
velocità con la quale si sollevarono le acque del lago.
Se vi sono molti autorevoli scienziati d'accordo con Ryan e Pitman per cui,
il 6200 avanti Cristo sarebbe stata l'epoca favorevole per il benessere delle
coste del Mar Nero, poiché - secondo la loro teoria, come abbiamo visto
-, proprio là si spinsero numerose popolazioni che già praticavano
l'agricoltura, la loro teoria non è ancora universalmente accettata.
Eppure, viste le ipotesi coraggiose che i due scienziati hanno saputo avanzare,
ci piace credere che lo scetticismo di parte della comunità scientifica
non resterà granitico ed incrollabile per sempre.
Grazia Giordani