Recensioni e servizi culturali
Il matrimonio delle anime di Warwick Collins, Bompiani
SCONTRO DI ANIME
Un giovane e spirituale medico, Silas Grange, il suo collega più carnale
ed anziano, Hargood e Celia Quill, un’ineffabile e misteriosa dama, formano
il terzetto principale che anima le pagine de “Il matrimonio delle anime”(The
marriage of Souls), il nuovo romanzo di Warwick Collins, che Ponte alle
Grazie porta in Italia nell’attenta traduzione di Alessandro Peroni e
Federica Rupeno.
Teatro d’azione dell’opera dello scrittore, già noto per
il successo de “Il razionalista” (2001), è Lymington, sulle
rive cupe e percorse da terribili burrasche del Solent, alla fine del Settecento,
dove centinaia di esuli francesi hanno preso dimora dopo la Rivoluzione. E in
linea perfetta con lo spirito del Secolo dei Lumi è l’atmosfera
che si respira nel romanzo, un clima da “Liaisons dangereuses”,
sullo sfondo fuligginoso ed oscuro, evocato dalle fornaci saline, in convulsa
funzione, rischiarate ogni tanto da mortali incendi. Mare e paludi sono l’elemento
liquido e spesso sinistro del suggestivo paesaggio, descritto con abile penna.
Ma quello che qui più conta è il paesaggio interiore, quello delle
anime. Acuta, brillante, indipendente, l’anima di Silas Grange, il giovane
medico perdutamente ammaliato da Celia, la sorprendente, contraddittoria, elusiva
ed affascinante figura femminile della narrazione, in epoca precedente amante
di Hargood, ignaro padre di Jane, la figlia che Celia portava in seno, al momento
dell’abbandono.
Certo è che questa è una trama che rischiamo di svilire banalizzandola
in un secco riassunto e privandola del mistero che la pervade, dalla prima riga
all’ultima della scrittura, impreziosita dalle squisite lettere senza
risposta che Hargood invia a Leman – quasi un suo “alter ego”
-, in cui narra le pene d’amore di Silas, il suo pupillo, vulnerato dalla
partenza di Celia e in cui esprime un accorato esame di coscienza inerente i
suoi passati libertinaggi, in piena linea con lo spirito del tempo in cui l’azione
è collocata.
E’ soprattutto da questo univoco rapporto epistolare che ricaviamo la
complessità dell’anima di Celia che ci viene dipinta quale “maitresse”
di un lussuoso postribolo londinese e – nel contempo – dama benefica
e dedita alle opere di carità a Lymington. Com’è possibile
questo “doublage”? Come spiegarci questa doppiezza?
In essa, l’acuta mente indagatrice di Hargood vede la minaccia di un macchinazione
per vendicarsi del tradimento amoroso; in effetti, nei suoi anni giovanili,
il medico aveva sposato una spiritualissima donna, credendo di poter vivere
una doppia storia d’amore, inducendo l’orgogliosa Celia ad abbandonarlo.
La mente pura e scevra da inganni di Silas, invece, non vede nulla di tortuoso
e malefico nell’atteggiamento dell’enigmatica donna che continuerà
a cercare ed inseguire con ostinato cuore.
A rendere sempre più intrigante l’enigma di Celia (diavolo o angelo?)
riportiamo quanto Hargood scrive a Leman, a conforto di suoi sospetti: “Mi
disse che non era pentita della sua vita precedente con me, ma che in quegli
anni aveva nutrito la speranza che un giorno l’avrei vista come una donna
onesta. La sua prolungata permanenza con me l’aveva persuasa che, se non
poteva aspirare ad altra relazione che a quella dell’amante, allora avrebbe
fatto in modo di rendere più ufficiale, e insieme pubblica, la relazione
che gli uomini desideravano avere con lei. Affermò di non vedere nulla
di male nell’opinione comunemente diffusa che gli uomini dovessero pagare
per il piacere della compagnia femminile, dal momento che, in un certo senso,
anch’io avevo pagato per la sua compagnia, mantenendola”.
Lasciamo alla curiosità dei lettori l’epilogo di questa intrigante
trama, piena di colpi di scena, dentro cui abitano anche figure, per così
dire minori, come quella dell’efficiente e simpatica governante, la Signora
Thompson.
Vi anticipiamo soltanto che Hargood - dopo aver incontrato la figlia, per merito
di Silas – parte per l’Africa, da dove si farà vivo con lunghe
missive -, ma dirvi di più sarebbe veramente troppo, perché questo
è un delizioso romanzo che va centellinato nelle sue minime pieghe e
sfumature, alla ricerca – insieme ai suoi personaggi – di una verità
poliedrica e difficile, atta a suggellare, appunto, “il matrimonio delle
anime”.
Grazia Giordani