Recensioni e servizi culturali
Il mostro di Michele Giuttari, Rizzoli
VOGLIA DI VERITÀ SUL “MOSTRO”
Dall’ancora oscura morte di Pacciani agli “uomini ombra”
Se anni addietro ci aveva colpito l’agghiacciante vicenda americana riportata
da Truman Capote nel suo celebre romanzo-indagine “A sangue freddo”,
oggi ci fa ancora più impressione leggere le pagine di Michele Giuttari,
autore de “Il mostro” (Rizzoli, pp.355, euro 18). L’impatto,
per noi lettori italiani è più forte perché i delitti sono
avvenuti in luoghi a noi vicini e più conosciuti – tra il 1974
e il 1985 – nei dintorni di Firenze e inoltre va da sé che questi
“thriller verità”, proprio perché specchio di fatti
realmente accaduti e non frutto della fantasia di un giallista, creano un interesse
più acceso, addirittura morboso.
“Ho scritto l’incontrovertibile verità investigativa su un’indagine
di polizia per molti versi unica al mondo: i delitti del mostro di Firenze”
– afferma l’autore di questa anatomia di un’indagine tanto
lunga quanto tormentata, piena di sorprese, di buchi neri e di aggrovigliati
misteri, motivata da una storia di lucida follia, dove il killer sembra materializzarsi
dal nulla,sempre prima della mezzanotte estiva, prediligendo i viottoli appartati,
i luoghi oscuri in cui si rifugiano le coppiette.
Cinquantenne, messinese, Giuttari ha ricoperto incarichi alla Squadra Mobile
di Reggio Calabria per poi dirigere quella di Cosenza. Dal 1995 al 2003 è
stato il capo della Squadra Mobile di Firenze, dove ha dimostrato che i delitti
attribuiti al “mostro” sono stati opera di un gruppo di assassini
e in seguito ha proseguitole indagini organizzando e dirigendo il Gruppo Investigativo
Delitti Seriali. Sul caso trattato in questo nuovo libro aveva già pubblicato
“Compagni di sangue” in collaborazione con Carlo Lucarelli (Rizzoli,
1999).
Leggendo le pagine di questa capillare inchiesta, scritte in una prosa sobria
e forse per questo ancora più coinvolgente, “rivediamo”,
come in un film dell’orrore, le sette coppiette di innamorati massacrate
nei luoghi isolati dove si erano appartate. Due turisti tedeschi, uno dei quali
scambiato per una donna, a causa delle lunghe chiome, incontrano lo stesso terribile
destino. Spesso macabri trofei di parti anatomiche intime vengono asportati
dalle vittime. L’11 settembre 1985 un anonimo scrive ai carabinieri: per
la prima volta emerge il nome di Pietro Pacciani, un contadino già in
carcere per abusi sessuali sulle figlie. Ne segue la sua condanna all’ergastolo
nel 1994, lasciando insoddisfatto il procuratore Pier Luigi Vigna che si dimostra
perplesso riguardo alla possibilità che un uomo “primitivo”e
non certo esperto di chirurgia come il contadino di Mercatale, abbia potuto
agire senza complici. Con la riapertura delle inchieste nel 1996, l’indagine
è affidata a Michele Giuttari che con l’intelligente ostinazione
di un superpoliziotto, esamina i verbali anche nelle pieghe più nascoste,
interroga, mai credendo alle apparenze e alle facili conclusioni di comodo.
E le indagini sapientemente ricostruite e riportate nelle pagine di questo suo
nuovo libro, porteranno alla scoperta e alla condanna dei “compagni di
merende” con cui Pacciani eseguiva le sue nefandezze.. E l’intuizione
più sottile – da parte di Giuttari – è quella degli
“uomini ombra”, degli insospettabili che dirigevano la macabra orchestra
dei delitti su commissione al fine di impossessarsi degli umani “feticci”.
Pacciani muore in circostanze rimaste oscure. Giuttari non demorde, disubbidendo
alle esortazioni di interrompere le indagini. E questo non ci fa meraviglia,
avendo notato dall’inizio alla fine la sua coraggiosa voglia di verità.
Però, non possiamo passare sotto silenzio la sua amarezza conclusiva,
quando afferma: “Il mio tempo è scaduto. Raccolgo in un dossier
tutta l’inchiesta, che contiene l’incontrovertibile verità
investigativa. Il tempo dirà se coinciderà con quella giudiziaria
o, come è già mlauguratamente accaduto una volta in questa vicenda,
le due finiranno per divergere”.
Come a dire che per il nostro intrepido investigatore la verità non è
ancora tutta tornata a galla. L’autore di questa spinosissima indagine
parrebbe non accontentarsi delle mezze verità. Pacciani è realmente
morto d’infarto o è stato ucciso da chi temeva sue compromettenti
rivelazioni? La verità giudiziaria potrebbe ancora essere contraddetta
da quella investigativa? Gli interrogativi restano a mezz’aria e solo
al tempo è concessa facoltà di maggior luce sui fatti.
Grazia Giordani