Recensioni e servizi culturali
Il sito di Angelica di Russel Hoban, Guanda
CLICCANDO SOPRA L'IRONIA DI UN UOMO CHE HA PERSO LA SUA "VOCE
INTERIORE"
Se l'ingrediente precipuo che cercate in letteratura e vita è l'ironia,
"Il sito di Angelica" (Guanda), uscito dalla penna di Russel Hoban,
nella spumeggiante traduzione di Giovanni Garbellini, è il vostro libro.
Nato nel 1925 a Philadelphia da genitori ebrei immigrati dall'Ucraina, l'autore
porta nella pagina tutto l'humour proverbiale della gente appartenente al suo
ceppo, con l'aggiunta di una vena surreale, sostenuta da "una scrittura
di straordinaria energia, asciutta e appassionata al tempo stesso", come
è stato autorevolmente sottolineato da buona parte della critica che
lo ha inoltre definito, a buon diritto, "una voce assolutamente fuori dal
coro".
Dopo aver insegnato arte a New York e nel Connecticut, nel 1958, Hoban ha cominciato
a pubblicare libri per ragazzi. Il suo primo romanzo "Il topo e suo figlio",
è uscito nel 1968. Fra gli altri titoli pubblicati in Italia, ricordiamo
"La ricerca del leone", "Diario della tartaruga" e "Il
pellegrino".
Il dramma del protagonista, Harold Klein, è quello di aver perso "la
sua voce interiore", quel censore nascosto dentro le pieghe del nostro
intelletto che ci impedisce di dire a voce alta, parole improvvide, che ci fornisce
un filtro tra frasi soltanto pensate e frasi dette, o meglio dicibili senza
correre il rischio di prendere ombrellate in testa, o calci negli stinchi, da
chi non gradisce un'inadeguata sincerità.
Storico dell'arte - guarda caso, proprio come l'autore del romanzo, e a lui
vicino nell'età -, il nostro Klein vive i suoi settantadue anni con una
certa dignità, nonostante i tre by-pass, l'angina e acciacchi sparsi,
afflitto da malanni spirituali non inferiori a quelli fisici, ovvero dai tormenti:
classici della solitudine che affligge l'età non più verde. Il
nostro critico d'arte ha perso da molti anni Hannelore, la moglie depressa che
ha messo fine ai suoi giorni con un suicidio; e i ricordi ritornano frequenti
a trovarlo, nel corso delle narrazione.
Una vita, quella di Klein, non precisamente costellata di bei momenti - come
si suol dire - , anche se intenerisce in maniera particolare un ricordo legato
appunto alla moglie "quando Hannelore e io andammo alla Royal Festival
Hall per "Die Schopfung"" - dice l'anziano personaggio, in una
seduta psicoanalitica, ricordando Von Karajan che dirigeva l'orchestra e la
musica sublime di Haydn che tanto lo affascinava e coinvolgeva a quel tempo.
Quelli delle sedute da analisti e psichiatri sono forse i capitoli più
divertenti del romanzo, con le manie - da parte dei terapeuti - di trarre diagnosi
e conseguenti rimedi dalla lettura di macchie d'inchiostro o altri particolari
esilaranti che è difficile riassumere per il lettore. Del resto tutto
questo romanzo non è riassumibile, così costellato di situazioni,
flash psicologici e gag, immerso in quel tipo di assurdo che può essere
solo letto nell'originale, e che perde molto nell'essere raccontato.
Oppresso dalla privazione della sua voce interiore, il protagonista, un notte
si imbatte in un sito pornografico: "La grotta di Angelica". Inizia
quindi a chattare con la donna misteriosa che diventa l'oggetto del suo desiderio.
Da quel momento il suo fiacco tran-tran vitale è abitato da ospiti imbarazzanti
virtuali o reali, in un viavai che forse non è la migliore delle cure,
per un cardiopatico non propriamente di primo pelo.
Un' insolita danza volteggia nella vita di Klein: Angelica si fa sempre più
ammiccante dai recessi della sua "cybergrotta"; Melissa non è
da meno, con tutto il suo da fare per trovare attempati finanziatori del suo
sito e per la sua ricerca scientifica, non precisamente per educande; Lesile,
il nero superdotato, offre performance a luci rosse. La presenza più
inquietante continua ad essere, comunque quella di Oamnes - quasi un alter ego
del protagonista, un'entità viscerale, che esce da un dipinto di Odilon
Redon - paradigma degli impulsi più nascosti e inconfessabili del vivace
Harold che, per essere anginoso e malconcio in salute, ci appare pur sempre
pieno di vitalità.
Questi personaggi veri o virtuali del suo nuovo esistere lo trascinano in una
ridda di avventure e disavventure pepate e non, spesso umilianti, a cui fa da
controcanto una Londra metafisica e pazzesca, descritta sempre con conseguente
ironia dall'abile penna di Russel Hoban, instancabile indagatore del rapporto
uomo donna.
Grazia Giordani