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Interviste 1989-2000 di Alain Elkann, Bompiani

ENTRARE DALL'"A" ALLA "ZETA" NELLA VITA DI CELEBRI INTERVISTATI
Undici anni di vite celebri messe allo scoperto. Amori, passioni segrete, tic, manie, debolezze di protagonisti della politica, dello schermo piccolo e grande, del mondo delle lettere e della moda, questo è l'argomento delle "Interviste 1989-2000" (Bompiani), espresse dalla penna sorniona di Alain Elkann, tratte da quotidiani e riviste, rigorosamente catalogate in ordine alfabetico, perché il lettore possa comodamente entrare dall'A alla Zeta nella vita degli intervistati.
Chi si accosta al corposo volume immediatamente si accorge dell'abilità dello scrittore-giornalista nel far parlare l'intervistato senza incalzarlo, senza stargli col fiato sul collo, senza obbligo - sembrerebbe - quasi che il suo stile leggero e "lunare", in sintonia con il suo aspetto, non avesse nulla di pressante o fastidiosamente invadente.
Ed è così che la gente parla e ti dice, anche se è a sua volta del mestiere e ne conosce trappole e tranelli. A tutti o quasi (c'è sempre qualche Cuccia a fare eccezione alla regola!) piace o piacerebbe parlare di sé, cercando di dare un'immagine gratificante o pittoresca e il più possibile accattivante della propria personalità.
Conosciamo così i gusti letterari controcorrente di Indro Montanelli, da sempre appassionato di storia, grande estimatore di scrittori-giornalisti americani, quali Capote, Hemingway, Dos Passos, Steinbeck. Ama i biografi inglesi; trova i francesi "gallocentrici"; tra i pensatori ritiene Voltaire basilare; odia Sartre; non condivide il culto di Manzoni; "Dante è l'unico che abbia una visione cosmica importante, popolata di suoi malumori. A me, se devo essere sincero, piacciono di più Boccaccio e Cecco Angiolieri, sono più veri. Mi piace moltissimo anche Rabelais. Sarà taverna, ma è taverna viva".
E dalle domande di Elkann esce lo stile ancora una volta spiritoso ed epigrammatico di Enzo Biagi (che ha deciso di diventare giornalista perché a tredici anni ammirava la valigia di un inviato speciale con tante etichette di alberghi; e che ha visto cambiare il mondo attraverso gli annunci economici: "Una volta c'erano le illibate che cercavano marito, basta che fosse uno statale, adesso ci sono le hostess e le accompagnatrici che chiedono minor impegno"), non disgiunto - questo stile - da note tenere di nonno affettuoso e pieno di voglia di stare con i nipoti.
Incontriamo un Maurizio Costanzo "possessivo" negli affetti e negli amori; antisportivo al punto da pensare che la ginnastica non faccia bene; "umanamente differente da Vittorio Sgarbi: lui è molto presenzialista, io no. La gente mi vede in televisione, ma non deve vedermi nei salotti e nei ristoranti".
Sabrina Ferilli ci comunica di cercare l'amore "dandone tanto e sperando che venga ridato", persuasa di avere successo in quanto corredata di "testa e fisico" (beata lei!!!ndr); Alba Parietti - parrebbe più modesta -, certamente più furba, in quanto afferma di essere una donna di successo perché ama stare con i perdenti.
Gene Gnocchi rischia di convertirsi, diventando serio.
Paolo Conte trova la nostra epoca "tanto interessante quanto equivoca".
Giuliano Amato - a proposito del soprannome di "dottor sottile" - ritiene che abbiano costruito un'immagine che non gli corrisponde. "Chi non mi conosce potrebbe pensare che sono freddo e calcolatore e che passo il tempo a tessere trame intellettuali, cose non vere".
Maria Gabriella di Savoia pensa che gli italiani non sarebbero ostili ad un loro ritorno in patria "perché non c'è assolutamente un pericolo politico. Del resto sarebbe stato un bel gesto lasciare che mio padre venisse a morire in Italia".
Vittorio Sgarbi non è un vitellone, però "ha il senso della vitalità espansiva". Si differenzia da altri amanti celebri, perché "Casanova era appassionato delle donne. Io sono più appassionato del divertimento come don Giovanni - dice - . Io non voglio sedurre le donne, ma mi piace la vitalità. Quando volevo sedurle, parlavo di loro, adesso sono troppo noto e quindi sono diventato passivo. Non posso più dire a una donna "ti amo"".
Settecentotrentatre pagine di interviste sono in sostanza un maxi-affresco del pensiero e delle consuetudini - a volte schiettamente espresse, a volte caricate o diminuite - degli "eminenti" della nostra società, delle persone che appaiono in primo piano per importanza socio-politica, per censo, per cultura o, semplicemente, perché il loro nome fa spettacolo, è di moda e incuriosisce la gente.
Per entrare nel voyeurismo del lettore, dobbiamo essere a nostra volta un po'voyeur. Ed Elkann non fa eccezione, affermando egli stesso, nelle pagine iniziali di autoinrervista, a cura di Elisabetta Sgarbi, di aver appreso, agli inizi della professione, che intervistare gli era congeniale, in quanto "significava entrare nella vita degli altri, vedere dove vivono, se c'è odore di cucina in casa loro, se sono in mutande o in doppiopetto, se sono spavaldi o non lo sono (…). C'è tutto un rituale, una regola, molto importante nel ritmo delle interviste - afferma più oltre il giornalista -, la gente adora parlare di sé, allora parla parla parla e tu dici: "Grazie". Solo tu decidi quando l'intervista finisce"
A giudicare dalle sei fitte pagine dell'autointervista, nemmeno Elkann ha fatto eccezione alla regola del piacere ricavato,dal parlare volentieri e a lungo di sé…

Grazia Giordani

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