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L'ombra dello schermo di Piergiovanni Permoli, Pietro Chegai Editore

Uno dei grandi pregi de L'ombra dello schermo, il saggio di Piergiovanni Permoli sul cinema degli anni Trenta - uscito per i tipi dell'editore Pietro Chegai -, è proprio quello di essere atipico, di non possedere le caratteristiche paludate del saggio classico affollato di note e di glosse, ma di mantenere un habitus confidenziale, quasi che l'autore - cinefilo doc -, avesse avuto, negli anni ruggenti della sua giovinezza, l'uso di portarci con sé al cinematografo e che adesso facesse il punto, commentandoli per noi, sui film gustati insieme.
Dentro questo squarcio di storia del cinema che privilegia la Francia del '35-'36 della stagione del Fronte Popolare, l'Italia del Ventennio, con registi della statura di Alessandrini, Blasetti, Gallone e Camerini e l'America della crisi del '29 e in seguito del New Deal, noi incontriamo, stampata a chiare lettere la personalità dell'autore, la sua formazione letteraria, direi il suo temperamento e persino la sua ideologia politica.
Nel buio della sala siamo seduti accanto alla sua seggiola a cogliere le suggestioni provocare dalle figure che si susseguono sullo schermo, ammaliati dalle musiche, dalle voci, ma soprattutto da quel canto del passato che spesso il ricordo muta in melodia.
Non ricaviamo però soltanto sensazioni nostalgiche dalla lettura di questo libro, perché Permoli ha il grande merito di sottolineare come il cinema, lato sensu, debba essere considerato una reale chiave di conoscenza, attribuendogli una valenza scientifica pari ad altre discipline, erroneamente ritenute di pregio maggiore. Bergman, Fellini, Carné - solo per prendere tre nomi di grandi a caso -, non sono certo di serie B, rispetto a scrittori, storiografi o poeti: la loro è letteratura per immagini, parlata e suonata, ma non per questo di pregio inferiore.
Essendo io donna - e volendo lasciare spazio ai relatori fiorentini per un'analisi più organica e dettagliata dell'opera che andiamo esaminando -, ho pensato di porre l'accento soprattutto sull'universo femminile a cui ha dato partecipe spazio il nostro saggista-quasi romanziere.
Per quanto riguarda il cinema francese, in questo nostro excursus al femminile - diamo uno sguardo ad Arletty - nom de scène - di Léonie Bathiat, scomparsa novantaquattrenne nel luglio del '92. È stata la grande interprete di Les enfants du paradis, film di toccante valore in cui Carné e Prevert hanno sublimato il mito di Eros kaì thànatos dove - scrive Permoli - "la morte e la vita, l'amore e il dolore, l'immaginazione e la realtà, la fatalità e il pessimismo, caratteristiche ricorrenti e peculiari della poetica di Carné e Prévert, vengono rievocati sul filo di una storia - l'amore di Debureau per Garance[...]; ed è proprio "Garance-Arletty - prosegue più oltre l'autore - che trionfa e s'impone sugli altri, conquista il cuore, l'anima, gli occhi dello spettatore.[...]Garance è Parigi stessa prosegue il nostro critico cinematografico - nei suoi amori e nei suoi odi, nelle sue vicende di rutilante e fantasmagorico teatro, dove il crimine può andare a braccetto con le astrazioni superbe di un Pierrot lunare che ha il viso scavato e tormentato del mimo Debureau".
Sempre restando in Francia, un'occhiata è doverosa alla"splendente Michèle Morgan - scrive l'autore - con il suo basco verde, fasciata da un impermeabile lucido, nero su cui scorre la pioggia". Anche la maliosa Michèle è dunque il simbolo di un'epoca, la voce intensa dell'infelicità che si fa struggente e brumosa poesia.
Con un balzo geografico e temporale, se ci trasferiamo in Italia, incontriamo le grandi del Ventennio : Alida Valli, Clara Calamai, Doris Duranti, Maria Denis e Assia Noris, le dive del momento. "Ci sono attrici - sottolinea l'autore - che, per fatalità o per un gioco fortuito del destino, si sono trovate ad indossare le vesti di "star", di "dive", alcune con convinzione, altre con mera consapevolezza. A parlare di loro, della loro vita di attrice e anche di donna con gli inevitabili amori, passioni, sofferenze, dolori, spesso si cade nel colore, nel costume, nella più vieta aneddotica. Di Doris Duranti, all'indomani della sua scomparsa avvenuta nel marzo del 1955 a santo Domingo, si è scritto troppo: che era stata l'amante di Alessandro Pavolini, il duro, intransigente segretario dell'ultimo fascismo". Alida valli ci sembra meritare, agli occhi del nostro critico, la palma di "attrice italiana che più delle altre ha impersonato lo spirito del cinema italiano dagli anni Trenta ad oggi, offrendo al pubblico un'intensa gamma di atteggiamenti e di ruoli. Alida Valli - sottolinea Permoli - conquistò il cuore, l'anima dei suoi fedelissimi spettatori, indubbiamente con particolare preferenza da parte delle generazioni più giovani, per la sua personalità. [...] La valli faceva anche storia del costume: la pettinatura alla Valli, gli abiti, i cappelli".
Il nostro autore che tutta la vita ha sostenuto: "Sono nato e vissuto in minoranza sia nelle scelte personali che pubbliche" e proprio alle attrici minori, ha dato largo spazio nella sua opera critica, sottolineando anche la valenza di attrici comprimarie o che hanno comunque impersonato ruoli di minor spessore, quali: Mariella Lotti, Lilia Silvi, Elisa Cegani, solo per citarne tre tra quelle che Permoli ricorda con puntuale citazione di date, titoli dei film e nomi dei registi.
Un volo in America ci conduce tra le braccia di Ford ed è qui che troviamo la grande Katharine Hepburn e la bellissima Dorothy Lamour e la rossa Maureen O'Hara. ED è qui che incontriamo anche il mito del West, ovvero di una "specie di odissea moderna della quale il protagonista è di volta in volta il cacciatore, il pioniere, il soldato, il cowboy, lo sceriffo e Itaca una qualsiasi città che vive un'esistenza effimera, breve, tra saloon, chiesa, corral, ove avvengono sfide infernali che fanno la storia e la leggenda dell'Ovest".
Non possiamo passare sotto silenzio - in questo nostro rapido sguardo all'indietro - attrici del valore di Barbara Stanwych - Femmina di lusso del cinema americano, eternata da Frank Capra - o Claudette Colbert che in coppia con Clark Gable interpreterà Accadde una notte.
Ginger Rogers, con il suo inseparabile Fred Aster, ci trascinerà in un indemoniato tip tap e - per colmo di gioia incontreremo la frizzante Cyd Charisse. Non solo danze, ma anche amori che possono accendersi sotto i cieli parigini oppure nelle strade newyorkesi, quello che conta è che non si perdsa la fiducia nell'avvenire.
Non vorremmo perderci Myrna Loy, regina della "commedia sofisticata" e Carole Lombard e Joan Crawford, e nemmeno vogliamo perderci gli occhi viola di Ida Lupino. Uno sguardo speciale dobbiamo dedicarlo alla divina Greta Garbo."Il suo volto dalle linee perfette - scrive l'autore - quasi levigato, poteva apparire nei numerosi primi piani che occupavano lo schermo - quasi glaciale, ma poi si apriva, improvvisamente, al sorriso, alla tenerezza dello sguardo".
È proprio con la "divina". La più ammaliante fra tutte, che voglio chiudere questa mia rapida corsa dentro le pagine del saggio, e sono costretta a farlo, perché sta tornando la luce in sala, lo schermo è tornato candido, lo spettacolo è finito. Adesso possiamo solo ricordare.

Grazia Giordani

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