Recensioni e servizi culturali
L'onore delle armi di Alessandro Tamburini, Bompiani
RICALCANDO LA VITA DEL PADRE
Pellegrinaggio africano dell'autore
L'ultimo romanzo di Alessandro Tamburini L'onore delle armi, uscito per
i tipi di Bompiani, per qualche analogia o meglio associazione di idee, ci richiama
alla mente un raffinato film di Bertolucci : La strategia del ragno,
in cui un figlio alla disperata ricerca della figura paterna, intesa nel suo
vissuto, trova ben altra realtà.
Già la sovraccoperta del libro con Ulisse e Polifemo di Alberto
Savinio ci predispone ad accogliere nel profondo il pellegrinaggio del protagonista,
volto a "[...] seguire le tappe del percorso di mio padre, - dirà
- a cercare luoghi capaci di evocarci la sua immagine. Mi pare di non avere
altra via per uscire dal cono d'ombra che la sua vita ha proiettato sulla mia".
La penna si Tamburini "abita" - con abilità scabra e suggestiva
che mai indulge a compiacimenti retorici - il passato della figura paterna,
vorrebbe penetrare il suo segreto, entrare dentro una vita che il protagonista
ha creduto eroica, scoprendo invece soltanto il vissuto dignitoso e paziente
di un soldato che ha saputo accettare i propri umani limiti con fedeltà
rassegnata al proprio destino, senza abbandonarsi a drammi inutili, pronto a
fare "dell'onore delle armi l'uniforme d'ordinanza della propria vita adulta".
Da qui nasce l'imput per il pellegrinaggio in Eritrea, sullo sfondo mirabilmente
descritto, di terre sassose e tragiche di disperata bellezza Elvio, cerca affannosamente
il padre e la sua guerra perduta nel costante parallelismo dell'Africa del 1941
- epoca della fine del breve sogno coloniale fascista - e della stessa terra
di oggi, fatto di miseria e di sfruttamento, di personaggi violenti e ambigui
ora assurti alle massime cariche di governo.
Fin da bambino, il protagonista aveva ascoltato affascinato la narrazione delle
gesta del padre e se ne era creato un mito. Ora non è più tempo
di accontentarsi di vicende narrate, Elvio - fattosi adulto - vuole leggere
i fatti con i suoi occhi. È giunto il momento di approfittare di un contratto,
offertogli dalla Cooperazione Internazionale, di trasferirsi in Eritrea con
l'incarico di potenziare un piano di rinascita dell'agricoltura distrutta dalla
guerra contro l'Etiopia. Il pretesto è opportuno - in un momento in cui
le sue difficoltà esistenziali e private appaiono pressanti -, per ripercorrere
a cinquant'anni di distanza il cammino del padre, alla ricerca dei motivi di
charme che - ai suoi occhi di bambino - uscivano dai racconti delle sue
imprese di guerra.
Se cade il mito eroico - in questo romanzo di intensa vis psicologico-esistenzialista
-, nasce nel protagonista, contagiando fortemente il lettore, una consapevolezza
nuova e forse più preziosa, perché umanamente più valida
e costruttiva : quella della pazienza, fatta di dignitosa rassegnazione al soffrire
quotidiano ; una specie di eroismo minore, di natura non altisonante, un eroismo
in sordina, carico di silente significanza. E' proprio dalla storia del padre
non conforme ai ricordi d'infanzia, che uscirà un senso, una motivazione
etica che sorregga l'esistenza di chi non ha combattuto una guerra reale, ma
vive la guerra dell'esistere irto di quotidiane difficoltà.
Elvio sente la forza del paradigma paterno e comincia ad imitarlo cercando di
riannodare il filo dei rapporti interrotti con la moglie e il figlio da cui
si è allontanato, in sintonia con l'esortazione che gli viene anche dagli
emblematici versi di Ingeborg Bachmann che l'autore ha messo in esergo al romanzo
: "La guerra non viene più dichiarata/ma proseguirà : L'inaudito/è
divenuto quotidiano :L'eroe/resta lontano dai combattimenti. Il debole/è
trasferito nelle zone del fuoco./la divisa di oggi è la pazienza,/medaglia
la misera stella della speranza, appuntata sul cuore".
Grazia Giordani