Recensioni e servizi culturali
La bestia nel cuore di Cristina
Comencini, Feltrinelli
L’ETERNO INTERROGATIVO SULL’AMBIGUITÀ
CHE VIVE IN NOI
Molti grandi romanzi sono stati ispirati all’autore da fatti di cronaca
(Flaubert per la sua Madame Bovary; Tolstój per Anna Karènina,
Dostoevskij per Delitto e Castigo), quindi non ci meraviglia leggere l’ammissione
di Cristina Comencini, ispirata da «un trafiletto su un giornale»
che parlava di infanzia violata, da cui ha tratto spunto per il suo nuovo libro:
La bestia nel cuore (Feltrinelli). Un romanzo assai complesso, che si presta
a molteplici chiavi di lettura, questa storia di coppie etero ed omosessuali,
espressa con la tecnica di un copione da film, con i flash back e le zumate
che un bravo regista (quale l’autrice, figlia d’arte, in effetti
è) sa porre in atto, in maniera dinamica e coinvolgente.
Sabina è una doppiatrice cinematografica che vive sulla sua pelle, adeguandovisi,
tutte le ambiguità e persino il mobbing di quel mondo abbastanza torbido
e lascivo.
Franco, il suo compagno, un attore di talento, sembra aver trovato, inaspettatamente,
un adeguato interlocutore in un regista televisivo che dà segno di credere
in lui
Il romanzo ha un incipit sconvolgente, espresso con linguaggio volutamente scurrile:
è la scena di stupro che Sabina, la protagonista, sta doppiando.
Un modo, questo, da parte dell’autrice, di farci entrare subito nella
pienezza violenta della narrazione, metafora della violenza latente, della bestialità
sotterranea che – secondo la sua visione filosofico-letteraria –
sembra vivere nel profondo della psiche umana.
Un sentimento non appagante, secondo i canoni tradizionali dell’amore
inteso un tempo come totalizzante e simbiotico, sembra unire i due personaggi
principali. E a questo proposito, nel corso di un’intervista, è
proprio l’autrice a puntualizzare: «Nel romanzo mi interessano soprattutto
queste coppie nuove. Vagano alla ricerca di una rifondazione, cercano le ragioni
profonde, non più decisioni automatiche per scegliersi, fare i bambini,
sposarsi, amarsi, essere fedeli. Si sentono coscienti dei limiti, delle loro
debolezze, ma vorrebbero dare il loro apporto alla continuazione della specie
umana. Vogliono amarsi ad occhi aperti e così è molto più
difficile.»
Quando Sabina resta incinta, preferisce mantenere il silenzio sul suo stato,
rifugiandosi a passare il Natale in America, dal fratello Daniele, cattedratico
di lingue classiche. Niente è scritto a caso nelle pagine della Comencini,
perché la “classicità” – con frequenti richiami
omerici e alla tragedia greca - ha uno spazio essenziale nel suo romanzo, dove
il Fato grava sull’uomo come un’ombra sinistra e perenne, così
come tenebrosa e ineluttabile è la “bestia” che portiamo
nel cuore, quell’indomito animale, tanto più pericoloso, quando
appare addormentato.
Durante l’assenza della compagna, va sottolineato come Franco non esiti
a concedersi un divertissement amoroso con la giovane Anita. La “memoria
accecata” di Sabina, perseguitata freudianamente in sogno, troverà
chiarezza nelle rivelazioni del fratello che le farà capire che l’ineccepibile
padre professore aveva una doppia personalità: severo di giorno e dedito
ad abusare dei due figli la notte, con il complice silenzio materno. Naturalmente,
queste terribili rivelazioni creano traumatici esiti nella memoria dolorosamente
risvegliata della giovane donna.
La sua cecità di ingenua bambina sembra trovare il metaforico parallelo
nella cecità reale dell’amica Emilia, a lei legata da una profonda
(e unilaterale) passione omosessuale. In questo romanzo sembrerebbe che il sentimento
vero possa nascere solo fra donne, soprattutto nel procedere dell’età,
quasi una pietas, una solidarietà intensa, attuabile solo fra appartenenti
allo stesso sesso. Vedasi l’amore consolatorio che Emilia troverà,
successivamente, in Maria, l’amica tradita da un marito seduttore della
giovane amica della figlia. Uomini, dunque, sempre meno capaci d’amore
delle donne – secondo la visione dell’autrice – meno appassionati,
meno fedeli, quando non addirittura pedofili o stupratori.
Sabina diventa il fulcro di un groviglio amoroso, un vero viluppo di sentimenti
teneri e bestiali, come pura e lasciva può essere la vita, quella di
adesso e del passato della sua famiglia, di molte altre famiglie. Si pone laceranti
interrogativi sulle ambiguità complesse dell’amore, dell’anomalia,
della trasgressione, dell’attrazione, del desiderio. Sembra confusa, amareggiata.
Ma un abile coup de théâtre dell’autrice sa regalarci un
finale che – se non è proprio un classico happy end - almeno non
ci lascia l’amaro in bocca.
Grazia Giordani