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La compagnia delle donne di Khushwant Singh, Neri Pozza

CONFESSIONI E FANTASIE DI UN CASANOVA INDIANO
Leggendo "La compagnia delle donne" - ultima fatica letteraria di Khushwant Singh, che l'editore Neri Pozza ha portato in Italia per noi, nella pregevole traduzione di Francesca Diano -, non sappiamo se invidiare o compiangere il protagonista dell'avvincente romanzo erotico: Mohan Kumar, fisicamente prestante, colto, laureato a Princeton - quindi con un passato di studi americani che in Oriente fa molto colpo -, membro di tre club esclusivi, giocatore di golf, uomo dai lauti guadagni.
Ci sarà chi lo ammira per l'eterogenea galleria di donnine che ha abitato il suo letto, ma non mancherà chi prova pena per la sua solitudine interiore - tanto devastante da portarlo alla drammatica fine -, una irrequietezza che gli viene forse anche dal contrasto tra forme di vita non sue, acquisite negli anni di permanenza negli States, e un "modus vivendi"della sua terra d'origine che ormai, intimamente, non gli appartiene più.
Sarebbe troppo ovvio fare dei facili accostamenti autobiografici, pensando al fatto che lo scrittore - tra i più famosi e venduti in India (nato nel 1915 a Badali, nel Punjab) - con un retroterra di studi al King's College di Londra, ormai abbondantemente ottuagenario, non abbia esitato a mettere parte del suo vissuto nel romanzo. A trattenerci da questa ovvietà sono proprio le dichiarazioni che l'autore stesso esprime nelle note iniziali, per cui: "Quando un uomo invecchia - dice - i suoi istinti sessuali migrano dal corpo alla testa. Ciò che avrebbe voluto fare da giovane, ma che non ha fatto per la tensione nervosa, per mancanza di corresponsione o di occasioni, ora lo fa nella sua mente".
Attorno a Mohan - il protagonista - che incontriamo quarantaduenne, più che affermato socialmente, con già alle spalle un matrimonio combinato, in naufragio - e salutiamo in libertina vecchiaia, ruota un mondo quasi esclusivamente al femminile, se si esclude la figura paterna del personaggio principale. Ben descritta la figura mutevole e un po' "gâté", di Sonu, la moglie divenuta bisbetica e arrogante, da allegra ed entusiasta, come ci era apparsa, nell'incipit della narrazione.
Cosa induce un uomo così attraente, per aspetto fisico e per successo sociale, a rivolgersi agli annunci sui quotidiani, al fine di incontrare una "relazione libera da obblighi e da vincoli reciproci. Se interessate inviare foto e dati personali. Casella Postale…"?
Non solo la solitudine creata, nella lussuosissima casa, dal divorzio, con conseguente allontanamento dei figli, ma anche e soprattutto una vis trasgressiva che da sempre abita il temperamento e i sensi di un uomo irrequieto, che si annoia nella ripetitività delle azioni, avido di esperienze nuove e di sesso sfrenato.
E così vediamo l'intemperante padrone abbondantemente toccare l' "intoccabile" (così definita per gerarchia di casta), donna delle pulizie; a cui farà seguito un vero corteo di propense all'amplesso che va dalla minuta e non propriamente sexy - secondo i canoni comuni - Saroijni, insegnate d'inglese, dagli ardori di fuoco, nascosti sotto un perbenismo e una compostezza apparenti, descritta dall'autore anche con qualche compiacimento ironico, alla massaggiatrice di Goa - Molly Gomes - forse la maggiormente rimpianta dal vigoroso Mohan, che trova nella simpatica compagna una rara maestra di sublime sensualità; a Sue, meno travolgente, ma pur sempre gratificante seduttrice dello Sri Lanka. Tanto per non farsi mancare nulla, il superdotato amatore non si è privato, a suo tempo, nemmeno di Yasmeen, la matura pakistana che - incredibile, ma vero! - ha avuto molto da insegnargli e di Jessica Browne, l'americana aggiornatissima sui segreti della carne.
L'epilogo - dopo tanto svolazzare di letto in talamo - è molto triste: l'HIV per gli incauti, anche se in età senile, è pur sempre in agguato e Mohan - dopo aver redatto un saggio testamento ("…il primo legato sui suoi beni riguardava cinquantamila rupie in denaro liquido da consegnare alle persone che lo avevano servito con fedeltà: il cuoco, il cameriere, l'autista (…) poi c'era Villa Ranijr, che aveva promesso a suo figlio; decise di lasciare la casa in parti uguali al figlio e alla figlia"), con divisione salomonica di tutti i suoi beni, non esclusa la sua attività di lavoro, gioielli ed automobili, si affida a trenta pillole fatali, incapace di sopportare le critiche e la condanna del mondo.

Grazia Giordani

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