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La revoca di Luca Doninelli, Garzanti

LA FATICA DI VIVERE SCRITTA NELLE "FERITE DEL PRESENTE"
Non ci sentiremmo di contraddire la "signora Gina" - uno dei personaggi della Revoca, intrigante fatica letteraria di Luca Doninelli, pubblicata da Garzanti -, quando afferma che nella storia della vita del protagonista del romanzo ci sono "troppi morti". Ma dobbiamo anche rilevare che alla severa signora sfugge il fatto che i morti, così ossessivamente presenti nel corso della narrazione, in realtà offrono al lettore solo brevi flash, bruni lampi funebri della loro fine, poiché - minuziosamente narrato - è soprattutto il loro cammino esistenziale.
Ci troviamo vis-à -vis con un uomo che, all'improvviso, è preso "dall'orrore di se stesso" e che ritiene ormai insopportabile la propria infelicità, intesa come fatica di esistere e che - al pari di un eroe kafkiano - decide che giustizia deve essere fatta, seguendo il proprio corso. Il primo passo è dunque quello di allontanarsi dalla bellissima moglie, di cui vede - in una rivelazione improvvisa, "il lampo carnefice, come di lama di coltello, lo sguardo da cagna, l'allegria di quando si è trovato finalmente la preda. Sì, mi ero trasformato in preda, d'ora in avanti lei sarebbe stata la mia persecutrice". Eppure, questo uomo tormentato, dalla personalità aggrovigliata, continua a sentire il fascino sensuale della compagna che sta abbandonando, ("quello sguardo così trasognato a bella posta, elegante e fresca (...), il collo roseo, disegnato dalla mano di un figurinista..."), pur restando costantemente in compagnia di un passato che ostinatamente gli resta incollato addosso, come una seconda pelle. Gli restano appresso, anzi gli suonano dentro, come rintocchi di un orologio inesorabile i martellanti interrogativi sul significato dell'esserci e del non esserci, del rapportarsi con se stesso e con gli altri, guardando al passato e la futuro, pur radicati nel presente, con dolorose radici di sangue, che riportano a galla il nonno del protagonista, i genitori, e soprattutto Maria, l'enigmatica, amatissima sorella, finita donna di strada.
L'abilità - e non è la sola - di Doninelli è quella di non banalizzare mai, esprimendo temi così forti in un linguaggio scabro, da cui trasuda maschia sincerità, pur tuttavia non privo di rapide vene liriche (un mazzolino di fiori presenta "piccoli occhi gialli e turchini nell'ombra delle mani") che l'autore sembra esprimere quasi nonostante se stesso, tanto è lontano da orpelli esornativi e preso soltanto dallo strazio esistenziale.
Sono pagine scagliose, irte di aculei che si conficcano nell'immaginario di chi vi si accosta con febbrile interesse - queste di Doninelli - già vincitore del Premio Selezione Campiello, uno dei giovani scrittori italiani più interessanti e originali che per la Garzanti ha anche in catalogo i volumi : Le decorose memorie (Premio Grinzane Cavour Narrativa Italiana), La verità futile e Talk Show.
Il motivo dominante della filosofia dell'autore ci appare confermato dalle stesse dichiarazioni che Doninelli ha esposto nel corso del recente convegno tenuto a Forlì sul tema "Spazi e confini del romanzo". Lo scrittore, in questa occasione, ha espresso senza indugi il suo "credo" artistico. "Altri potranno svolgere più proficuamente il tema su forma-romanzo, io vedo la letteratura come conversazione, come qualcosa che interessa me stesso e il famoso "ipotetico altro". Perché parlo del presente? Senza quella ferita interiore non avrei parole da offrire".
La revoca è in effetti una "conversazione", non certo una causerie salottiera, ma un'indagine sofferta e caparbia sui temi fondamentali della vita e sulla sua "bellezza", sul tema dell'amore che al protagonista del romanzo appare come "una favorevole circostanza esteriore scambiata poi - disonestamente - per forza interiore". Ma Doninelli non afferma mai nulla in maniera assiomatica, perentoria; pone piuttosto a se steso e al lettore, promosso supponiamo a "ipotetico altro", quesiti sul senso dell'esistere, sul rapporto con il prossimo e il lontano, lontano al punto dall'abitare l'Oltretomba, non avendoci mai però abbandonati del tutto, vivo come continua ad essere nella forza del ricordo.
L'epilogo del romanzo apre spazi alla speranza, il protagonista sembra essersi riconciliato con se stesso e con il suo passato: "Adesso tornavo, anche se erano tutti morti".

Grazia Giordani

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