Recensioni e servizi culturali
La sposa messa a nudo di Anonima, Guanda
GUARDATEVI DALLE “BRAVE MOGLI”!
Sembrerebbe una brava moglie, la trentacinquenne, londinese, tutta
compresa dal suo nuovo ruolo coniugale, molto attaccata al suo Cole –
restauratore di tele antiche – col bisogno di una famiglia stabile e col
desiderio di sicurezze che nutrono in cuore i figli di genitori divorziati.
Sì, sembrerebbe, dicevamo, perché quando la “mogliettina”,
protagonista del romanzo erotico (e qui dovremo fare un lungo distinguo tra
erotismo e pornografia) - «La sposa messa a nudo» di Anonima, per
i tipi di Guanda, ben tradotto da Eva Kampmann – scopre l’infedeltà
del coniuge con la sua migliore amica, la vendetta erotica scatena in lei un
fuoco da incenerire la pagina, sotto gli occhi del lettore.
Premettendo che potrebbe essere più stimolante un testo non scritto con
la precisa intenzione di erotizzare, e che raggiungere la forza in tal senso
– se scrittori dello specifico genere si è deciso di essere –
non è da tutti, se non ci si chiama almeno Anais Nin, riteniamo che l’Anonima
abbia fatto più che bene a restare tale, anche perché non ci appare
originalissima la sua storia di moderna Bovary, arricchita di sconcezze, scritta
a bella posta per titillare la curiosità di una certa fascia di lettori,
anche se – al giorno d’oggi – nessuno ormai si meraviglia
più di nulla.
«Sei rimasta reclusa per tanto tempo, la brava insegnante, la brava amica,
la brava moglie. (…) Le tue fantasie non sono mai filtrate nella tua vita
reale. Ma adesso, mentre sei sola nel tuo letto, l’occasione sta bussando
alla tua porta». E, quindi, diamoci giù a più non posso
di penna - sembrerebbe dire a se stessa la nostra Anonima – e mettiamo
nero su bianco sesso a go go, in un diario sotto forma di “lezioni”
(come se insegnassimo a fare il ragù o esercizi di yoga), per il considerevole
numero di centotrentotto, sovrastate da adeguati titoli. Ciascuna descrive un
incontro, di che tipo lo sappiamo già.
Da quando ha fatto la dolorosa scoperta, Anonima capisce che la sua vita deve
cambiare registro, che tutto quello che ha fatto finora è sbagliato,
e decide che deve “crescere”, passando da soggetto ad oggetto sessuale,
accondiscendente, sottomessa, accomodante, quale era stata.
Allora diventa trasgressiva nell’abbigliamento e – soprattutto –
nella testa.
Incontra Gabriel ai suoi occhi «nuovo, affascinante e straordinario, un
novo territorio da esplorare»), un uomo con cui può finalmente
assaporare tutto l’eros sopito in lei; incontra altri uomini (visto che
c’è, perché fare economie?) getta alle ortiche ogni forma
di ritegno, raggiungendo pagine – strada facendo – sempre più
sfrenate, in proporzione alla sua perdita di freni inibitori.
Sesso liberatorio, sesso contro l’istituzione costrittiva del matrimonio,
come mezzo per conoscere sempre più, sempre più giù, più
giù del giù.
Tutto questo, restando a fianco del marito (a cui sarebbe stato bene il dono
di un paio di buoni “occhiali”, oltre a un manuale di psicologia
femminile), finché la storia con Gabriel finisce e Anonima partorisce
un figlio.
Divenuta madre, l’irrequieta signora sembrerebbe placarsi, come a dire
che la maternità fa effetto persino alle erotomani. Il piccolo Jack porta
una gioia golosa, un piacere geloso nel cuore e nelle aspettative della neo
mamma («dormi con tuo figlio vicino come un’amante, lo cingi con
il braccio faccia a faccia. (…)Con lui hai trovato una sorta di pace,
soprattutto quando lo allatti. (…) Ti incanti a guardarlo per intere,
preziose giornate. Adesso sai perché un uomo torna a casa per il suo
bambino per la pausa pranzo»).
Ci sembra superfluo sottolineare che «La sposa messa a nudo» è
un romanzo scabroso, scritto da una penna che saprebbe fare di ben meglio, ma
che ha capito di attrarre così maggior audience da parte dei lettori,
non privo di capacità introspettive, scritto precipuamente per l’universo
femminile, ma che potrebbe indurre a riflettere anche quello maschile.
Mah, chissà!
Grazia Giordani