Recensioni e servizi culturali
Le ore di Michael Cunningham, Bompiani
SOTTILI GEOMETRIE DI VITE PERICOLOSE NELLO SPECCHIO
DELLA LETTERATURA
Correrete un forte rischio, leggendo Le ore di Michael Cunningham che
la Bompiani ha portato in Italia nella splendida traduzione di Ivan Cotroneo.
Il delizioso pericolo sarà quello di comportarvi come Madame Strauss
che - ricevendo in anteprima da Proust i capitoli della Recherche -,
scriveva, in risposta all'autore: "Mi ero ripromessa di leggere ancora
un quarto d'ora, e poi ancora un quarto d'ora, ma non ho potuto staccarmi dalla
pagina...". Questo succede soltanto quando ci si imbatte in un capolavoro.
Tema centrale del romanzo è quello di presentarci "vite forti e
pericolose come la letteratura stessa", ovvero della letteratura specchio
in cui la vita assurge al suo vero sapore, riflettendovisi dentro. A questo
tema principale se ne affiancano altri non meno suggestivi: quello dell'apparente
casualità per cui le vite di tre donne apparentemente slegate e vissute
in epoche e territori diversi, in realtà sono legate da un fatale filo
sottile (già T.Wilder nel suo grande romanzo Il ponte di Saint Louis
Rey aveva trattato un tema simile, ma Cunningham vi aggiunge la marcia in
più della letteratura quale collante della vicenda); quello del continuo
rimpianto per le "opportunità perdute", quasi gozzaniane "rose
che non colsi", comuni a tutti i personaggi.
Tre donne abitano la pagina dell'autore che attualmente vive a New York e che
con questo romanzo ha vinto il Pulitzer Prize. La prima donna è la grande
scrittrice Virginia Woolf, colta - prima nel '41 quando sta per porre fine alla
sua sofferta esistenza, sopraffatta dai demoni della sua maniacale depressione
- e poi, per magici flash back, negli anni Venti. E, a questo proposito, Cunningham
chiarisce (in una sua nota sulle fonti): "Virginia Woolf, Leonard Woolf,
Vanessa Bell, Nelly Boxall e altre persone realmente vissute appaiono in questo
libro come personaggi di fantasia, ma ho cercato di rendere nella maniera più
accurata possibile i dettagli delle loro vite come dovevano essere state un
giorno del 1923 che ho inventato per loro. Mi sono basato per le informazioni
su una quantità di fonti e prevalentemente su due biografie splendidamente
equilibrate e ricche (e qui l'autore cita i titoli degli autorevoli testi da
cui ha attinto minuziose ed indispensabili notizie ndr.)"
La seconda donna, del nostro tempo, è una affascinante editor newyorkese,
colta nel momento in cui sta preparando una festa per Richard - gravemente ammalato
di Aids - che è in procinto di ricevere un grande premio letterario.
Clarissa Vaughan è stata ribattezzata Signora Dalloway (per assonanza
con Mrs. Dalloway, il famoso romanzo della Woolf, la cui protagonista
si chiamava appunto Clarissa) proprio da Richard, la persona che Clarissa aveva
amato nel suo "momento più ottimista", poiché "non
c'è niente mai che possa eguagliare la memoria dell'essere stati giovani
insieme".
La terza figura femminile è Laura Brown, una casalinga californiana,
colta nel momento in cui sta preparando una torta di compleanno per il marito;
siamo negli anni Quaranta, nel periodo postbellico. Ancora Mrs. Dalloway
sembra essere il tenue filo capace di cucire da lontano le vite delle tre donne,
perché questo è il libro che Laura - delusa dalla quotidianità
"ordinaria" della sua esistenza e sfiorata da tendenze suicide - porta
con sé, quando fugge da casa per due ore. Rifugiandosi in una stanza
d'albergo, "le sembra quasi di aver lasciato il suo mondo e di essere entrata
nel regno del libro. Naturalmente niente potrebbe essere più lontano
dalla Londra della Signora Dalloway di questa stanza d'albergo turchese, eppure
lei immagina che Virginia Woolf stessa, la donna annegata, il genio, potrebbe
abitare dopo la morte in un posto non dissimile da questo".
Sottili geometri trasversali costellano tutta la narrazione: la corona di rose
che orna la torta di compleanno preparata dalla Signora Brown, ripresa dal cerchio
di rose dentro cui giace il tordo morto che tanto impressiona la Signora Wolf
e il modo di corrugare le sopracciglia dei rispettivi mariti e il verde del
parco sognato da Virginia, smagliante come quello attraversato da Clarissa;
solo per citare alcuni dei rimandi sottili, in questo romanzo , frutto anche
di un'attenta intertestualità tra l'autore e la Woolf.
E il senso del tempo, delle Ore, appunto, che danno il titolo al romanzo:
"C'è solo questo come consolazione: un'ora qui o lì, quando
le nostre vite sembrano, contro ogni probabilità e aspettativa, aprirsi
completamente e darci tutto quello che abbiamo immaginato, anche se tutti tranne
i bambini (e forse anche loro) sanno che queste ore saranno inevitabilmente
seguite da altre molto più cupe e difficili. E comunque amiamo la città,
il mattino; più di ogni altra cosa speriamo di averne ancora."
Sembrerebbe una trama frazionata. Sembrerebbe poca cosa l'assonanza con Mrs.
Dalloway per dare coerenza allo svolgimento dei fatti, invece la grande
abilità dell'autore - divenuto woolfiano in un liquido linguaggio di
continuo fluire della coscienza, capace di entrare nel "cuore dietro il
cuore", proprio anche per questa sua vis retrocardiaca, non fa staccare
gli occhi dalla pagina al lettore, conducendolo al clamoroso finale a sorpresa,
geniale colpo d'ala di chi sa volare alto.
Rivelarlo ora, sarebbe - a dir poco - una gran vigliaccata.
Grazia Giordani