Recensioni e servizi culturali
Lo spazio mortale che ci divide di Patricia Duncker,
Neri Pozza
UN AFFASCINANTE ROMANZO DAL THRILLER EDIPICO
ALLA GHOST STORY
Incontrare Patricia Duncker è veramente una felice scoperta,
perché il suo nuovo romanzo Lo spazio mortale che ci divide, proposto
in Italia da Neri Pozza nella brillante traduzione di Monica Pareschi, si fa
leggere con il vivo entusiasmo della suspense, quello per cui l’occhio
vola sulla pagina verso l’epilogo, pur rammaricandosi che la narrazione
finisca.
Teatro dell’azione è una casa tipica vittoriana nel bel mezzo della
provincia inglese, abitata dal diciottenne Toby Hawk che incarna il ritratto
classico del giovane anglosassone biondo, lentigginoso, fotocopia della madre
– grande artista – efebica nell’aspetto, sciatta nell’abbigliamento
e nella cura della casa: spesso infatti sarà Toby a rigovernare le stoviglie
e a prendersi l’impegno delle pulizie.
La vita del ragazzo scorre serena, accanto alla madre che lo ha avuto, quindicenne,
da una relazione con un uomo che non ha potuto e voluto sposarla, e a una straordinaria
coppia di lesbiche («piccola repubblica di amazzoni») formata dalla
zia Luce, che si dedica a creazioni di sartoria, sempre avvolta da un fluttuare
di sete, e da Liberty, la giovane e timida partner della zia.
Apparentemente il clima potrebbe apparire molto emancipato ed anticonvenzionale,
insomma sulla falsariga delle situazioni care a Michael Cunningham (quello di
The Hours), ma in realtà l’andazzo della vita qui è più
borghese di quanto si potrebbe pensare, denso dei buoni consigli della zia,
in bilico tra una visione rassicurante dell’esistere e il suo compiacimento
bohémien. Ed è anche questo “dualismo” che regala
originalità al romanzo.
Sarà proprio zia Luce a chiarire a Toby la stranezza della loro convivenza,
sottolineando che ognuno di loro ha «l’onore di essere la vergogna
della propria famiglia», quali frutto di «scandali deliziosamente
premeditati», a cominciare proprio da lui, nato da padre ignoto.
La vita del ragazzo scorre serena, incorniciata dentro quel triangolo protettivo
di donne, senza bisogno di amori esterni, tanto è edipicamente preso
da quella madre suo alter ego fisico. Pagine appassionatamente piccanti ci parlano
del morboso rapporto madre-figlio, in sintonia col mito caro alla grecità
antica.
A turbare la quiete esistenziale della strana famiglia, entra in campo la figura
misteriosa di un innamorato di Isobel, l’irrequieta artista, l’adorata
Iso da parte del ragazzo, subito geloso di questo estraneo dall’anomalo
aspetto. E queste sono le impressioni immediate di Toby: «La sagoma faceva
pensare al Minotauro trasformatosi del tutto in un uomo, senza dubbio maschio,
eppure inequivocabilmente bestiale. Il pathos generato dalla sua presenza sembrava
schiacciarla. La parola “piacere” mi morì sulle labbra. L’uomo
era fermo, immobile. Mentre scendevo, riluttante, le scale sentii che mi osservava,
indagando il mio corpo, anziché la mia faccia. Mia madre mi prese per
un braccio e mi condusse da lui come una vergine. Allora lui tese la mano, una
grande mano bianca, e prese la mia. Sembrava la mano di un rettile, fredda,
liscia, asciutta, Restituii la stretta, paralizzato dalla curiosità,
affascinato, spaventato. Portava almeno tre anelli d’oro. “Lei è
lo scienziato”, dissi.»
E così comincia lo strazio del gelosissimo figlio che spia ostinatamente
la madre, fruga nei suoi appunti, tiene d’occhio la sua agenda, la segreteria
telefonica, straziato da una gelosia che lo porterà persino a fuggire
di casa, dopo una scena violenta.
Quel pallido fumatore, grosso, pesante, dai grigi capelli cortissimi e il volto
di pallida cera – quasi una maschera – ha rubato la sua gioia di
vivere.
In uno snodarsi di colpi di scena avventurosi, madre e figlio tenteranno di
ucciderlo, ma qui entra in scena il finale a sorpresa che riterremo più
che mai delittuoso rivelarvi perché la penna di talento della Duncker
si farebbe, giustamente, stiletto contro di noi.
Abbiamo dunque letto un originale romanzo in cui l’autrice ha saputo fondere
generi diversi da quello del thriller psicologico, alla ghost story, con incisiva
bravura e capacità di stupirci.
Grazia Giordani